sabato 15 marzo 2008

LA QUESTIONE NAZIONALE/3 (vista da Marx e Engels)

Kosova:si festeggia l'Indipendenza nazionale.
Manifestazione degli indipendentisti sardi.
Manifestazione del Fronte Nazionale Siciliano
3. Marx ed Engels hanno formulato un'idea piuttosto che una teoria compiuta della questione nazionale. Ciò rappresenta un limite della loro elaborazione teorica, ma nello stesso tempo una garanzia contro i pericoli di una definizione troppo rigida e normativa, come sono quelle proposte da Kautsky (la nazione come entità economico-linguistico-territoriale) o da Stalin (la nazione come comunità economica, territoriale, linguistica, culturale e psicologica). Marx ed Engels, due rivoluzionari tedeschi, vivevano in un'epoca ancora segnata dalla formazione di parecchi Stati nazionali(Germania, Italia, Polonia, Ungheria) e questo dato ha fortemente influenzato la loro concezione. A partire dai loro scritti, possiamo individuare un concetto di nazione che rimanda a una formazione storica legata all'ascesa del modo di produzione capitalista e cristallizzato in una sovrastruttura politica: lo Stato-nazione. Ma questo concetto non è stato mai sviluppato in modo sistematico. Lo stato incompiuto della loro analisi è probabilmente legato alla convinzione di vivere in un'epoca dominata dal cosmopolitismo borghese e dall'avvento, in un futuro prossimo, di un socialismo che avrebbe trasceso i conflitti nazionali. In un'opera come il Manifesto comunista, il cosmopolitismo e l'internazionalismo tendono a fondersi. L'internazionalizzazione del modo di produzione capitalista e la formazione di un mercato a scala mondiale sono concepiti come un processo che "ha reso cosmopolita (kosmopolitisch) la produzione e il consumo dell'insieme dei paesi", stabilendo un' "interdipendenza universale tra tutte le nazioni" e creando una "letteratura mondiale". Nel quadro di questa trasformazione ininterrotta della vita sociale, il capitalismo sottometterebbe "la campagna alla città, le nazioni barbare e semi-barbare a quelle civilizzate, le popolazioni contadine a quelle borghesi, l'Oriente all'Occidente". Questa descrizione piena di ammirazione per il ruolo rivoluzionario del modo di produzione capitalista, considerato come un sistema economico tendente quotidianamente ad approfondire l'unificazione materiale e "spirituale" del mondo e a eliminare le basi stesse dei conflitti nazionali, ha sicuramente condotto gli autori del Manifesto a trascurare l'importanza della questione nazionale. Questa sottostima, che contiene senza alcun dubbio qualche elemento di riduzionismo economico e d'eurocentrismo, ha contraddistinto in particolare gli scritti di Marx ed Engels del periodo 1848-1849.È vero che il Manifesto comunista contiene alcune formulazioni incerte; è altresì vero che è inesatto scrivere, come fa Nimni, che per Marx ed Engels "la nazione sarà spazzata via dall'onda inesorabile della storia". Quello che essi hanno scritto, è che la supremazia del proletariato causerà la sparizione delle "separazioni nazionali [Absonderungen] e della conflittualità tra i popoli". Il termine Absonderungen può essere definito come differenza, demarcazione, separazione o anche isolamento. Secondo noi, la migliore interpretazione di questa frase è quella data da Roman Rosdolsky in un saggio del 1965: quando Marx ed Engels speravano che in una società comunista sarebbero spariti gli antagonismi e le separazioni nazionali, non si riferivano "certamente [a] l' 'abolizione' delle comunità linguistiche esistenti (che sarebbe assurdo!) ma [ai] confini politici tra i popoli. In una società nella quale (nei termini del Manifesto) il 'potere pubblico perde il suo carattere politico' e 'lo Stato in quanto tale si esaurisce' non ci può più essere spazio per 'Stati nazionali' separati".Questa posizione internazionalista di Marx ed Engels era fondata non su una ideologia perversa, "monolineare ed eurocentrica", ma sulla speranza umanista che in un mondo socialista, un mondo senza frontiere, non solo