martedì 30 settembre 2008

IL CROLLO DI ZIO PAPERONE...e non solo.


La prima pagina dell'edizione di Palermo del Giornale di Sicilia (30 settembre 2008)

"Dialogo Veneto" - esce il numero 6

Scarica il Numero 6 (30 settembre 2008):Pubblicato il nuovo numero di “Dialogo Veneto”, la collezione degli articoli pubblicati sul sito www.pnveneto.org, che sta avendo un grande successo di lettori e popolarità
Si tratta del numero 6, l’ultimo prima della pausa estiva.
Scaricatelo, stampatelo e fatelo avere a chi non ha un computer, per aumentare la conoscenza della nostra azione politica.
Di più: invitiamo chi ha a cuore la Causa Veneta a contribuire alla comunicazione dell’enorme opportunità politica che oggi si è aperta, inviandoci articoli di qualità da pubblicare sul sito internet e ora anche su “Dialogo Veneto”.

NELLA RISERVA DEL SUD...

NOI PEGGIO DEGLI INDIANI
Non poteva essere più fortunata la tribù Crow, abitanti storici degli attuali USA che in passato si difesero con onore di fronte all’invasione inglese.
Fino a qualche tempo fa era uno dei popoli più poveri nel paese più ricco, e viveva in una riserva a loro destinata dal governo occupante nel Montata.
Infatti, è recente la notizia di una sensazionale scoperta di un ricco e vasto giacimento di carbone, proprio all’interno di quei territori a loro assegnati, ed una joint venture australiano-statunitense si occuperà dell’estrazione del prezioso minerale.
Ben diverso è il destino dei duosiciliani, che vivono in una terra occupata dagli invasori, sfruttata nel sottosuolo ieri (questione zolfo in Sicilia) come oggi (vedi il petrolio in Basilicata), depredata dai nuovi mercanti di schiavi (leggi economia politica causa dell’emigrazione di massa di gente dai territori occupati al nord) ostacolata nello sviluppo per mano dei politici meridionali che si impegnano a far varare leggi che privano il SUD di fondi destinati alla ricerca.
Morale: i CORVI INDIANI vivono meglio di noi DUOSICILIANI.
Nello Esposito
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Per conoscere i fratelli del "popolo rosso":


GAETANO ERRICO, SANTO IL CONFESSORE DI FERDINANDO IV

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(Lettera Napoletana) Il 12 ottobre sarà canonizzato da Benedetto XVI il sacerdote napoletano Gaetano Errico. Nato a Secondigliano, all’epoca casale agricolo a nord della città il 19 ottobre 1791, vi morì il 29 ottobre 1860. Predicatore instancabile, sul modello di S. Alfonso Maria de’ Liguori, avversario del giansenismo, confessore, Padre Gaetano Errico appartiene alla serie di Santi della carità napoletani. Visitava i malati terminali dell’ospedale “Incurabili” ed i carcerati. Per quasi 20 anni fu maestro comunale e sacerdote nella parrocchia dei Santi Cosma e Damiano.
Nel 1833 chiese al Re Ferdinando IV di Borbone il riconoscimento del Ritiro, nucleo della Congregazione dei Missionari dei Sacri Cuori di Gesù e Maria da lui fondata. Tre anni dopo aprì il noviziato del futuro ordine religioso. Nel 1840 Ferdinando IV, del quale Gaetano Errico era consigliere spirituale, concesse il riconoscimento governativo alla Congregazione.
Alla corte di Ferdinando IV il futuro santo era ammesso a tutte le ore.
Eletto Superiore, Gaetano Errico si dedicò alla Congregazione per tutta la vita, sia pure senza lasciare Secondigliano, dove è rimasta viva la devozione popolare nei suoi confronti.(LN12/08)

I° CONGRESSO NAZIONALE DEI COMITATI DELLE DUE SICILIE

Ricevo e pubblico...Caserta 5 ottobre 2008.
I Congresso nazionale dei Comitati Due Sicilie

Hotel Pisani Viale Carlo III città di S.Nicola La Strada (CE)
Tel.: 0823/421204
FAX: 0823/422348 .
Ore 9.00: Apertura del Congresso
Ore 9.10: Insediamento dell’ufficio di Presidenza e della Commissione per lo scrutinio.
Ore 9.30: Saluto delle Autorità:
Avv. Angelo Antonio Pascariello Sindaco della città di S.Nicola La Strada (CE).
On. Antonio Milo Deputato Parlamentare dell’Mpa.
On. Salvatore Ronghi Vicepresidente Regione Campania dell’Mpa.
Dott.sa Lucia Esposito Assessore all’Ambiente della Provincia di Caserta del PD.
Giuseppe Russo Assessore Unione dei Comuni e Consigliere Comune di S.Nicola La Strada(CE).
Ore 10.30: Comunicazioni degli operatori culturali.
Ore 11.30: Relazioni dei Coordinatori Regionali, Provinciali e zonali dei Comitati Due Sicilie.
Ore 12.30: Relazione del Presidente nazionale, dei Vicepresidenti nazionali, del Segretario Nazionale e del Tesoriere nazionale uscenti.
Ore 13.30: Pausa lavori.
Ore 15.30:Continuazione Interventi.
Ore: 16.30 Spoglio.
Ore: 17.00 Proclamazione degli eletti.
I soci potranno ritirare la scheda elettorale al momento della presentazione della propria tessera CDS e farne richiesta e ritirarla anche domenica mattina 5 ottobre.
Il Direttivo nazionale CDS.
Per ulteriori informazioni telefonare 3314067037

Ismail Kadare: Esenca e strategjisë serbe kundër shqiptarëve ishte feja e tyre


Kadare: Esenca e strategjisë serbe kundër shqiptarëve ishte feja e tyre
Në një intervistë për gazetën kroate “Globus”, shkrimtari më i njohur shqiptar, Ismail Kadare, duke vështruar situatën në Kosovë, pas shpalljes së pavarësisë, ka deklaruar se shqiptarët kanë qenë një popull i huaj për Serbinë. Ata nuk kishin asgjë të përbashkët me kulturën serbe. Shqiptarët kanë një gjuhë dhe një kulturë tjetër dhe për shumë vjet ata kanë qenë të shtrënguar të jetojnë nën administrimin serb.

Kjo ishte situatë absurde dhe tragjike.Esenca e strategjisë serbe kundër shqiptarëve ishte feja e tyre.
Është e vërtetë se Evropa e krishterë kishte mbështetur serbët ortodoksë kundër shqiptarëve të besimit islam.
Ata bënë gjithçka mundën që përkatësia myslimane e shqiptarëve të shquhej sa më shumë. Kjo arrihej duke e shoqëruar dhe duke minimizuar, fenë burimore të shqiptarëve, krishterimin.
Në të vërtetë, as Evropa, as Shetet e bashkuara nuk ranë në këtë grackë barbare, duke arritur një fitore të Perëndimit, e cila nuk i trimëroi kriminelët serbë, dhe shpëtoi ndërgjegjen e krishterimit evropian nga një njollë e rëndë. Ky akt emancipues evro-amerikan do të vlerësohet me konsekuenca pozitive në raportet e Perëndimit aktual me tërë botëm islame. Nuk mund të përjashtohet fakti që burimi i këtij akti të jetë vetë populli shqiptar, ky popull që mund të kritikohet për shumë gjëra por nuk mund të lihet anash lavdërimi për një arsye të mrekullueshme, për tolerancën fetare.
Shqiptarët kanë tri fe, fenë katolike, islame dhe fenë ortodokse.
E popujt autentikë të Ballkanit çfarë janë?
Ata mund të kundërshtohen për të gjitha motivet, por jo për religjionin. Kjo shëmbëlltyrë e qytetërimeve rezulton përgjithësisht me bezdinë antishqiptare të serbëve, prandaj ata kanë përdorë tërë forcën e mundshme për ta përçarë.
( Shënimin në gjuhën italiane e ka dërguar Orazio Vasta)
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lunedì 29 settembre 2008

Immondizia e mafia...

Vignetta ripresa da: http://partitodelsud.blogspot.com/

Ismail Kadare, la Serbia,la Kosova e la fede originale degli albanesi: il cristianesimo.

