l' On. Siragusa si è occupata della crisi che investe l'agricoltura siciliana. A tal proposito le invio di seguito l'intervento dell' Onorevole in occasione della conversione in legge del decrreto 171. Cordialmente,
Giulia Loffredi
*******************
Resoconto dell’intervento dell’ On. Alessandra Siragusa in discussione generale sul decreto-legge 3 novembre 2008, n. 171, recante misure urgenti per il rilancio competitivo del settore agroalimentare.
Resoconto dell’intervento dell’ On. Alessandra Siragusa in discussione generale sul decreto-legge 3 novembre 2008, n. 171, recante misure urgenti per il rilancio competitivo del settore agroalimentare.
=====================
17 dicembre 2008
"Signor Presidente,
in questi giorni gli agricoltori siciliani hanno promosso una serie di manifestazioni per chiedere ascolto al Governo e al Parlamento. Il testo che stiamo esaminando, infatti, così come è stato approvato dal Senato a novembre, contiene due specifiche norme che toccano le questioni relative all'agricoltura siciliana. La prima prevede lo stanziamento di 10 milioni di euro per indennizzare i viticoltori danneggiati dalla peronospora nella scorsa campagna produttiva; la seconda proroga al 31 marzo 2009 gli sgravi contributivi per le aziende che assumono manodopera agricola nei territori montani o sottoutilizzati.Eppure questi interventi, che sono stati comunque fortemente richiesti dalla CIA siciliana, che ha avviato la mobilitazione in Sicilia a sostegno di alcune proposte concrete, sono del tutto inadeguati rispetto alle reali esigenze degli agricoltori dell'isola. Infatti, lo stanziamento di 10 milioni di euro è solo un quinto di quanto era stato precedentemente stanziato e poi sottratto agli agricoltori danneggiati dalla peronospora, e nel testo non si fa alcun riferimento alla destinazione territoriale. Ciò fa presupporre, quindi, che i 10 milioni di euro saranno destinati a tutti i viticoltori italiani danneggiati dalla peronospora, il che naturalmente è giusto e condivisibile, ma rende lo stanziamento del tutto irrisorio rispetto al fabbisogno. È infatti da sottolineare che parlare di 50 milioni di euro solo per i viticoltori siciliani o di 10 milioni di euro per tutti coloro che si trovano nella loro stessa condizione fa una grande differenza. È uno stanziamento, quello che è stato inserito in questo provvedimento, assolutamente insufficiente.La seconda misura prevede una proroga di soli tre mesi, fino al 31 marzo 2009, degli sgravi contributivi per le aziende che assumono manodopera agricola. Ciò significa che a partire dal 1o aprile 2009 le aziende agricole che assumono braccianti registreranno un aumento di quasi il 70 per cento dei costi contributivi. Si tratta di un aumento assolutamente insostenibile per migliaia di aziende agricole siciliane che sicuramente saranno costrette a non assumere manodopera, con la conseguente riduzione netta di occupati del settore, che la CIA siciliana stima possa interessare circa 15 mila unità, pari quindi a oltre il 10 per cento degli occupati del settore.In Sicilia le aziende agricole danno lavoro a ben 130 mila braccianti per un ammontare di circa 11 milioni di giornate lavorative. Quindi, mentre sarebbe urgente e necessario mettere in campo misure atte anche a sostenere l'occupazione, in agricoltura si procede ad aumentare i costi del lavoro per la parte contributiva, favorendo in tal modo la netta riduzione degli occupati, cosa di cui - ne ho parlato anche stamattina nel mio precedente intervento - non sentiamo affatto il bisogno.L'agricoltura siciliana versa in uno stato di crisi gravissima e non solo non riesce a fare reddito con gli attuali costi contributivi che fino al 31 dicembre 2008 prevedevano sgravi consistenti, ma dovrebbe addirittura fronteggiare il preannunciato aumento. Tale crisi deriva, oltre che da fattori strutturali, dal crollo dei prezzi all'origine di tutti i prodotti agricoli e dal notevole incremento dei costi di produzione (mi riferisco all'energia, alle sementi, ai concimi, agli antiparassitari, ai farmaci veterinari ecc…).Oltre alla viticoltura, gravemente colpita dalla peronospora, anche l'agrumicoltura soffre una grave crisi a causa di un calo di produttività, stimato al 50 per cento, dovuto alle gelate della scorsa primavera e per il quale si attende ancora da parte del Ministero il riconoscimento dello stato di calamità naturale;Già dal mese di novembre l'Assessore all'agricoltura e alle foreste della Regione Sicilia, ha proposto al Governo nazionale la dichiarazione dello stato di crisi del settore agrumicolo, senza avere ancora risposta.Anche il settore cerealicolo registra un crollo dei prezzi. In particolare, il prezzo del grano è diminuito del 70 per cento nell'arco di sei mesi. I nostri agricoltori oggi vendono il prodotto a circa 16 centesimi al chilo contro i 48 dei mesi precedenti. Le organizzazioni di categoria sono intervenute chiedendo il ripristino dei dazi sui prodotti che provengono dai Paesi non appartenenti all'Unione europea, temporaneamente eliminato lo scorso anno al fine di favorire il ritorno della quotazioni a livelli normali.A ciò si aggiunge, che molte aziende agricole dell'isola sono esposte al racket, alle estorsioni, all'usura, all'abigeato, alla macellazione clandestina, alle sofisticazioni, al condizionamento dei mercati ortofrutticoli e a un complessivo intervento delle organizzazioni criminali e mafiose nella filiera agroalimentare.