gli antagonismi e i conflitti tra le nazioni, ma anche le differenze economiche, sociali e politiche (ma non culturali) sarebbero sparite.L'esempio dell'Irlanda chiarisce un differente approccio teorico al fenomeno nazionale che si può trovare nell'opera di Marx ed Engels. Il criterio che li conduce a riconoscere l'Irlanda come una nazione storica non è di ordine economico, ma essenzialmente politico. Il loro punto di partenza sta nella comprensione della volontà del popolo irlandese di diventare una nazione indipendente. In Irlanda, il nazionalismo si è affermato sempre più fortemente in relazione diretta con il processo di denazionalizzazione condotto dall'imperialismo britannico. Questo processo determinava non solo la spoliazione economica dell'isola, ma si spingeva fino a una reale assimilazione linguistica degli Irlandesi che abbandonavano la lingua gaelica per parlare inglese. Engels scriveva a questo proposito: "Dopo la più feroca repressione, dopo ogni tentativo di sterminio, gli Irlandesi riprendevano vita e si risollevavano, come se traessero la loro forza direttamente dalla presenza delle forze militari che erano state loro imposte per opprimerli". In questo caso, il concetto di nazione non era definito secondo criteri oggettivi (economia, lingua, territorio ecc.) ma si fondava piuttosto su un elemento soggettivo;: la volontà degli Irlandesi di liberarsi essi stessi dalla dominazione britannica. Questa concezione, nella quale è difficile trovare un qualsiasi indizio di "riduzionismo economico" insisteva al contrario sull'importanza dell'identità nazionale e della sua interiorizzazione. Nel 1939 Trotsky adottava lo stesso metodo, in una discussione con C.L.R. James sulla questione dei neri d'America, argomentando che "al proposito un criterio astratto non è decisivo, ma che sono più importanti la coscienza storicha, i sentimenti e le aspirazioni di un gruppo". In realtà, le due principali interpretazioni marxiste del fenomeno nazionale ­ da un lato la teoria economico-determinista di Kautsky e Stalin, e dall'altro la teoria storico-culturale di Bauer e Trotsky ­ hanno ambedue origine nell'approccio marxista classico, un approccio secondo cui lo stato incompiuto e amorfo permette uno sviluppo sia evoluzionista lineare, sia dialettico.Nel suo tentativo di provare che le concezioni di Marx non sono né frammentarie né incomplete ­ ma costituiscono un tutto sistematico e coerentemente evoluzionista - Nimni pretende che il suo (e quello di Engels) "postulato teorico fondamentale" era che "ogni Stato nazionale" è "indissolubilmente legato all'universalizzazione del modo di produzione capitalistico e all'egemonia della borghesia". Questa concezione spiega secondo lui "il risoluto sostegno [di Marx ed Engels] al diritto all'autodeterminazione di irlandesi e polacchi" e nello stesso tempo, il modo assai duro con il quale tratta gli "Slavi del Sud". Ora, ben lontano dal sostenere gli irlandesi per via dell' "egemonia borghese", Marx si felicitava del fatto che i Fenians, forza egemone nella lotta contadina e nazionalista irlandese, fossero "caratterizzati da una tendenza al socialismo (in senso negativo, diretto contro l'appropriazione della terra)". Le ragioni del sostegno al nazionalismo polacco, e per contro il non appoggio ai movmenti simili in Serbia e Boemia, non si fondava su basi economiciste ("l'universalizzazione dell'economia capitalistica") ma esclusivamente politiche: il movimento nazionalista polacco era antizarista, mentre gli altri erano secondo Marx manipolati dallo zarismo. Nel caso degli Slavi del Sud si può affermare che la sua posizione politica era sbagliata. Ma non si può provare che questo orientamente era il risultato logico di una concezione "evoluzionista" e "eurocentrica" (sia detto per inciso, perché la Polonia dovrebbe essere considerata come più "europea" che, ad esempio, la Boemia?) e ancor meno dell' "epistemologia classica del marxismo". (continua)

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