Il più noto ed importante scrittore albanese, Ismail Kadare (nella foto),riguardo la situazione della Kosova dopo la proclamazione dell’indipendenza ha dichiarato a “Globus”- rivista croata: Gli albanesi sono stati un popolo straniero in Serbia. Loro non hanno nulla in comune dal punto di vista culturale con i serbi. Gli albanesi hanno una cultura e lingua diversa e per anni hanno dovuto vivere sotto l’amministrazione serba. Questo non è assurdo, è tragico....Una delle basi della strategia serba contro gli albanesi è stata la loro religione. Certi che l'Europa cristiana avrebbe comunque appoggiato i serbi ortodossi contro gli "albanesi musulmani, hanno fatto tutto il possibile perché la colorazione musulmana degli albanesi venisse messa in grandissimo risalto. E questo veniva accompagnato dallo sforzo contrario: minimizzare, e se possibile far sparire, la fede originale degli albanesi, il cristianesimo. Il fatto che né l'Europa né gli Stati Uniti siano caduti in questa trappola barbara costituisce una vittoria della civiltà occidentale, che si è svincolata con coraggio dai criminali serbi, salvando così la coscienza della cristianità europea da una grave macchia. Questo atto di emancipazione euro-americano avrà apprezzabili conseguenze positive nei rapporti dell'Occidente attuale con tutto il mondo musulmano. E forse non è casuale il fatto che all'origine di questo atto ci sia il popolo albanese, questo popolo che può essere criticato per molte cose, ma non smetterà mai di essere elogiato per una ragione meravigliosa: la tolleranza religiosa. Gli albanesi hanno tre religioni: sono cattolici, musulmani e ortodossi. Da autentici balcanici quali sono, possono essersi scontrati per tanti motivi, ma mai per la religione. Questa immagine di civilizzazione risultava eccessivamente fastidiosa per i progetti antialbanesi dei serbi: perciò hanno fatto tutti gli sforzi possibili per romperla”.

L'opera di divulgazione e martellamento continua...di Nello Esposito!




Che Nello è una testaccia dura- appartengo alla stessa categoria- questo l'avevo capito attraverso il suo blog "nazionedelleduesicilie"...Un abbraccio,Orazio.

Antenna Trinacria,il Mis:"Supporto, non solo morale ma anche fattivo, è garantito!"


Ricevo da Roman,vicesegretario nazionale del Mis,e pubblico con affetto...
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Movimento per l'Indipendenza
della Sicilia
Una piacevole notizia che non mi sorprende, conoscendoti.
Nel MIS facciamo il tifo per te e per la rinascente Antenna Trinakria.
Il Supporto, non solo morale ma anche fattivo, è garantito!
Roman Clarke

Piera Maggio:"Mi batto per mia figlia e per tutti i bambini scomparsi"

Una notevole quantità di messaggi si è riversata negli ultimi giorni nella casella di posta elettronica del sito web di Denise, conseguenza più o meno diretta degli ultimi avvenimenti che hanno interessato l'opinione pubblica, tra i quali anche l'incontro di Piera Maggio con il ministro Alfano. Tutte dichiarazioni di solidarietà e di affetto per la piccola Denise e per la sua mamma, Piera Maggio, che replica ai suoi sostenitori :
"Ve lo siete mai chiesto perchè continuo a lottare sempre e comunque, esponendomi mediaticamente e subendo anche talvolta critiche aspre e giudizi sommari?
Ve lo siete chiesto perchè non voglio rimanere tra le mura di casa mia e invece cerco di essere ben visibile dai media? Tutto ciò è solo ed esclusivamente perchè ci siete Voi che mi sostenete nelle ricerche di mia figlia, perchè non sia dimenticata e possa avere la speranza un giorno di tornare a casa.
Io ringrazio tutte le persone che hanno manifestato la loro solidarietà al caso di mia figlia e che quotidianamente mi sono vicine con affetto e comprensione.
Lottare per le persone care che fanno parte della nostra vita è nostro dovere: io mi batto per mia figlia e per tutti i bambini scomparsi.
E' il mio modo di amare la vita.
A tutti gli altri che ancora non hanno compreso le mie motivazioni, voglio comunque lasciare un messaggio positivo: non parlate di Piera Maggio, parlate solo di Denise: vi ringrazierò ugualmente, perchè mi avrete pur sempre regalato qualcosa.
Grazie".

Sul ritorno di "ANTENNA TRINACRIA"...


Forza Orazio
stiamo tutti tifando per te e per ANTENNA TRINACRIA
la voce della libertà.
Partito del Sud-Emilia e Romagna (PdSud-ER)

UNA ANTENNA PER LA TRINACRIA!

Da www.laquestionesiciliana.blogspot.com ....
Ci scusiamo con Orazio per il breve ritardo nella pubblicazione,ma naturalmente POSSIAMO e VOGLIAMO gioire con Lui e condividere la sua felicità.
La sua ostinazione sembra finalmente avere avuto la meglio su mille difficoltà e così ANTENNA TRINACRIA potrà tornare ad offrire ai Siciliani una VOCE LIBERA al servizio della SICILIA.Ecco quindi che, qui di seguito, postiamo su “laquestionesiciliana” il tuo comunicato :
BONU TRAVAGGHIU!
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Ci siamo!
Sto per perfezionare un accordo con quattro radio che trasmettono da Catania,Siracusa,Enna e Messina...
L'accordo prevede che,dalle ore 6 alle ore 24, le quattro radio dovranno trasmettere contemporaneamente-anche se si tratta di programmi registrati-la programmazione del Comitato di redazione di "ANTENNA TRINACRIA-La Radio d'assalto".Sto perfezionando l'accordo.
Fate il tifo per ANTENNA TRINACRIA...e anche per me.
Lo scopo,comunque,è quello di far ritornare la NOSTRA RADIO...
Intanto,registro la testata giornalista "Antenna Trinacria" e sarà possibile avere anche un giornale cartaceo e web.
Vediamo...
Chi vuole collaborare,dal Veneto a Lampedusa, contatti il blog o la mia e-mail.
Orazio Vasta Direttore del Comitato di redazione "Antenna Trinacria"-

PERCORSI DELL'ANIMA,,,

Ricevo e pubblico....

La battaglia di Lepanto...

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Ricevo e pubblico...

CRIMINALE? NO,GIORNALISTA!

Due

pequisizioni

in otto giorni.

Criminale?

No, giornalista!

Intervista di Gabriele Paglino con Gianluca Di Feo - da www.radiocittaperta.it
Parla il redattore de L'Espresso: "E' stato perquisita la sede di un giornale? L'intera classe politica e i grandi media se ne sono beatamente fregati". Pochi giorni fa, in seguito alla pubblicazione di un'inchiesta sugli affari della Camorra nel nord Italia, su ordine della procura di Napoli, la Guardia di finanza ha perquisito (per la seconda volta nell'arco di otto giorni) la redazione del settimanale l'Espresso, a Roma, e gli appartamenti dei giornalisti che hanno firmato l'inchiesta...


( Leggi Tutto... )




Lo stoccaggio di un “popolo di troppo”, i palestinesi.

