domenica 2 marzo 2008

ANALISI STORICA DELLA KOSOVA/6parte

8-1989:LA SERBIA ANNULLA L'AUTONOMIA DELLA KOSOVA
Il 28 marzo 1989 il Parlamento serbo cancella d'autorità l'autonomia politica del "Kosovo", sottoponendolo al controllo centrale di Belgrado, con una mossa che viola il principio secondo il quale il "Kosovo" è un'entità costitutiva della Federazione. Circondato dai carriarmati e largamente infiltrato da elementi estranei, il Parlamento della Kosova ratifica gli emendamenti. Subito l'intera popolazione della Kosova si mobilita: sono di nuovo i minatori i primi ad avviare le proteste, ma a loro si aggiungono ancora una volta altri lavoratori e studenti di tutta la provincia, le cui attività vengono completamente bloccate. Il 28 giugno Milosevic si reca in "Kosovo" per le celebrazioni del seicentesimo anniversario della storica battaglia di Kosova Polje, alle quali parteciperà un milione di serbi. Tra le parole che egli pronuncia in quell'occasione vi sono le seguenti: "Oggi, seicento anni dopo, stiamo ancora combattendo delle battaglie; non si tratta di battaglie armate, anche se non si può escludere che ce ne saranno".
Nel luglio 1990 il Parlamento serbo chiude d'autorità l'Assemblea provinciale della Kosova e ne espelle fisicamente i delegati che, riunitisi in strada, proclamano la Repubblica del Kosova all'interno della federazione jugoslava e separata dalla Serbia. Due mesi dopo viene approvata clandestinamente una costituzione della Repubblica del Kosova. I media in lingua albanese vengono occupati e chiusi dalle autorità di Belgrado, la Biblioteca Nazionale viene depredata di gran parte delle sue opere in albanese e i programmi di studio autonomi della provincia vengono aboliti e sostituiti con quelli messi a punto da Belgrado. A tutto ciò gli albanesi del "Kosovo" reagiscono organizzando uno sciopero generale. Gli scioperi e le mobilitazioni del triennio 1988-1990 sono gli ultimi episodi di resistenza attiva, anche se pacifica, alle repressioni di Belgrado, prima di un lungo periodo di 7 anni di resistenza passiva sotto la guida del leader politico Ibrahim Rugova, eletto clandestinamente nel 1992 presidente della Repubblica del Kosova. Sotto la sua guida e quella del suo partito, la Lega Democratica del Kosova
fondata
alla fine del 1989 da gruppi di intellettuali fuoriusciti dalla Lega dei Comunisti di Jugoslavia, si ha la creazione di una vera e propria "società parallela" con un sistema educativo, sanitario e di rappresentanza politica interamente proprio. Uno dei principali presupposti della creazione di tale sistema è costituito dall'ulteriore stadio di repressioni messe in atto da Belgrado nel 1990, con la chiusura di numerose aziende, la confisca dei beni della Banca della Kosova a favore della Jugobanka, l'adozione di un regolamento che impone alle aziende di assumere un serbo per ogni albanese assunto e, soprattutto, la costrizione dei lavoratori a firmare una "lettera di fedeltà" alla Serbia e al Partito Socialista Serbo, pena il licenziamento. Non va dimenticato che tali misure si inseriscono in un contesto di disfacimento dell'economia serba e jugoslava e dei conseguenti dissesti sociali.
La LDK nel frattempo conquista una posizione egemonica all'interno della società albanese della Kosova, che ne fa più un movimento nazionale che un vero e proprio partito. Nel contesto della dissoluzione della Jugoslavia e della guerra in Croazia prima e in Bosnia poi, la LDK adotta una politica di "non ingerenza" e di sostanziale immobilità, mentre i leader favorevoli a forme di resistenza attiva vengono progressivamente marginalizzati. Nelle elezioni clandestine, ma non turbate dalle autorità serbe, svoltesi nel settembre del 1991 la LDK ottiene il 99,87% dei voti degli albanesi della Kosova (l'87% degli aventi diritto al voto che hanno partecipato alle elezioni).
Nel frattempo, la questione della Kosova prende rilevanza internazionale. Le reazioni vanno da quelle del presidente croato Tudjman, che definisce il "Ko
sovo"
una questione interna della Serbia, a quelle della Comunità Europea che respinge una domanda di riconoscimento della Repubblica della Kosova guidata da Rugova, all'appoggio dichiarato degli USA alle politiche di resistenza passiva della LDK, senza tuttavia alcun riconoscimento della repubblica. Solo il governo di Tirana, nel 1991, riconosce ufficialmente il governo e le strutture parallele della Kosova, mentre la LDK intesse strette relazioni con il Partito Democratico di Berisha, che condivide per la Kosova la linea di resistenza passiva propugnata da Rugova.
Le strutture democratiche della repubblica kosovara clandestina non diventeranno mai effettivamente operative, come dimostra il solo fatto che il Parlamento in un periodo di 7 anni non si è mai riunito e che i mandati dell'assemblea parlamentare e quelli di presidente sono stati prorogati per decreto in funzione della situazione contingente. Tutte le decisioni politiche vengono adottate da ristretti gruppi di lavoro o dal governo guidato da Bukoshi che, per ragioni logistiche, opera in esilio in Germania e lontano quindi dalla popolazione della Kosova. (continua)

***nelle foto,il MASSACRO del popolo della Kosova.

1 commento:

Abate Vella ha detto...

La storia recente del Kosovo mi assomiglia sempre più alla storia della rivoluzione siciliana del 1848, dall'annullamento illegale del Regno di Sicilia da parte dei Borbone, sino all'indipendenza fatta con l'appoggio inglese.

Solo che poi gli inglesi si misero d'accordo con i Borbone e ad essi ci riconsegnarono .

E secondo me i Kosovari stanno commettendo lo stesso errore, fidarsi della Comunità Europea ed assecondarli in tutto. Anche nella scelta del momento della dichiarazione d'indipendenza.

Momento poco felice, ma che con duro realismo dobbiamo dire potrebbe rivelarsi vantaggioso per noi Siciliani.