Mario,il figlio del commissario ucciso dai terroristi nel 1972 ripercorre la morte del genitore. E trentacinque anni di colpevole silenzio. Quel 17 maggio 1972, quando suo padre Luigi Calabresi venne ucciso da un commando di Lotta Continua con due colpi di pistola alle spalle per "vendicare" la morte dell’anarchico Pinelli, Mario aveva due anni. Quei giorni in lui sono legati ad alcune immagini: la madre che, specchiandosi in una vetrina, come in un presagio si vede improvvisamente nei panni di una vedova; il padre che prima di uscire si pettina il ciuffo e si cambia la cravatta per indossarne una bianca, "il colore della purezza". E poi la donna delle pulizie che arriva in ritardo perché, dice, hanno sparato a un commissario. A distanza di molti anni il figlio, ora giornalista, ha rievocato quel momento e gli anni, durissimi, che sono seguiti, riflettendo su quanto da allora è accaduto, dentro di lui, nella sua famiglia, nella Repubblica e in tutti noi. Ne è uscito un libro bellissimo, tanto sereno quanto fermo nel condannare una memoria pubblica incapace di risarcire il "naufragio" delle famiglie vittime del terrorismo. In una voragine simile si può sprofondare per sempre, oppure, come ha fatto Mario Calabresi, si può spingere la notte più in là. Ricostruendo la memoria e ritrovando, oltre le insensate spirali dell’odio, la voglia di vivere, di fare.«Mario Calabresi parla dritto al cuore di ognuno di noi»:Corriere della Sera
«Ha davvero ridato vita alla memoria, non solo sua e della sua famiglia, ma di molti altri»: Il Sole 24 Ore
«Un libro serenamente pieno di dolore e di speranza»: La Stampa
«Non è il racconto di un omicidio ma la storia commovente di una donna e di tre figli che hanno saputo vincere la rabbia e il dolore»: il Giornale
«Un libro che dovrebbero adottare come testo obbligatorio»: L’espressso
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