"Signor Presidente,
in questi giorni gli agricoltori siciliani hanno promosso una serie di manifestazioni per chiedere ascolto al Governo e al Parlamento. Il testo che stiamo esaminando, infatti, così come è stato approvato dal Senato a novembre, contiene due specifiche norme che toccano le questioni relative all'agricoltura siciliana. La prima prevede lo stanziamento di 10 milioni di euro per indennizzare i viticoltori danneggiati dalla peronospora nella scorsa campagna produttiva; la seconda proroga al 31 marzo 2009 gli sgravi contributivi per le aziende che assumono manodopera agricola nei territori montani o sottoutilizzati.Eppure questi interventi, che sono stati comunque fortemente richiesti dalla CIA siciliana, che ha avviato la mobilitazione in Sicilia a sostegno di alcune proposte concrete, sono del tutto inadeguati rispetto alle reali esigenze degli agricoltori dell'isola. Infatti, lo stanziamento di 10 milioni di euro è solo un quinto di quanto era stato precedentemente stanziato e poi sottratto agli agricoltori danneggiati dalla peronospora, e nel testo non si fa alcun riferimento alla destinazione territoriale. Ciò fa presupporre, quindi, che i 10 milioni di euro saranno destinati a tutti i viticoltori italiani danneggiati dalla peronospora, il che naturalmente è giusto e condivisibile, ma rende lo stanziamento del tutto irrisorio rispetto al fabbisogno. È infatti da sottolineare che parlare di 50 milioni di euro solo per i viticoltori siciliani o di 10 milioni di euro per tutti coloro che si trovano nella loro stessa condizione fa una grande differenza. È uno stanziamento, quello che è stato inserito in questo provvedimento, assolutamente insufficiente.La seconda misura prevede una proroga di soli tre mesi, fino al 31 marzo 2009, degli sgravi contributivi per le aziende che assumono manodopera agricola. Ciò significa che a partire dal 1o aprile 2009 le aziende agricole che assumono braccianti registreranno un aumento di quasi il 70 per cento dei costi contributivi. Si tratta di un aumento assolutamente insostenibile per migliaia di aziende agricole siciliane che sicuramente saranno costrette a non assumere manodopera, con la conseguente riduzione netta di occupati del settore, che la CIA siciliana stima possa interessare circa 15 mila unità, pari quindi a oltre il 10 per cento degli occupati del settore.In Sicilia le aziende agricole danno lavoro a ben 130 mila braccianti per un ammontare di circa 11 milioni di giornate lavorative. Quindi, mentre sarebbe urgente e necessario mettere in campo misure atte anche a sostenere l'occupazione, in agricoltura si procede ad aumentare i costi del lavoro per la parte contributiva, favorendo in tal modo la netta riduzione degli occupati, cosa di cui - ne ho parlato anche stamattina nel mio precedente intervento - non sentiamo affatto il bisogno.L'agricoltura siciliana versa in uno stato di crisi gravissima e non solo non riesce a fare reddito con gli attuali costi contributivi che fino al 31 dicembre 2008 prevedevano sgravi consistenti, ma dovrebbe addirittura fronteggiare il preannunciato aumento. Tale crisi deriva, oltre che da fattori strutturali, dal crollo dei prezzi all'origine di tutti i prodotti agricoli e dal notevole incremento dei costi di produzione (mi riferisco all'energia, alle sementi, ai concimi, agli antiparassitari, ai farmaci veterinari ecc…).Oltre alla viticoltura, gravemente colpita dalla peronospora, anche l'agrumicoltura soffre una grave crisi a causa di un calo di produttività, stimato al 50 per cento, dovuto alle gelate della scorsa primavera e per il quale si attende ancora da parte del Ministero il riconoscimento dello stato di calamità naturale;Già dal mese di novembre l'Assessore all'agricoltura e alle foreste della Regione Sicilia, ha proposto al Governo nazionale la dichiarazione dello stato di crisi del settore agrumicolo, senza avere ancora risposta.Anche il