martedì 15 luglio 2008

CACCIA GROSSA!


Cacciatore di mafiosi
Mondadori, 2008, 17,50 euro
Storie di morte.

Racconti efferati di torture e omicidi.

Storie di uomini d'onore, di vittime.

Vittime di mafia, innocenti, eccellenti.

Storie di latitanti e di cacciatori.

Cacciatori di mafia.

Ma come si dà la caccia a un mafioso?

Facendogli terra bruciata intorno. Mesi, anni di appostamenti , di intercettazioni telefoniche, imboscate. Tutto questo è raccontato come un romanzo nel libro di Alfonso Sabella. E' lui il Cacciatore di mafiosi. Per molti anni magistrato inquirente a Palermo, al tempo del pool antimafia guidato da Giancarlo Caselli, ha personalmente condotto alcune delle indagini più complesse di quel periodo: ha catturato Bagarella e Brusca, ha visitato le camere della morte, dove avvenivano le torture e le uccisioni più cruente come quella del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito Santino, sequestrato e sciolto nell'acido per convincere il padre a ritrattare. Sabella ha raccolto i racconti in dialetto stretto di pentiti maggiori e minori, ma, soprattutto, ha accumulato una enorme riserva di storie. Storie a tratti grottesche, quando le gesta dei mafiosi si ispirano ai modelli dei film e della televisione. Soprattutto, storie vere, raccontate con uno stile diretto e incalzante, che ci fanno vivere in prima persona i drammi, le delusioni e i trionfi di un magistrato che ha fatto finire in carcere un centinaio di mafiosi. Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca, Pasquale Cuntrera. Nomi famosi, nomi che restano scolpiti in modo indelebile nella memoria di tutti perché rappresentano la mafia delle stragi dell'estate del 1992, dell'uccisione di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Francesca Morvillo e gli uomini e le donne di scorta. Catturare uomini del calibro mafioso di Totò Riina e Bernardo Provenzano - spesso latitanti per anni, nascosti tra le pieghe di una Sicilia prima e di una Palermo poi che ancora oggi cerca faticosamente il suo riscatto in un territorio che spesso sfugge ancora al controllo dello Stato - è un'impresa investigativa di grande difficoltà. Si tratta di saper parlare con i pentiti e ai pentiti, conoscere il modo di ragionare dei mafiosi, muoversi tra la criminalità comune, le donne dei capimafia e alcuni spietati assassini. Sabella ci accompagna in una Sicilia con le sue storie con tutta la violenza delle guerre di mafia di cui fanno le spese spesso anche molti innocenti. Ino Corso è un palermitano il cui nome, nei dossier dell'antimafia, non figura ancora. A tirarlo in ballo è l'uomo che ha premuto il telecomando della strage di Capaci, Giovanni Brusca. In un interrogatorio condotto proprio da Sabella, il mafioso e il pentito hanno un obiettivo comune: la cattura di Pietro Aglieri, capomandamento ai vertici di Cosa nostra. "Tempo fa", esordisce Brusca sforzandosi di ricordare dettagli utili a identificare i fiancheggiatori di Aglieri, "Bernardo Provenzano ha raccomandato a Bagarella un certo Ino Corso per un palazzo che questi e i suoi familiari dovevano costruire nella zona della Noce". La triangolazione Corso-Bagarella-Noce non è casuale, racconta Sabella; "seguendo questo anonimo titolare di un autosalone di Palermo, arriviamo alla cattura di Aglieri, scovato in un edificio alla periferia di Bagheria dove era riuscito a realizzarsi una piccola cappella con tanto di altare". Il lucido racconto accompagna il lettore dentro i dettagli della fine della latitanza di Aglieri e il lavoro certosino del magistrato che negli anni Novanta ha contribuito alla cattura dei più pericolosi boss di Cosa nostra. Il racconto traccia anche lo sdegno e l'inquietudine troppo spesso vissuta dal magistrato e dalle centinaia di poliziotti e carabinieri impegnati nella difficile caccia ai boss in fuga dalla legge. Cacciatore di mafiosi ad un tratto diventa un manuale che svela trucchi, segreti, intuizioni e metodi investigativi che durante gli anni Novanta hanno fatto finire in galera boss e capicosca per anni inafferrabili. Scrive Maria Falcone in occasione di un ricordo della strage di Capaci: "Di uomo in ragazzo, di padre in figlio. Bisogna che chi ha vissuto profondamente il dolore di una perdita ingiusta, trovi forza e coraggio per salire su un palco e, col microfono, guardando negli occhi giovani vite, racconti a gran voce che quello che è stato non solo non deve più accadere, ma non deve mai essere rimosso, sacrificato, perso di vista". I curatori del libro, oltre al magistrato, sono Francesco Vitale e Silvia Resta. (Sabrina Turco)

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