Il ritmo dei cambiamenti sistemici in quell'entità indivisibile, conosciuta come Palestina/Israele, è così rapido da superare, quasi, la nostra capacità di tenersene al corrente. La campagna deliberata, e sistematica, per cacciare i palestinesi dal Paese, nel 1948, è stata rapidamente dimenticata; la triste situazione di più di 700mila profughi è divenuta qualcosa di invisibile, che neanche si pone come problema. Al contrario, un Israele impavido, europeo e “socialista” è diventato il beniamino di tutti, sinistra radicale compresa, eclissando completamente la pulizia etnica che aveva reso possibile creare lo Stato.Allo stesso modo, l'occupazione da parte di Israele, nel 1967, della Cisgiordania, di Gerusalemme Est e di Gaza è rimasta un problema virtuale, che nemmeno si è posto, fino allo scoppio della prima Intifada, alla fine del 1987. L'unica parte del conflitto ad apparire sul radar pubblico è stata l'equazione fra palestinesi e terrorismo. Fino all'inizio dei negoziati di Oslo, nel 1993, persino il nominare il termine “occupazione”, per non dire quello “palestinesi” vi avrebbe fatto etichettare come antisemita; ancora oggi, in Israele, queste parole si usano di rado. Persino quando il conflitto, se non l'Occupazione di per sé, è diventata una questione internazionale, Israele ha dominato l'ambito, importantissimo, delle pubbliche relazioni. Il ragionamento più efficace, contro la lotta palestinese, è l'idea, assai diffusa, che Arafat, a Camp David, abbia rifiutato la “generosa offerta” di Ehud Barak. Nell'interpretazione scompaiono i fatti reali: che non vi è mai stata una “generosa offerta”, e che, persino se Barak avesse proposto il 95 per cento dei Territori Occupati - come Olmert ha di recente “offerto” il 93 per cento -, uno Stato palestinese costituirebbe poco più di un bantustan sudafricano tronco, economicamente non autosufficiente, su meno del 20 per cento della Palestina storica. Tutto ciò che resta è la ridemonizzazione di Arafat. Che Sharon abbia in seguito imprigionato il presidente palestinese in una stanza buia di un quartier generale demolito, eliminandolo politicamente, e, credo, pure fisicamente, non ha in pratica suscitato opposizioni, e neppure critiche, nella comunità internazionale.Tuttavia, uno sforzo deciso da parte di gruppi della società civile in varie parti del mondo – organizzazioni per i diritti umani e politici, chiese e gruppi ebraici critici, sindacati, intellettuali, e persino alcune figure politiche, in Israele come all'estero – è riuscita, più o meno negli ultimi dieci anni - a far pervenire l'Occupazione allo status di un problema globale. Non appena il concetto di Occupazione ha preso piede, ciononostante, l'espandersi febbrile di “fatti sul terreno” da parte di Israele ha reso superato il termine. La legge internazionale, infatti, definisce l'occupazione “una situazione militare temporanea”. L'aver istituito più di 200 colonie ed avamposti per soli ebrei nei Territori Occupati, organizzati in sette grandi “blocchi”, tutti legati inestricabilmente all'Israele propriamente detta da una rete massiccia di autostrade solo per israeliani, e, alla fine, la Barriera di Separazione, l'hanno resa permanente. Un indivisibile sistema di Israele, non più temporaneo o fondata sulla sicurezza, si è esteso fra il Mediterraneo e il Giordano. Chi di noi era risolutamente deciso a vedere ha scorto, davanti ai propri occhi, il vero: che ci si impegnasse o meno per una soluzione a due stati, l'Occupazione è stata trasformata in un sistema di apartheid permanente. Finora, è una realtà di fatto. Se il “Processo di Annapolis” funziona in base al piano israeliano, lo diventerà anche di diritto, venduto abilmente come una “soluzione a due stati”, e approvato da un leader collaborazionista palestinese.Nella realtà, tuttavia, Annapolis, non è importante. Israele sa che né i palestinesi, né la società civile internazionale accetteranno l'apartheid. La sua funzione è quella che si voleva avessero tutti gli altri “processi politici” degli ultimi quattro decenni: procrastinare ogni soluzione che richiederebbe da Israele concessioni significative, accordandole intanto la copertura politica ed il tempo per creare, sul terreno, fatti irreversibili. La “Occupazione” da parte di Israele ha oltrepassato l'apartheid – termine che è divenuto superato quasi nel momento stesso in cui lo si è iniziato ad accettare, fra grandi proteste e strepiti. Ciò che si è sviluppato davanti ai nostri occhi – qualcosa che avremmo dovuto vedere, ma per il quale non avevamo termini di riferimento – è un sistema di stoccaggio, una situazione statica svuotata di ogni contenuto politico. “Quel che Israele ha costruito”, sostiene Naomi Klein, nel suo nuovo e straordinario libro, The Shock Doctrine,“È un sistema... una rete di recinti a cielo aperto per milioni di persone, classificati come umanità eccedente.... I palestinesi non sono l'unico popolo al mondo ad essere stato categorizzato in questo modo.... Lo scartare dal 25 al 60 per cento della popolazione è stato il marchio di fabbrica della crociata intrapresa dalla Scuola [di Economia] di Chicago.... In Sud Africa, in Russia e a New Orleans, i ricchi costruiscono intorno a sé dei muri. Israele ha condotto ancora più avanti questo processo di rifiuto: ha costruito muri intorno ai poveri pericolosi” (p. 442).I fatti israeliani sul terreno non sono altro che l'esprimere in modo fisico una linea che cerca di depoliticizzare, e quindi di normalizzare, il controllo esercitato. Lo scontro israelo-palestinese non è presentato come un conflitto che ha parti in causa ed una dinamica politica. È descritto, invece, come una “guerra al terrorismo”, una lotta con un fenomeno che elimina – o indica come irrilevante – ogni riferimento all'occupazione, che Israele ufficialmente nega di imporre. Dal momento che il “terrorismo”, con lo “scontro di civilizzazioni” che ne è alla base, è dipinto come un “dato” evidente e perpetuo, assume la forma di un problema che non è tale, di uno status quo (termine israeliano ufficiale per la sua politica verso i palestinesi), immune ad ogni soluzione e/o ad ogni processo negoziale. I “terroristi” e chi è a loro associato – carcerati, immigranti illegali, baraccati, poveri, le vittime malcontente della “repressione delle sommosse”, chi aderisce a religioni, ideologie o culture “malvagie”, per non citarne che alcuni – sono considerati come strutture fisse, da affrontare, anziché che come persone: se li si considerassero come esseri umani, si cercherebbero risposte ai loro reclami, alle loro necessità ed ai loro diritti. Una volta che si è scelto di affrontarli, la soluzione logica, e penultima, al problema globale divengono le prigioni, fra cui sono comprese le residenze coatte vaste come Gaza.“Tenere in stoccaggio” è l'espressione migliore, anche se la più cupa, per quanto Israele sta attuando per i palestinesi dei Territori Occupati. È qualcosa di peggiore, per diversi motivi, dei bantustan sudafricani dell'era dell'apartheid. Le dieci “patrie”, economicamente non autosufficienti, istituite dal Sud Africa per la maggioranza africana nera sullo 11 per cento soltanto del territorio del Paese erano, certo, un tipo di stoccaggio. Avevano lo scopo di fornire al Sud Africa manodopera a basso prezzo, liberandola della popolazione nera; questo rendeva possibile una “democrazia” dominata da europei. Questo è precisamente ciò a cui Israele mira - tramite un bantustan palestinese che comprende all'incirca il 15 per cento della Palestina storica -, ma con un limite cruciale: ai lavoratori palestinesi non sarà permesso recarsi in Israele. Avendo scoperto una manodopera più a buon mercato - circa 300mial lavoratori stranieri, importati da Cina, Filippine, Thailandia, Romania ed Africa Occidentale, con l'aggiunta dei propri cittadini arabi, mizrachi, etiopi, russi e dell'Europa dell'Est – Israele può permettersi di rinchiudere fuori i palestinesi, impedendo loro, nel contempo, di avere un'economia autosufficiente che sia la loro, legata senza ostacoli ai Paesi arabi circostanti. Da ogni punto di vista – storico, culturale, politico ed economico – i palestinesi sono stati definiti come una “umanità in sovrappiù”; l'unica cosa da fare con loro resta lo stoccarli, atto che la comunità internazionale, che se ne interessa, pare voler permettere ad Israele.Dal momento che lo stoccaggio è un problema globale, e che Israele ne presenta, pionieristicamente, un modello, quel che avviene ai palestinesi dovrebbe preoccupare chiunque. Potrebbe costituire un crimine interamente nuovo contro l'umanità, e come tale, dovrebbe essere soggetto alla giurisdizione internazionale dei tribunali del mondo, così come lo sono altre gigantesche violazioni dei diritti umani. In questo senso, la “Occupazione” israeliana ha implicazioni che oltrepassano di gran lunga un conflitto localizzato fra due popoli. Se Israele può confezionare ed esportare la propria, pluristratificata, Matrice di Controllo – un sistema di repressione permanente, che combina un'amministrazione kafkiana, leggi e sistemi di pianificazione con forme apertamente coercitive di controllo su una popolazione definita, intrappolata da comunità chiuse ostili (in questo caso, le colonie), muri e ostacoli al movimento di vario tipo - allora, come scrive semplicemente la Klein, ogni Paese somiglierà ad Israele/Palestina: “Una parte sembra Israele; l'altra sembra Gaza”. In altre parole, una Palestina Globale.Questo contribuisce molto a spiegare perché Israele non si cura di intraprendere processi di pace genuini, o di risolvere il conflitto con i palestinesi. Stoccandoli, ottiene il meglio da entrambi i mondi: completa libertà di espandere le colonie e di esercitare il controllo, senza mai dover fare compromessi, come lo richiederebbe una soluzione politica. Questo, analogamente, spiega perché la comunità internazionale permetta ad Israele di farla franca. Anziché presentare alla comunità internazionale problemi spinosi che devono essere risolti – violazioni dei diritti umani, della legge internazionale e di ripetute risoluzioni dell'ONU, per tacere delle implicazioni del conflitto medesimo sulla politica e l'economia internazionale – è considerato invece come chi fornisce un servizio di gran valore: lo sviluppo di un modello con il quale le “popolazioni eccedenti”, ovunque, possono essere controllate, gestite e contenute.Israele, allora, è completamente sincronizzata alla logica, economica e militare, del capitalismo globale, e per questo la si premia generosamente. Il nostro errore, incoraggiato da termini come “conflitto”, “occupazione” e “apartheid”, è considerare il controllo israeliano dei palestinesi come un problema politico che si deve risolvere. Sarà invece “risolto” quando i palestinesi saranno fatti “scomparire” – esattamente come avveniva sotto i regimi militari, in America Latina. Dov Weisglass, l'architetto del “ritiro” da Gaza del governo Sharon, aveva detto qualcosa del genere, in un'intervista rivelatrice (“The Big Freeze”, Ha'aretz Magazine, 8 ottobre 2004):“Il piano di ritiro è il conservante del principio sequenziale. È la bottiglia di formaldeide in cui mettere la formula del presidente [che Israele può mantenere i “blocchi” di colonie, compresa la Grande Gerusalemme] in modo che si conservi per un tempo molto prolungato. Il ritiro è, nei fatti, formaldeide. Fornisce la quantità di formaldeide necessaria perché non ci sia un processo politico con i palestinesi”.Haaretz: “Sta sostenendo, quindi, che avete scambiato la strategia di un accordo ad interim a lungo termine, con quella di una situazione ad interim, sempre a lungo termine?”“L'espressione americana è: “parcheggiare in modo opportuno”. Il piano di ritiro rende possibile ad Israele di parcheggiare in modo opportuno, in una situazione ad interim che ci distanzia quanto più possibile dalla pressione politica. Legittima il nostro assunto, che non vi è processo negoziale, con i palestinesi. Si tratta della decisione di fare il minimo possibile, per mantenere la nostra situazione politica. La decisione si dimostra valida. Rende possibile agli americani andare dalla comunità internazionale, che è in fermento e ribolle, e dire loro: “Cosa volete.” In più, trasferisce l'iniziativa nelle nostre mani. Obbliga il mondo ad occuparsi della nostra idea, dello scenario che abbiamo scritto...”.“Tenere in stoccaggio” è il più netto dei concetti politici: rappresenta il de-politicizzare la repressione, il trasformare un problema politico di prim'ordine in un non-problema, in una situazione spiacevole ma inevitabile, di cui il miglior modo di occuparsi è mediante il soccorso, la carità ed i programmi umanitari, unitamente agli schemi per lo “sviluppo” economico. È un vicolo cieco, un “dato”, per il quale non vi è a disposizione alcun rimedio. Non è questo, evidentemente, il caso, e non possiamo lasciarlo presentare in questo modo. Il tenere in stoccaggio è una linea politica che sorge dagli interessi particolari dei più potenti. Che noi adoperiamo questa espressione, pertanto, dovrebbe mirare a “dare un nome alla cosa” per comprenderla, allo scopo di combatterla e sconfiggerla. Israele, di nuovo, fornisce un esempio istruttivo (e incoraggiante). Perché, malgrado il suo potere quasi illimitato e privo di alcun controllo su ogni elemento della vita palestinese – ciò che comprende il sostegno attivo degli USA, dell'Europa e di gran parte della comunità internazionale, fra cui alcuni regimi arabi e musulmani -, non è riuscita a rendere inamovibili ne' l'apartheid, ne' lo stoccaggio. La resistenza palestinese continua, con il sostegno di popoli arabi e del più vasto ambito musulmano, di settori significativi della società civile internazionale e del campo della pace, critico, di Israele. L'effetto destabilizzante del conflitto sul sistema internazionale non fa che crescere, ed è possibile che, alla fine, obblighi la comunità internazionale ad intervenire. Ne' gli israeliani, ne' gli americani (con la complicità europea) sono in grado, malgrado il loro potere soverchiante, di imporre a forza il risultato a cui ambiscono.Il termine “stoccare”, pertanto, pur riferendosi ad un fenomeno reale, ha anche il significato di preavvertire. Dobbiamo procedere nel nostro sforzo di far finire l'Occupazione israeliana, anche se questo significa, alla fine, creare una Palestina/Israele autentica, o una più ampia confederazione regionale, piuttosto che una soluzione di apartheid-con-due-stati o uno stoccaggio vero e proprio. Guardare alla Palestina come ad un microcosmo di una più vasta realtà globale di stoccaggio ci rende capaci di identificare in modo più efficace gli elementi che compaiono altrove e di comprendere il modello che Israele sviluppa, per opporvisi meglio. In ogni caso, il nostro linguaggio, e l'analisi che questo genera, devono non solo essere onesti e privi di inutili riguardi: devono anche mantenersi al corrente delle intenzioni politiche e dei “fatti sul terreno”, che si espandono sempre più rapidamente.
Jeff Halper di " Osservatorio Iraq"

