martedì 19 agosto 2008

CHE COS'E' IL VERO AMORE?

Taormina,2008,primavera(foto di Orazio Vasta)
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"RICORDATI DI GUARDARE LA LUNA" (di Nicholas Sparks)
<<...Lenoir, 2006
Che cos’è il vero amore?
C’è stato un tempo in cui credevo di conoscere la risposta: significava amareSavannah con tutto me stesso e che avremmo passato la vita insieme. Non sarebbestato difficile. Una volta lei mi disse che la chiave della felicità stava nell’avere sognirealizzabili, e i suoi non erano niente di straordinario. Il matrimonio, la famiglia..., lecose basilari. Un lavoro stabile da parte mia, una casa con il giardino, e unamonovolume o un SUV per portare i bambini a scuola o dal dentista, oppureall’allenamento di calcio o alle lezioni di pianoforte. Due o tre figli, non si esprimevamai con precisione in proposito, ma io avevo la sensazione che, quando fosse giunto ilmomento, avrebbe proposto di lasciar fare alla natura e di affidare a Dio la decisione.Era così — religiosa, intendo — e suppongo questa sia stata una delle ragioni che mihanno fatto innamorare di lei. Ma qualunque cosa ci avesse riservato il destino, miimmaginavo sdraiato a letto al suo fianco alla fine della giornata, mentre parlavamo eridevamo stretti tra le braccia l’uno dell’altra.Non è chiedere troppo, giusto? Quando due persone si amano davvero. Lo pensavoanch’io. E una parte di me vorrebbe ancora credere che sia possibile, anche se so chenon succederà. Quando me ne andrò di nuovo da qui, non tornerò più.Per il momento, tuttavia, me ne sto seduto sulla collina che domina la fattoria, inattesa che lei compaia. Naturalmente non potrà vedermi. Nell’esercito ti insegnano amimetizzarti con l’ambiente, e io ho imparato bene, perché non avevo nessunaintenzione di crepare in mezzo al deserto iracheno. Ma ho dovuto tornare in questapiccola cittadina di montagna del North Carolina per capire quello che è accaduto.Quando metti in moto qualcosa, provi un senso di disagio, una sorta di rimpianto,finché non scopri la verità.Comunque, di una cosa sono sicuro: Savannah non saprà mai che oggi sono stato qui.È triste il pensiero che lei sia così vicina eppure irraggiungibile, però ormai abbiamopreso strade diverse. Non è stato facile per me accettare questo semplice fatto, perchéun tempo le nostre storie erano una sola, ma succedeva sei anni e due vite fa.Entrambi abbiamo i nostri ricordi, è vero, ma ho imparato che i ricordi possonoassumere un aspetto fisico, quasi reale, e anche in questo Savannah e io siamo diversi.Se i suoi sono le stelle nel cielo notturno, i miei sono il vuoto spettrale tra di esse. E adifferenza di lei, sono stato tormentato dagli interrogativi che mi sono posto migliaiadi volte da quando ci siamo lasciati. Perché l’ho fatto? E lo rifarei?In effetti, sono stato io a scrivere la parola fine.Le foglie sugli alberi intorno a me hanno appena cominciato la loro lenta mutazioneverso il colore del fuoco e ardono alla luce del sole che sta spuntando all’orizzonte.Gli uccelli hanno iniziato il loro canto mattutino e l’aria è pervasa dall’odore di resinae di terra, che non assomiglia a quello di salsedine della mia città natale. Dopo un po’la porta d’ingresso si socchiude, e allora la vedo. Nonostante la distanza che ci separatrattengo il respiro mentre la guardo uscire nell’alba. Solleva le braccia stirandosiprima di scendere i gradini e dirigersi verso il lato dell’edificio. Più in là il pascolobrilla come un oceano verde e lei oltrepassa il cancello. Uno dopo l’altro i cavallinitriscono in segno di saluto e il mio primo pensiero è che Savannah sia troppo piccola per muoversi con tanta disinvoltura in mezzo a quegli animali. Ma è sempre stata a suo agio con loro. Cinque o sei, per lo più cavalli da tiro, brucano l’erba vicinoalla staccionata e Midas, il suo arabo nero con i garretti bianchi, se ne sta da solo in disparte. Una volta noi due abbiamo cavalcato insieme, fortunatamente senza gravi conseguenze, e mentre io mi aggrappavo con tutte le forze per non cadere, lei andavaa cavallo con la massima scioltezza, come se fosse in poltrona a guardare la TV. Oradedica un momento a Midas. Gli strofina il muso sussurrandogli qualcosa, gliaccarezza i fianchi e, quando infine entra nella stalla, lui drizza le orecchie seguendolacon lo sguardo.Riappare con due secchi di avena. Li appende ai paletti dello steccato e subito un paiodi cavalli si avvicinano trotterellando. Lei si sposta per far loro spazio e i suoi capelli si agitano nella brezza.

Poi prende i finimenti e, mentre Midas mangia, lo sella e pochiminuti dopo lo conduce fuori dal pascolo, verso i sentieri nel bosco. È identica a seianni fa. So che non è vero — l’anno scorso l’ho osservata da vicino e ho notato leprime minuscole rughe intorno agli occhi — ma la lente attraverso cui la vedo me lamostra immutata. Per me avrà sempre ventun anni, e io ventitré. Allora ero di stanzain Germania, dovevo ancora andare a Falluja o Bagdad e ricevere la sua lettera cheavrei letto alla stazione ferroviaria di Samawa nelle prime settimane della campagna;dovevo ancora tornare a casa e vivere gli avvenimenti che avrebbero cambiato il corsodella mia vita.Ora, a ventinove anni, mi meraviglio a volte delle scelte fatte. L’esercito è diventatola mia famiglia. Non so se esserne scocciato o lusingato; in genere passo da unasensazione all’altra, a seconda dell’umore della giornata. A chi mi chiede rispondoche sono una recluta, e lo penso davvero. La mia base è sempre in Germania, homesso via forse un migliaio di dollari e sono anni che non esco con una ragazza. Non faccio più surf, nemmeno quando sono in licenza, ma nei giorni liberi inforco la miamoto e viaggio su e giù, senza una meta. La Harley è l’unico lusso che mi sia maiconcesso, anche se mi è costata un patrimonio. È adatta a me, visto che mi sonotrasformato in una specie di lupo solitario. La maggior parte dei miei compagni si ècongedata, ma io probabilmente sarò rispedito in Iraq entro un paio di mesi. Almeno queste sono le voci che circolano alla base. La prima volta che incontrai SavannahLynn Curtis — per me, lei si chiamerà sempre così — non avrei mai immaginato chela mia esistenza avrebbe preso la piega che ha ora, né che avrei fatto carrieranell’esercito.Tuttavia, è proprio quell’incontro a rendere tanto strana la mia vita adesso. Mi sonoinnamorato di lei mentre eravamo insieme e poi ancora di più durante gli anni in cuisiamo stati separati. La nostra storia si divide in tre: un inizio, una parte centrale e unafine. E sebbene sia questo il naturale svolgimento di tutte le storie...>>.

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