settore cerealicolo registra un crollo dei prezzi. In particolare, il prezzo del grano è diminuito del 70 per cento nell'arco di sei mesi. I nostri agricoltori oggi vendono il prodotto a circa 16 centesimi al chilo contro i 48 dei mesi precedenti. Le organizzazioni di categoria sono intervenute chiedendo il ripristino dei dazi sui prodotti che provengono dai Paesi non appartenenti all'Unione europea, temporaneamente eliminato lo scorso anno al fine di favorire il ritorno della quotazioni a livelli normali.A ciò si aggiunge, che molte aziende agricole dell'isola sono esposte al racket, alle estorsioni, all'usura, all'abigeato, alla macellazione clandestina, alle sofisticazioni, al condizionamento dei mercati ortofrutticoli e a un complessivo intervento delle organizzazioni criminali e mafiose nella filiera agroalimentare.
Gli agricoltori siciliani e le loro associazioni da mesi denunciano l'aggravamento della crisi dell'intero settore, crisi che ha determinato il tracollo del reddito per migliaia di aziende agricole. Si tratta di un problema tanto sentito che anche i consigli comunali, un centinaio addirittura, manifestando la volontà politica dei territori e degli operatori del settore, hanno approvato un medesimo ordine del giorno, proposto dalla CIA, con il quale si chiede il rifinanziamento della legge n. 81 del 2006 e, quindi, la proroga per altri tre anni delle agevolazioni contributive per le aziende che assumono manodopera agricola e che operano in aree svantaggiate, come le zone montane e le regioni dell'ex obiettivo 1, periodo che qui viene limitato a soli tre mesi.Ben altri sono quindi gli interventi necessari per ridare slancio al settore agricolo in Sicilia. Questo provvedimento fa passi indietro rispetto a quanto era previsto nella legge finanziaria 2008 varata dal Governo di centrosinistra. La CIA siciliana ha chiesto l'istituzione di una cabina di regia per migliorare il sistema dei controlli sulle derrate agricole di provenienza extra UE e un incontro urgente con il Governo per confrontarsi su questi argomenti.È necessario, infatti, trovare sistemi per abbassare i costi di produzione riducendo, per esempio, le accise sui carburanti e abbattendo le aliquote IVA sui fattori di produzione, dal gasolio ai concimi, ai fitofarmaci.Gli agricoltori siciliani chiedono l'azzeramento dell'accisa sul gasolio, utilizzato in tutte le attività agricole e zootecniche, la riduzione dell'aliquota IVA sui carburanti e di quella sul vino. Inoltre, chiedono di fissare al 4 per cento l'IVA sulla nuove strutture realizzate nell'ambito dei piani di sviluppo rurale e di ridurre del 50 per cento le aliquote relative all'acquisto dei beni e dei servizi necessari allo svolgimento dell'attività agricola.
Allora l'invito che rivolgo al Governo è di ascoltare le istanze degli operatori del settore, aprendo con urgenza un tavolo di confronto con le associazioni degli agricoltori siciliani, al fine di individuare misure condivise per fronteggiare la crisi del settore agricolo e le sue prospettive future, impegnandosi affinché sia modificato il tetto massimo del de minimis che, attualmente, prevede un intervento non superiore a 7.500 euro in tre anni, aumentandolo a 50.000 euro, nel triennio, come avviene per gli altri settori; e impegnandosi per la sua parte a introdurre agevolazioni fiscali, quali la riduzione del 50 per cento delle aliquote Iva per l'acquisto dei beni e dei servizi necessari all'esercizio dell'attività agricola, la riduzione dell'Iva al 4 per cento sui carburanti utilizzati in agricoltura e l'abolizione delle accise sulle attività agricole e zootecniche.Solo così il Governo potrà dire di avere sostenuto un settore che è strategico per lo sviluppo della Sicilia. La richiesta, quindi, in questo momento è quella di migliorare il testo in trattazione con gli emendamenti che sono stati proposti dal Partito Democratico".
Nessun commento:
Posta un commento