sabato 1 marzo 2008

ANALISI STORICA DELLA KOSOVA/5 parte

7-ANNI '80,MANIFESTAZIONI DI MASSA E SCONTRI
Nel 1981,nella Kosova, sono scoppiate massicce e violente manifestazioni. La scintilla che ha fatto scoppiare le proteste è stata la dimostrazione dell'11 marzo di quell'anno organizzata dagli studenti di Pristina per protestare contro le loro condizioni di vita. Le manifestazioni sono andate progressivamente ampliandosi e il 26 marzo una grande folla si è riunita nelle strade di Pristina, con immediati scontri con le forze di polizia e numerosi atti di violenza da entrambe le parti. La reazione delle autorità di Belgrado è stata nuovamente quella di inviare i carri armati in "Kosovo", solo che questa volta in maniera molto più massiccia, tanto che in breve tempo le truppe inviate nella provincia sono arrivate a 30.000 unità. I morti ufficialmente sono stati 11, ma in realtà sicuramente centinaia, mentre fonti albanesi parlano addirittura di 1.000 morti. La SKJ ha immediatamente condannato le manifestazioni come "controrivoluzionarie e irredentiste", mettendo in atto vaste purghe al suo interno, mentre era ancora in atto lo stato di emergenza: più di 1.000 albanesi sono stati espulsi dal partito, mentre il leader regionale Bakalli è stato destituito d'autorità. Contemporaneamente, nell'Università di Pristina venivano imposte drastiche misure censorie nell'insegnamento della storia, della lingua e della letteratura albanese, mentre veniva ridotto il numero di posti riservati a studenti albanesi.
Tra gli anni '70 e '80 sorgono alcune organizzazioni marxiste-leniniste clandestine che rivendicano la creazione di una Repubblica della Kosova in Jugoslavia o l'unione con l'Albania di Enver Hoxha. Per quanto ideologicamente vicini a quest'ultima, tali gruppi non ricevono importanti aiuti da Tirana, che durante gli anni '80 segue una linea di non interferenza con le politiche jugoslave nella Kosova e, per esempio, respinge regolarmente in Jugoslavia i profughi politici. Le organizzazioni marxiste-leniniste, come il Movimento per la Liberazione Nazionale della Kosova o il Gruppo Marxista-Leninista della Kosova riescono a ottenere un certo seguito nelle zone rurali, ma le repressioni delle autorità di Belgrado riescono a impedirne il diffondersi e molti leader vengono incarcerati per lunghi anni oppure sono costretti a emigrare. Queste organizzazioni, che pure hanno vissuto tra gli anni '80 e '90 violente lotte intestine, sono il nucleo di quello che alla fine degli anni '90 diventerà noto in tutto il mondo come Esercito di Liberazione della Kosova (UCK).
Gli anni dopo il 1981 proseguono in questo clima di purghe, arresti e censure da parte delle autorità jugoslave e giungono a una svolta decisiva nel 1986. In quell'anno prende corpo una massiccia propaganda delle autorità serbe, già preparata negli anni precedenti nel corso di riunioni ad alto livello all'interno della Lega dei Comunisti della Serbia, con la partecipazione in particolare del noto scrittore Dobrica Cosic. Vengono organizzate dalle strutture del partito locali della Kosova le prime proteste di serbi contro il nazionalismo albanese, mentre nello stesso anno compare in versione non ufficiale un Memorandum dell'Accademia serba delle scienze che lamenta, tra le altre cose, il massacro della popolazione serba del "Kosovo" a opera degli albanesi. Tale propaganda si basa su accuse che parlano di un massiccio esodo forzato di serbi dalla Kosova, secondo Belgrado provocato da una strategia intenzionale e violenta degli albanesi. In realtà, le stesse statistiche jugoslave dimostrano che i flussi migratori di serbi dalla Kosova corrispondono esattamente a quelli delle altre regioni più depresse della federazione. Allo stesso tempo, viene avviata una massiccia campagna di denuncia di violenze sessuali contro le donne serbe della Kosova ad opera degli albanesi, ma anche in questo caso le statistiche federali dicono che la percentuale di tali violenze sul numero degli abitanti è addirittura inferiore a quella della stessa Serbia. E' tuttavia indubbio che il clima di repressioni sistematiche messe in atto da Belgrado crea effettivamente un contesto di tensioni e di conflitto, che questa propaganda sfrutta abilmente.
Tale clima fa un salto di qualità l'anno successivo, quando in Serbia inizia l'ascesa al potere di Slobodan Milosevic, un burocrate della Lega dei Comunisti che era stato per lungo tempo dirigente d'azienda. Milosevic, che mai aveva avuto posizioni nazionaliste in passato, usa il "Kosovo" e le tematiche antialbanesi come trampolino di lancio per vincere la lotta per il potere in Serbia. Nel 1987 viene messa a punto la prima bozza di una cancellazione dell'autonomia del Kosovo e il quotidiano di partito "Politika" titola: "Nessuna forza può ostacolare l'unificazione della Serbia".
Alcuni mesi dopo, i minatori albanesi della Kosova danno il via a una grande mobilitazione contro i progetti di cancellazione dell'autonomia: alla loro marcia di 70 km. verso Pristina si uniscono progressivamente altri lavoratori e gli studenti, dando vita a un corteo di più di 100.000 persone che rimane mobilitato per cinque giorni. La risposta di Belgrado è quella di procedere a nuove massicce purghe (gran parte dei lavoratori è ancora iscritta alla Lega dei Comunisti) e alla sostituzione del dirigente della provincia Vllasi con un albanese strettamente controllato dai vertici di partito serbi. Questa mossa, e il successivo colpo di mano interno all'organizzazione di partito dell'altra provincia autonoma, la Vojvodina, consentiranno alla Serbia di avere nel 1989 quattro voti nella presidenza collettiva della Federazione jugoslava e di promuovere così i propri progetti egemonici.
(continua)
***nella foto,festaggiamenti per l'indipendenza kosovara in Svizzera.

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