Quando la bottiglia è finalmente vuota,debitamente scolata,sul fondo resta, se il vino è buono, il deposito, quella fanghiglia sottile di morchia...

FONDI DI BOTTIGLIA
Quando la bottiglia è finalmente vuota, debitamente scolata, sul fondo resta, se il vino è buono, il deposito, quella fanghiglia sottile di morchia che sta a documentare il residuo di un piacere con giusta lentezza degustato. Così, al termine di un libro o di un saggio, molto impegnato e ricco di copiose note a pié di pagina, mi trovo tra le mani capitoletti, prefazioni o postfazioni o appendici o paragrafi non utilizzati.Sono fondi di bottiglia. Frutti, se non esotici, alquanto rari e legati a incontri occasionali, quelli che i gaudenti o viveurs anglofoni chiamerebbero one night stand e che qui nascono, per lo più, dalla improbabile collaborazione, negli anni dal 1983 al 1985, a un giornale quotidiano romano che, anche a prima vista, si sarebbe detto, per me, poco congeniale, se non ostile, e tuttavia resomi “palatabile”, per così dire, dall’amico Antonio Altomonte, che ne curava all’epoca la pagina culturale, con un’apertura mentale indispensabile al buon romanziere e all’acuto osservatore della cangiante realtà italiana che egli era.Gli piacevano i “corsivi” di Odisseo, uno dei miei numerosi pseudonimi; ne apprezzava l’ironia, le sciabolate, ma anche l’autoironia. Non potevo certo dirmi un collaboratore de “Il Tempo”. Non ero sulla stessa lunghezza d’onda. Ma scrivere sotto pseudonimo veniva incontro a quella voluttà dell’inganno che, fra tutti i miei demoni, è forse il più inoffensivo e insieme il più divertente.
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Franco Ferrarotti è professore emerito di sociologia nell'università di Roma "La Sapienza"; vincitore del primo concorso bandito in Italia per questa materia; già responsabile della divisione "Facteurs sociaux" all'OECE, ora OCSE, a Parigi; fondatore, con Nicola Abbagnano, dei Quaderni di sociologia nel 1951; dal 1967 dirige La Critica sociologica; nel 1978 nominato "directeur d'études" alla Maison des Sciences de l'Homme a Parigi; insignito del premio per la carriera dall'Accademia nazionale dei Lincei il 20 giugno 2001. Numerose sue pubblicazioni sono state tradotte all'estero. Ha insegnato e condotto ricerche presso molte università straniere.
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Franco Ferrarotti
FONDI DI BOTTIGLIA
Edizioni Solfanelli
Pagg. 112 - € 9,00

"Abbuffata di stato, pagata dai veneti"-L’unica soluzione alla schiavitù è l’indipendenza, che si ottiene rafforzando il PNV

