Ciao Orazio,
ritengo che, a parte il clamore per la giusta preoccupazione sulla qualitaà alimentrare di prodotti cinesi, di aglio importato negli anni precedenti ne abbiamo magiato in abbondanza.
Semplicemene che non lo vedavamo,l'importatore grossista locale metteva il suo marchio e non era obbilgato a specificare in etichetta il luogo di produzione.
Il concetto di Filiera di produzione non troverà mai un'ampia scala di appliacazione fin quando i "commercianti" grossisti faranno buoni affari con l'importazione a basso costo e fintanto non saraà obligatorio specificare in etichetta il luogo e la nazione di produzione.
Perchè oltre l'aglio si dovrebbe parlare di carciofi egiziani, di pistacchio turco o israeliano, di nocciole turche e tantissimo altro ancora.
La tipicità dei prodotti locali può essere difesa solo con la trasparenza, e con la consapevolezza anche che i quantitativi prodotti non sempre bastano a soddisfare la richiesta, e la presenza costante degli stessi prodotti 365 giorni l'anno.
Caro Orazio,
anch'io sono un sostenitore del made in Sicily.
Ma,se il prodotto venduto è importato legalmente altrettanto legalmente può essere venduto, se viceversa si dovrebbero capire le fonti di approvigionamento.
La vera rivoluzione dovebbe iniziare dai consumatori che devono acquisire un maggiore consapevolezza nel consumare i prodotti di cui di nutrono, anche quando si compre del semplice aglio si dovrebbe quantomeno guardare l'etichetta.
Dal punto di vista legislativo riengo che i principi di tracciabilità devano essere applicati a tuti i prodotti commercializzati in Italia, cosichè il consumatore può scegliere liberamente ciò che desidera acquistare.
Salvo Romeo -Trecastagni(CT)
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