venerdì 29 febbraio 2008

CAOS CALMO (di Sandro Veronesi)

Leggo Caos calmo di Sandro Veronesi e ho l'impressione, per molte pagine, di essere capitata in un romanzo di Ian McEwan. E questo sarebbe un bel complimento, perché McEwan è uno dei maggiori scrittori inglesi viventi. Le atmosfere e, oserei dire, le ambizioni sono simili. Narrare un mondo che, sia pur limitato a un'esperienza individuale, si è fatto mostruosamente complesso e sostanzialmente incomprensibile. Rinarrare, se possibile, mutate le condizioni, la giornata joyciana, l'odissea del nostro Ulisse contemporaneo preso nelle brighe di crescere e diventare adulto in una vita che anagraficamente lo definisce già tale ma cui lui rifiuta credibilità. Tutto questo sembra da subito far parte come tema e obiettivo delle pagine di Sandro Veronesi, autore, in passato, di un bellissimo libro di tema analogo, La forza del passato , romanzo pluripremiato di cui uno dei personaggi, il protagonista e autore delle avventure per ragazzi di Pizzano Pizza, in ombra, compare anche attraverso una mail in questa nuova prova dello scrittore.Come in La forza del passato , come in tanti romanzi dalla nascita della forma romanzo, la vita quotidiana di un protagonista medio - medio socialmente, medio per formazione e informazioni - viene sconvolta da un evento tragico. L'evento del libro precedente era l'irrompere di un personaggio fantastico, un ex agente segreto, nella quotidianità familiare del narratore, che veniva così a scoprire di suo padre un passato insospettabile e, fino a un certo punto, decisamente poco credibile.L'evento-ostacolo di Caos calmo è invece una morte, la morte della compagna e quasi moglie del protagonista, che a pochi giorni dal matrimonio - i due hanno già una figlia, Claudia - all'improvviso si sente male. Muore d'estate, con un vassoio di frutta fra le mani, mentre il suo futuro marito è in spiaggia con il fratello a fare un bagno in apparenza simile a quelli fatti per un'intera vita, nel mare di sempre. Ma già qui, nell'apertura in vero assai efficace del romanzo, l'ordine delle cose è sovvertito da un annuncio e da un rischio di morte: una donna fra le onde rischia di affogare, il protagonista si affretta a cercare di salvarla, ma la donna si aggrappa a lui quasi fino a ucciderlo e lui la spinge verso terra a fatica e, cosa ancor più sconcertante, in preda a un'erezione. Nel frattempo la mancata moglie, ignara del rischio corso dal mancato marito, muore.E davvero, per citazioni che sembrano anche esplicite, si ha la sensazione di essere dentro L'amore fatale di McEwan, che iniziava appunto con un drammatico salvataggio, una mongolfiera in fiamme che precipita nel mezzo di un tranquillo parco, causa di repentino mutamento nelle vite di tutti i personaggi. O ancora, sembra di ritrovarsi nell'incipit di Bambini nel tempo , quando un padre distratto perde, senza sapere come e per sempre, la piccola figlia dentro un supermercato.L'invasione della tragedia in un quotidiano apparentemente immutabile è dunque senz'altro un tema forte di questi tempi in letteratura. McEwan o Martin Amis praticano questo movimento narrativo con suggestiva e invidiabile semplicità. Ci stordiscono a forza di normalità esplose, di proiezioni di paure assurde, che lasciano il fragile equilibrio dell'occidentale contemporaneo in balia dell'assenza di senso.Caos calmo ha senz'altro l'ambizione di fare altrettanto: perché poi il protagonista, rimasto vedovo, deve affrontare molte difficoltà, come dire alla piccola figlia rimastagli cosa fare, come gestire i suoi rapporti con parenti, amici e colleghi che sembrano aprirsi a lui in improvvise confessioni che forse prima - prima dell'irruzione della morte nella sua vita, irruzione paradossale per quanto riguarda il quasi annegamento, irruzione reale e assurda al tempo stesso per quanto riguarda la morte della moglie - mai gli avrebbero fatto. Inizia la sorella di Lara, la morta, di nome Marta, a confessargli l'infelicità di Lara e a imputargli molti tradimenti. Continuano dopo gli altri coprotagonisti, il fratello tra questi, a rilasciare dolore su Pietro Paladini, invaso da questo caos calmo della vita.Ma, come lui stesso dice, la mazzata di questa morte, il lutto che dovrebbe bene iniziare a farsi sentire prima di essere elaborato, non arriva. Misteriosamente. Non arriva fino a una conferenza in cui una psicologa parla di come comunicare la morte ai bambini e Pietro, dopo le pagine migliori del libro insieme a quelle iniziali, sviene. Sviene continuando a non darsi ragione del perché. Sviene dopo aver visto una macchia di sangue sotto la narice di una sua vicina il cui viso gli ricorda ogni cosa di cui abbiamo paura nella vita, dai vampiri agli zombi.Ma allora, mi chiedo, cosa manca a questo libro per essere all'altezza di uno dei romanzi di McEwan o di Amis? Me lo domando con rimpianto, perché questo libro aveva (ha) dentro tutte le potenzialità e la densità e le ambizioni per essere un grande romanzo, e io sono stata una lettrice felice, fino a un certo punto. E l'unica risposta che riesco a darmi è che in questo caos calmo manca il ritmo, la frenesia si disperde, l'ossessione diventa ragionativa, la narrazione indulge alla chiacchiera e per questa perdita d'equilibrio la storia naufraga prima di averci fatto soffrire, fino in fondo, per il drammatico mistero della morte che cade nella nostra vita senza ragioni e sull'assenza di senso che traspare dalle relazioni che Pietro intreccia.Non si dimentica Caos calmo per alcune sue pagine, ma purtroppo non si arriva a vedere l'insieme. Del resto, questo è il rischio, raramente corso in Italia, di tentare un romanzo sulla complessità.
Antonella Cilento

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