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Ricevo e pubblico....Il perverso sistema politico italiano ci tiene ben distratti con boiate quali il calcio, le veline, nani e ballerine varie di regime, per evitarci i traumi della conoscenza di quanto esso sia un mostro.Nella nostra vita quotidiana siamo in costante tutela da parte del manovratore, che ora assume le sembianze di un mortadellone prodiano e ora di un camicianera arcoriano, con qualche folklore comunista, o leghista (qual è la differenza?) all’occorrenza.
L’importante è che non si sappia di preciso quali sono i nostri problemi.
Ad esempio, un lavoratore dipendente, come me, non deve poter ricevere al lordo tutti i soldi che si è guadagnato e poi, solo poi, pagare giustamente (?) le tasse, rendendosi conto quanto alte esse siano.No, lo stato pensa per lui, lo tutela. Anzi, lo tutela senza che nemmeno il dipendente sappia chi è il tutore occulto. Infatti, le trattenute in busta e i vari contributi previdenziali obbligatori sono versati per suo conto dal suo datore di lavoro, che diventa obtorto collo un delegato dello stato, un esattore obbligato per suo conto.Ecco che il lavoratore vive di un’incredibile situazione di incoscienza, che lo contrappone come nemico al proprio datore di lavoro.
Lo stato pertanto divide il lavoratore dall’imprenditore e si ingrassa alle loro spalle.
Lo stato per fare ciò deve però cooptare qualche imprenditore più importante e più malleabile nel “giro buono” .
Ecco che allora nascono i miracoli “telecom”, “autogrill”, “alitalia”, in cui lo stato prende i colabrodi statali, li ripulisce dei debiti spalmandoli sui cittadini (lo scherzetto Alitalia ci costerà circa 200 euri a testa all'anno…) e contemporaneamente regala il giochettino per fare soldi agli amici “del giro”.
Ecco che qui interveniamo noi veneti.
Purtroppo, o per fortuna, a noi veneti piace lavorare.
Fa parte del nostro dna.
In noi il senso civico è alto (anche se, grazie alla tv e alle boiate informative sta pericolosamente diminuendo), la gran parte di noi ha senso della responsabilità nell’affrontare le vicende della vita.
Per cui la nostra reazione, diversamente da altri, quando la situazione volge al peggio, è di impegnarsi ancora di più, lavorare un’ora di più al giorno, fare un secondo lavoro. Come dipendenti, nel tempo libero andiamo a fare di tutto, camerieri, falegnami, muratori, ripetizioni, consulenza, free lance, preferibilmente in nero per scrollarci di dosso il peso dello stato.
Come imprenditori assumiamo extracomunitari a basso costo, salvo lamentarsi qualche volta della loro scarsa professionalità e magari litigioistà interetnica, paghiamo profutamente commercialisti perché ci trovino il modo di pagare meno tasse, di dedurre, di eludere, di diventare invisibili al fisco, il braccio cattivo dello stato.
Di più, la nostra grande fregatura è proprio che noi veneti abbiamo da sempre un grande senso dello stato e mai potremmo immaginarci che il nostro grande nemico è proprio lui, lo stato italiano coloniale e predatore, che si ingrassa sempre di più, facendoci lavorare ogni giorno di più, lasciandoci sempre meno per la nostra vita, se non per la nostra sopravvivenza.
L’ultima trovata dello stato italico ora è quella di prendere qualcuno dei nostri e di fare lo stesso giochetto che è stato fatto con gli imprenditori del “salotto buono”: dargli una fetta della torta.
Ecco che ora abbiamo i ministri veneti.
Evviva i grandi ministri veneti.
Evviva Alitalia.
Evviva il federalismo fiscale, con il regalo del lombardo Calderoli al Lombardo siciliano e che finalmente darà una fetta di torta grossa anche ai manovratori sempre più grassi dell’ente regione Veneto, purchè sbandierino con sempre maggiore convinzione il tricolore, simbolo supremo della schiavitù veneta.
Una volta questi traditori venivano chiamati col loro nome: collaborazionisti.
Oggi no, bisogna aprire le nostre piazze, arrivano gli imperatori Adriano a prenderci in giro.
Arrivano i nostri fratelli traditori, che hanno avuto un posto al banchetto dello stato, una fetta della torta della nostra schiavitù economica, culturale, civica è stata appena preparata per loro.
A meno che finalmente non ci decideremo ad operare per la nostra indipendenza, da subito, firmando la petizione per l’indipendenza e aderendo e aiutando il PNV, il primo partito indipendentista veneto, fin dalle prossime elezioni amministrative.
Nane “bon, ma no tre volte”.

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In alto :il logo delle liste del Pnv"aperte"alla società veneta per le prossime amministrative (A Rarika)

Il disastro finanziario del Comune non è dovuto ad eventi calamitosi naturali ma all'azione degli amministratori che hanno governato Catania

Alla cortese attenzione, con preghiera di pubblicazione
Dopo l'ultimo viaggio a Roma del Sindaco di Catania Raffaele Stancanelli, abbiamo appreso l'intenzione da parte dell'amministrazione di coinvolgere tutte le forze politiche, sociali e produttive per far ripartire Catania e risollevarla dal grave stato in cui è stata lasciata dalla precedente amministrazione. Numerosi consiglieri comunali, appartenenti a diversi schieramenti, hanno dichiarato che occorre dare un forte segno di discontinuità, anche con piccoli provvedimenti economici o addirittura gratuiti. Con questo spirito, pur essendo consapevoli che il disastro finanziario del Comune non è dovuto ad eventi calamitosi naturali ma all'azione degli amministratori che hanno governato Catania negli ultimi sei/otto anni, volendo fare comunque la nostra parte in quanto forze sociali, vogliamo proporre all'intero Consiglio Comunale e al Sindaco delle importanti misure per facilitare l'interazione e la partecipazione della cittadinanza alla cosa pubblica.
Per questo chiediamo di aprire una nuova stagione a Catania, approvando il prima possibile provvedimenti che permettano in tempi brevi:
- L'emanazione del regolamento attuativo degli strumenti di partecipazione cittadina previsti dallo Statuto del Comune. In proposito è opportuno sottolineare come il comitato "Noi Decidiamo", di cui entrambe le nostre associazioni fanno parte, ha già fatto una proposta di regolamento che aspetta solo di essere approvata dal Consiglio Comunale.
- Con riferimento al contratto con l'azienda che si occupa della ripresa dei Consigli Comunali, l'integrazione del servizio di diretta streaming su internet delle sedute attraverso il sito del Comune di Catania. Questo senza prevedere oneri aggiuntivi per il Comune, tenendo conto dell'ormai palese importanza degli strumenti informatici nell'attività amministrativa e dell'essenzialità di tale servizio nell'ambito di tale tipologia di contratto.
- L'inserimento, all'interno del sito internet del Comune di Catania, di un servizio di mailing-list libero e gratuito che permetta ai cittadini di ricevere direttamente sulla propria casella di posta elettronica le varie comunicazioni ufficiali dell'amministrazione (Comunicazioni U.R.P. e Comunicati Stampa).
Abbiamo bisogno di segnali concreti, perché intendiamo svolgere il nostro ruolo di interfaccia tra i cittadini e il Comune. Approvare questa serie di semplici provvedimenti permetterebbe di iniziare quel nuovo percorso virtuoso di collaborazione da tante parti auspicato.
Distinti saluti,
I Giovani di CittàInsieme - I Grilli dell'Etna

