Nello Musumeci nel giorno del 15° anniversario dell'omicidio ricorda il cronista de La Sicilia, freddato nella sua città natale, Barcellona Pozzo di Gotto, da tre colpi di calibro 22: "Questa ricorrenza rinverdisce con infinita tristezza la memoria di un amico e collega tragicamente scomparso e ripropone l’esigenza di verificare l’impermeabilità delle istituzioni pubbliche ad ogni tentativo di infiltrazione della mafia. Cosa nostra, come è noto, non cerca morti ammazzati ma alleati spesso al di sopra di ogni sospetto".
"Alfano non era e non voleva essere un eroe, ma credeva di utilizzare la stampa come strumento di denuncia degli intrecci e delle contiguità. E per averlo fatto bene ha pagato con il prezzo più alto, la propria vita".
Beppe Alfano oltre a essere un cronista era un militante di destra. Su ordine di un boss locale, fu ucciso l’8 gennaio del 1993 nella sua città, Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina. Tre colpi di una calibro 22 misero fine ai suoi scoop pericolosi su spregiudicati uomini d’affari, mafiosi latitanti, politici e amministratori locali.
Alfano, aveva 42 anni, era sposato e aveva tre figli. Insegnante di materie tecniche nella scuola media, collaborava da Barcellona con il quotidiano "La Sicilia" dall’agosto del 1991.
Come corrispondente si era occupato della cronaca locale, scandita in quegli anni da alcuni omicidi in un comprensorio divenuto, negli anni ‘80, molto sensibile alla penetrazione mafiosa. Nell’ultimo articolo pubblicato pochi giorni prima della sua uccisione, Alfano aveva raccontato la dinamica di un altro agguato, l’omicidio del titolare di una officina meccanica.
(Tratto dal sito http://www.ladestrasiciliana.it/ )
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