Catania, 28 settembre 2008

FILASTROCK.IT


FILASTROCK.IT
RICEVO E PUBBLICO...
Carissimi amici è un mese che è nato il sito Filastrock (www.filastrock.it)il mio intendo è quello di creare un sito che possa farconoscere di più tanti autori e compositori che dedicanola loro passione al mondo dell' infanzia,informare sui variconcorsi e festival e magari far nascere nuovecollaborazioni.So che c'è ancora tanto da fare,ma penso che stiamo sullastrada giusta,già posso vantare di ospitare autori di uncerto spessore e sopratutto che stimo da quando ho iniziatoa frequentare i vari festival,un dottore musicoterapeuta siè reso disponibile a curare una rubrica ,ho avuto l'onore di essere "linkato" sui siti di Elio e del liberoRicercatore (Vi obbligo a visitarli)-.Son sicuro che tante nuove collaborazioni nasceranno ....Vi invito a visitarlo spesso e magari lasciare un consiglioun opinione delle informazioni o un semplice saluto sullarubrica guestbox che è attiva da oggi.
Carmine Spera
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dal sito Filastrok.it...
MI PRESENTO
Raccontare di me è senz’altro la cosa più difficile e imbarazzante che mi si possa chiedere ma poiché è giusto che lo si faccia ci proverò:
Mi chiamo Carmine Spera, sono nato nel 1969 e vivo a Castellammare di Stabia, città della quale vado molto fiero.
Sin da ragazzino ho sempre nutrito la passione dello scrivere ,in particolare in versi, ed è sempre stato il modo più spontaneo per esprimere i miei pensieri e le mie emozioni. Forse perché, le poesie di Gianni Rodari di cui da bambino possedevo un libricino, mi affascinavano tantissimo e il descrivere tanto con poche parole era (e lo è ancora) per me una vera e propria magia.
Poi iniziò l’amore per la chitarra e per la musica, e sembrava naturale per me mettere giù delle parole accompagnate da una melodia, o meglio sono stato sempre dell’ opinione che in realtà ogni canzone esista già nell’aria ma bisogna solo raccoglierla è per questo motivo che quando scrivo qualcosa trovo pace solo se le parole che scrivo sono proprio quelle che “vedevo” davanti ai miei occhi.
Da adolescente iniziò la mia rincorsa a interpreti che fossero interessati alle mie canzoni e proprio perché era grande in me la voglia di dimostrare, soprattutto a me stesso, di saper fare certe cose, riuscii ad adattarmi alle situazioni che mi capitavano e devo dire che tante soddisfazioni le ho avute. Con la nascita di mio figlio Giovanni, però presi una decisione importantissima, dedicare la passione della composizione musicale rivolgendomi prettamente al mondo dell'infanzia.
Sono passati otto anni, ho realizzato tante cose bellissime, sto viaggiando e ho conosciuto tante persone ed è proprio per questo che ho realizzato questo sito per condividere con tutti le mie esperienze.
CARMINE.
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FILASTROCK…PERCHE'?
La parola Filastrocca riporta la mente ad un qualcosa della nostra fanciullezza; Rock, invece, è il ritmo di chi è giovane, di chi sobbalza al Ritmo di una batteria o al fraseggio di una chitarra. Filastrocca fa pensare qualcosa di soave, lento, dolce; Rock no! E’ notevolmente qualcosa di forte, duro… Questa è la rete dove possono incontrarsi tutti quelli che come io hanno la passione per le canzoni per bambini (ed in generale tutto ciò che è cultura per i ragazzi), e amano l’intreccio e l’amalgamarsi dei ricordi che provengono dal passato con I ritmi e i gusti che sono di oggi. Gli obiettivi principali sono quelli di far tessere rapporti tra chi ha messo la propria arte musicale a disposizione dei bambini, per scambiarsi pareri, consigli e notizie; e poter fare in modo che ci siano sempre più artisti che dedicano la loro arte al mondo dell’infanzia. Per questo motivo non ho voluto dare a questo sito il mio nome, ma un nome di fantasia, questo è il sito di chi vuole condividere le esperienze di autore, compositore, genitore o insegnante di musica per bambini.
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Caro Carmine,il link del tuo coloratissssssimo sito è su questo blog ed è abbinato all' "etichetta" DALLA PARTE DEI BAMBINI...Ciao,Orazio Vasta

Paesi baschi. Dibattito sulla lotta armata

Il punto di vista di www.laquestionesiciliana.blogspot.com ,
su quanto sta accadendo in Euskadi ( Paesi Baschi)
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Chi ci conosce e ci segue sa bene quale sia, e non da ora, il nostro “punto di vista” riguardo la situazione nei Paesi Baschi (Euskadi).
Noi sosteniamo le ragioni del Popolo e della Nazione Basca ma rifiutiamo come logica e prassi qualsiasi deriva violenta e/o armata.
Seguiamo quindi con viva apprensione quanto accade in Euskadi e la spirale di violenza che minaccia di travolgere tutto e tutti.
La illegalizzazione di organizzazioni come Herri Batasuna prima, o l' ANV(Alleanza nazionalista basca) contenitore del suo “principio attivo” e suo erede politico legale poi o ancora dell’ EHAK – Pctv (Partito comunista delle Terre Basche) e ora, secondo un perverso copione di causa-effetto, i recenti attentati, i feriti e i morti pongono non solo all’attenzione di Josè Luiz Rodriguez Zapatero, della forma Stato Spagnola ma anche dell’intera Unione Europea il tema della Nazione senza Stato di EUSKADI. Si può non essere d’accordo con i principi ideologici, politici di Herri Batasuna , si può addirittura essere contrari all’autodeterminazione di Euskadi ciò che però non si può e deve fare, in Spagna come altrove, è, a nostro avviso, lasciare ampi settori dell’opinione pubblica, nello specifico, riconducibili alla sinistra basca ( quantificati in circa 180.000 uomini e donne ) senza alcuna possibile rappresentanza politica.
E’ un errore strategico che minaccia di avere conseguenze nefaste e sanguinolente.
Siamo convinti che il processo avviato con l’uso del discioglimento dei partiti baschi come misura politica anti-E.T.A. e reso possibile da una legge ( che socialisti e popolari hanno voluto insieme), finirà verosimilmente per sprofondare le società basca e spagnola in un baratro e inevitabilmente contribuirà a mutare il clima politico nell’intera Unione Europea pur attraversata anch’essa da diverse irrisolte QUESTIONI NAZIONALI ( Minoranze Allogene, Nazioni senza Stato).
CHE FARE ?
Noi crediamo che sia il momento di farci tutti, ognuno per come sa e può COLOMBE e di cercare una soluzione EQUA per entrambe le parti prima che accadano fatti più gravi di quelli già gravi verificatisi in queste settimane.Sottrarre rappresentanza a qualunque parte della Società Basca, anche se questa fosse vicina ( o contigua) all’ETA significa mettere migliaia di militanti politici e molti più elettori nella condizione di divenire ostaggi e prigionieri di tesi sempre più Estreme ed Estremizzate.
Occorre impedire ciò, occorre che l’Unione Europea, i Governi Europei, i Gruppi Parlamentari Europei tutti si adoperino, subito, per disinnescare la POLVERIERA BASCA.
Occorre dire al Governo di Zapatero che la negazione, di fatto, per una parte di popolazione, del diritto base di una democrazia rappresentativa a scegliere liberamente la propria rappresentanza politica, può innescare meccanismi incontrollabili.
Occorre, quindi, d’un canto, restituire spazio politico A Herri Batasuna e all’insieme della sinistra basca, mentre dall’altro occorre che la sinistra basca si faccia latrice attiva verso E.T.A. di un perentorio Ultimatum di smobilitazione dalla lotta armata ( sul modello nordirlandese).
Questo è l’auspicio di Noi Indipendentisti Democratici de “la questionesiciliana” ed in questa logica troviamo utile riproporre a Voi amici che seguite il blog “laquestionesiciliana” un articolo letto sulla rivista on line dei Francescani “PERFETTA LETIZIA” che anziché enfatizzare le violenze indica una possibile “USCITA DI SICUREZZA” e che pubblichiamo integralmente nel successivo post.
TRINAKRIUS
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Dura lettera di due detenuti politici baschi, pubblicata dal quotidiano "Gara".
- È una lettera aperta dal carcere di Cordova. Ma, soprattutto, è stata pubblicata da quotidiano basco Gara, punto di riferimento per la sinistra indipendentista basca.

E per questo, le parole che si leggono in quella lettera, il dibattito sul futuro della lotta armata e sul futuro della politica, potrebbero essere l'inizio di una riflessione pubblica e l'epilogo di un lungo periodo di discussione interna al movimento di liberazione nazionale basco.

Carmen Gisasola e Joseba Urrusolo si sono allontanati dal Collettivo dei prigionieri, che riunisce, nonostante la dispersione, gli oltre settecento detenuti per causa politica, fra Spagna e Francia. La dispersione, inventata dai socialisti negli anni 80 e continuata fino a oggi, ha reso più difficile il lavoro è politico del gruppo, ma il suo peso politico è, o dovrebbe essere, importante.

Anche perché in un qualsiasi processo di pace futuribile, il tema dei presos, dei prigionieri, sarà sempre e comunque sul tavolo. Lo spessore dello scritto risalta scorrendo le righe, quando la critica alla lotta armata e i dubbi sul futuro della politica della sinistra basca vengono espresse in maniera chiara, senza arzigogoli, in un linguaggio spartano e diretto.“Da molto tempo affermiamo che un accordo politico è importante, e della stessa importanza è il futuro della sinistra basca” - è scritto nella lettera, che prosegue - “E siamo convinti che una volta che si arrivi a un accordo politico, non saranno né il mito dell'organizzazione armata, né il mondo dei prigionieri politici, che potranno essere motivo di coesione. Daranno le idee e la forma di agire. E se non avremo successo in questa operazione, se non riusciremo a funzionare come un soggetto aperto, partecipativo, riunendo la maggior base sociale di cui è capace la sinistra basca, allora perderemo il potenziale umano che è il motore del futuro del nostro popolo”.La critica più diretta è a Batasuna, il movimento, più che a Eta. “Non si può pensare – scrivono i due – che la strategia adeguata sia una virata verso discorsi e pratiche da gruppettari, o un ritorno a una politica che dinamita ponti e che cerca il nemico più odioso negli alleati possibili. In Irlanda il Sinn fein è uscito rafforzato dalla decisione che prese a suo tempo, mentre l'Ira Verity and Continuity è quella che è rimasta marginale”. Di qui il richiamo più forte della lettera che viene dal cercere: “Martin McGuiness lo diceva in una intervista al quotidiano Berria: 'dicemmo chiaramente lla nostra gente che non potevamo andare avanti con una stagnate lotta armata per altri venti anni'. ”I due prigionieri hanno preso carta e penna, lo ricordano nelle prime righe della loro missiva, per fare chiarezza su alcune notizie diramate dall'istituzione penitenziaria, senza possibilità di verifica, e diffuse con risalto sui media spagnoli: una specie di raccolta firme molto numerosa fra i prigionieri politici in un documento critico contro la lotta armata. Una versione che non trova conferme. Anche se la posizione che viene espressa, e pubblicata, oggi va in quella direzione. Scegliendo però il destinatario politico, più che l'organizzazione, rivolgendosi più ai militanti, che ai vertici del Movimento di liberazione nazionale bascoIl dibattito è lanciato. Da diversi anni è un tema di discussione interno, ma il fatto che sia il quotidiano Gara a pubblicare il testo della lettera potrebbe significare che le posizioni sono mature, come l'accenno alla frattura dell'Ira è un suggestivo spunto di riflessione su quello che potrebbe riservare il futuro.
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http://perfettaletizia.blogspot.com (Blog giornalistico d'informazione della rivista cattolica francescana La Perfetta Letizia - O.F.S.)
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La foto inserita nel post è a cura del blog A Rarika




EPAP:17,7 milioni di euro spariti nel nulla, e tutti sono freschi e tranquilli!

Dopo quello che è successo, cioè la perdita di 15,7 milioni di euro, sono andato a spulciarmi i dati del bilancio dell'EPAP del 2007.
Quante cose "carine" ho riscontrato.

1) Gli Organi Statutari, cioè quelli che ci hanno fatto perdere 15,7 milioni di euro, hanno avuto un costo di € 1.279.423, ovvero di 2.477.308.372 delle vecchie lire (un mare di soldi!). In pratica basta che per soli 12 anni non si prendano gli stipendi ed il buco si ripiana.


2) In bilancio ci sono ben € 378.390 per compensi professionali e di lavoro autonomo. Chiederò a chi sono stati pagati, ... non vorrei che fossero gli stessi ....

3) Altri € 907.987 sono per spese varie. Spese varie? E che sono questi quasi due miliardi di vecchie lire per spese? Se sono caffè ... sono 1.134.983 ovvero 3.110 caffè al giorno! Altrimenti cosa sono queste spese per la "modica" cifra di € 907.987???

4) Il sistema informativo SIPA è costato nel 2007 ben € 255.260, ma aveva avuto un costo di € 186.720 nel 2006. E che fanno ogni anno in questo sistema informativo??? Sarà un sistema informativo collegato via satellite con i nostri neuroni cerebrali?
5) Ho tralasciato per ultimo questo dato che scrivo, perchè mi sembra il più bello: in bilancio ci sono € 2.097.949 (4.062.195.710 di vecchie lire) persi su titoli, il che significa che anche l'anno scorso la gestione è stata quanto meno ... discutibile.

Così la perdita di 15,7 milioni di euro va incrementata di altri 2, raggiungendosi la iperbolica cifra di € 17.700.000 persi, e che non ci troveremo più nelle nostre pensioni .... soldi buttati nel gabinetto!
Una gestione a dir poco sconcertante. Cifre e numeri fanno pensare, e mi rammarico di non aver letto prima questi numeri folli!
Forse ci vorrebbe una presa di coscienza da parte degli "Organi Statutari".
Un dietro-front, fare le valigie ed andare a casa, come avviene nelle migliori famiglie!
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Dal blog VIGOPENSIERO del 23 Settembre scorso...
SENZA PAROLE
Per tutti i colleghi ... andate a leggere questo comunicato del Presidente dell'EPAP a
questo link.I nostri versamenti annuali in pericolo?
Ma scherziamo?
Allora è meglio l'INPS!!!!
Parte dei nostri accantonamenti sono stati investiti in titoli della banca d’affari Lehman Brothers, per un importo di 10,7 e 5 milioni di euro!!!
Il Presidente dichiara che la sfortuna che il rimborso del titolo per 10,7 milioni era previsto per il 16 settembre 2008, il giorno successivo alla notizia del fallimento.
E poi ancora che la situazione è seria, non è da prendere “sottogamba".
Sono sconcertato, e penso di rivolgermi ad un legale: non si può giocare così con le nostre pensioni!

domenica 28 settembre 2008

"Quando la politica non riesce a dare il meglio di sé, le società cominciano a dare il peggio di loro"

Lettera di Claudio Baglioni:"I Clandestini come i nostri nonni"
«Se alzi la voce, significa che non hai argomenti». Aveva ragione mio padre. La verità non è questione di volume. Se la forza della ragione ci abbandona, prevale la ragione della forza. Oggi, purtroppo, è così. Viviamo in equilibrio precario, tra il Paese che non siamo più e il Paese che non siamo ancora.

Tensione, ansia, paura vorrebbero profondità e qualità di pensiero.

Ma il pensiero è assente.
Per quanto seria e difficile, questa non è la prima, né la più grande crisi della nostra storia. Ogni epoca, ogni secolo, ogni generazione ha la sua, e la deve affrontare. Ieri, è toccato a chi ci ha preceduti.

Oggi, a noi.

Gli strumenti?

Conoscenza, lungimiranza, intelligenza.

Funzionano. Sempre. Dipende solo da noi.

Invece, malgrado gli appelli quotidiani ai toni pacati, le parole si fanno sempre più grandi e i pensieri sempre più piccoli.

I valori si predicano, ma non si praticano.

L’io è l’unica fede. Tu, il nemico. Noi, una prigione. L’altro, l’inferno.
Chiunque altro. Vicini di casa troppo curiosi o rumorosi; automobilisti scorretti o imbranati; chi ci soffia il parcheggio o ci passa avanti nella fila; terroni o polentoni; bigotti o senza Dio; tifosi avversari o avversari politici; quelli dell’altra classe, dell’altra scuola, dell’altro quartiere, dell’altra parrocchia. Prostitute, omosessuali, trans. Deboli, vecchi, malati. Donne. Per non parlare di lavavetri, barboni, mendicanti, zingari, rom, romeni, albanesi, polacchi, cingalesi, cinesi, africani. E, naturalmente: immigrati. La lista dei nemici si allunga ogni giorno.

Il rispetto nella reciprocità
Cosa succederà quando non ci saranno più amici?

La cultura dello scontro cancella la ricchezza dell’incontro tra le culture. Siamo piromani sul punto di incendiare territori essenziali per la nostra stessa sopravvivenza: umanità, tolleranza, solidarietà, civiltà. Democrazia.
Con rischi che – accecati da risentimenti, paure, odio – non ci interessa prevedere. Homo homini lupus. È la natura, dicono. Forse.

Ma l’antidoto c’è.

È la cultura dell’altro. Quella che ci insegna che è assurdo pretendere dagli altri ciò che non siamo disposti a riconoscere loro. Il rispetto per identità, storia, pensiero, diritti, lingua, fede, tradizioni è tale solo in condizioni di piena reciprocità.

Altrimenti si chiama prevaricazione.
Soffiamo sul cerino del mors tua vita mea, prima che la legge dell’occhio per occhio finisca con l’accecare tutto il mondo. Se il “buonismo” non è la soluzione – servono equilibrio e intelligenza –, certo la soluzione non è il “cattivismo”. Né questa cultura del risentimento, dell’odio, del tutti contro tutti. Di parole d’ordine urlate, intrise di luoghi comuni, stupidità, statistiche manipolate, propaganda. Economia, lavoro, sicurezza, futuro sono problemi reali. E reclamano soluzioni reali. Puntare il dito contro falsi nemici significa eludere i problemi, non risolverli. I nodi restano, le differenze crescono e, con esse, le tensioni.
La pace sociale è figlia della giustizia, non della guerra.

Inoltre, agitare lo spettro della paura ha costi psicologici, ma, soprattutto, economici elevatissimi. Le guerre si moltiplicano, i mercati speculano, i prezzi volano.
La gente paga, la paura cresce, i prezzi salgono ancora. Una spirale perversa, dagli esiti tristemente noti.
Gli stranieri, regolari o irregolari che siano, non causano crisi. In molti casi, anzi, rappresentano una risorsa.

Chi fa i lavori che non vogliamo fare?

Chi si occupa delle nostre case?

Chi accudisce i nostri malati e i nostri anziani?

Chi coltiva la nostra terra?

Non trattiamoli come prostitute: desiderate di notte e dileggiate di giorno! Delinquente è chi delinque. Non chi ha un diverso colore di pelle, parla un’altra lingua o prega un altro Dio.

E, poi, il Paese di mafia, camorra, ’ndrangheta, delle stragi impunite, della corruzione politica e delle infinite tangentopoli ha perso da tempo i titoli per dare lezioni di onestà al mondo.
Questa caccia alle streghe, dunque, offende intelligenza, storia, memoria e identità del nostro Paese.

Un Paese di migranti, che, proprio sulle migrazioni – interne ed esterne –, ha costruito il miracolo della propria ricchezza.
La stessa in nome della quale, oggi, da un lato venera il vitello d’oro della globalizzazione, dall’altro pretende di chiudere le porte in faccia al mondo. Il popolo degli sbarchi è lo stesso dei nostri nonni, genitori e fratelli maggiori.

I compiti della politica
Cerca il futuro là dove c’è futuro. Il problema non è la presenza dei migranti. È l’assenza della politica. Spetta a lei rimuovere le cause delle migrazioni irregolari; stroncare la criminalità che sfrutta e specula; e, soprattutto, creare un equilibrio virtuoso di diritti e doveri, in nome del quale offrire, ma anche pretendere, civiltà.
Da tutti: cittadini vecchi e nuovi. Quando la politica non riesce a dare il meglio di sé, le società cominciano a dare il peggio di loro.
“O’scià” non è mai stata, né mai sarà, a favore della clandestinità.
Ma, se è importante che i migranti non siano clandestini, è ancora più importante che clandestine non siano le coscienze, le Istituzioni e le politiche di un’Europa che deve tornare a essere serbatoio, teatro ed esempio di intelligenza, cultura e umanità per tutto il mondo. Indicando e aprendo a tutti la strada non dello scontro, ma dell’incontro di civiltà.
L’unica che può condurci a un futuro davvero degno di essere abitato.
Claudio Baglioni
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Fonte (Famiglia cristiana)

MARAVENTANO al "suo" sindaco:"Un giorno dice che i negri puzzano, l’altro che mi vuole decapitare"

LA POLEMICA DI «’O SCIÀ»
Tutti dalla parte di Baglioni via il vicesindaco
DALL'INVIATO Federico Vacalebre Lampedusa.

L’emergenza continua, per quanto possa sembrare un paradosso continuare a parlare di emergenza dopo 21 anni di sbarchi (21.000 persone nei primi nove mesi del 2008), di carrette del mare e tragedie annunciate, testimoniate dalle tante croci senza nome nel cimitero di Lampedusa.
Mentre sotto la pioggia sbarcano sull’isola altri 150 disperati nordafricani, alcuni in precarie condizioni di salute, «’O Scià» scuote la politica locale, forse non solo quella.
«Siamo qui per parlare di integrazione e accoglienza, ma finiamo per essere prigionieri delle dichiarazioni di una vicesindaco e senatrice che ne dice di tutti i colori», sbotta Rossella Barattolo, compagna di Claudio Baglioni e presidente della fondazione che porta il nome della kermesse solidale voluta dal cantautore.
«Prometto di portare sul palco la testa del vicesindaco Angela Maraventano, sono nauseato dalle sue insinuazioni», dice il sindaco Dino De Rubeis, «da quando è stata eletta al Senato in Emilia Romagna sotto la bandiera leghista non riesce più ad occuparsi dei veri problemi della sua gente».
Sotto l’acqua che sferza l'isola e ha messo a rischio il gran finale della sesta edizione di «’O Scià», con l’accoppiata Baglioni-Fiorello a tentare di recuperare terreno dopo due giorni autarchici, il sindaco annuncia la «sofferta decisione di ritirare la delega di vicesindaco e assessore alla Maraventano, che si atteggia a generale della Finanza chiedendo di controllare i bilanci della Fondazione ”’O Scià”, presentati, come da legge, anno dopo anno. Le sue esternazioni distruggono il lavoro di Baglioni e del festival. L’isola sta con Claudio contro Angela».
A suffragare l’ultima affermazione ci sono anche degli striscioni appesi all’ingresso del paese.
«Ma quelli li ha messi Salvatore Cappello, sono appena andata a denunciarlo», dice la pasionaria sudista della Lega Nord, «è il proprietario della Cupola Bianca», che poi sarebbe il ristorante-albergo dove «’O Scià» ha montato il quartier generale, utilizzato anche dal sindaco per la conferenza stampa in cui promette «la testa» dell’ex amica eletta con lui in una lista civica di centrodestra.
Lampedusa si è affezionata al cantore del «Piccolo grande amore», che un bel giorno non è riuscito più a godersi le vacanze facendo finta di non vedere che cosa succedeva a pochi metri di mare dalla sua barca. «Abbiamo una tradizione di accoglienza», teorizza De Rubeis, vicino a Forza Italia, «e poi il festival ha allungato la stagione turistica e spende sull’isola quasi tutto ciò che ha dalle istituzioni».
Che sono solidali con Baglioni: le dichiarazioni fioccano, con toni generici pro-Claudio: si va dai ministri Prestigiacomo e La Russa ai sottosegretari Miccichè e Roccella, dalla Regione Sicilia (presidente, vicepresidente e assessore Cimino) al consiglio comunale, dove c’è chi annuncia la decisione di uscire dalla maggioranza finché non si sarà liberata del vicesindaco.
Che la prende sportivamente: «Meglio così per me, non per la mia terra. Per lei continuerò a combattere. Sarò io a chiedere le dimissioni del sindaco, è impazzito e la spara sempre più grossa. Un giorno dice che i negri puzzano, l’altro che mi vuole decapitare. Ormai è chiaro che qui nessuno viene per cantare o per occuparsi di chi rischia la pelle in mare, ma per fare politica. Io non ho dato del ladro a nessuno, ho solo detto che i soldi a Lampedusa, più che per un concerto, li spenderei per fare scuole, fogne, ospedali.
E ho chiesto a Baglioni una sola cosa: possibile che costi 600 mila euro una tre giorni fallimentare sulla spiaggia con un videoproiettore e due cantanti che vengono gratis?».
La polemica continua.
«Ma anche la strada di ”’O Scià”», assicura sotto la pioggia l'uomo di «Notte di note», che sa che il futuro della manifestazione è affidato alla prossima Finanziaria.
Intanto, a dargli manforte c’è Fiorello, che comincia lo show ironizzando sulla Maraventano: «Qui tutti ci vogliono bene, tranne una».
Poi scherza sui testi del cantautore: «Tutti li capiscono, tranne il vicensindaco».