sabato 7 giugno 2008

CATANIA:LA "BOMBA"MUSUMECI...

Il quotidiano catanese “La Sicilia” di oggi in edicola pubblica una lunga intervista di Andrea Lodato con il candidato sindaco Nello Musumeci. A rarika ve la propone nella versione integrale. "Per strada -dice Nello-mi fermano persone di ogni ceto sociale e di idee diverse: mi chiedono tutti un impegno straordinario per questa città". La candidatura a sindaco di Musumeci è sostenuta ufficialmente anche dal Partito del Sud...Una bella scossa a una campagna elettorale che sembrava un po’ spenta, per forza di cose, di numeri, di sondaggi, anche per la logica e per una presunta o presumibile coerenza e continuità nel voto. Nella corsa per la poltrona di sindaco di Catania il candidato del centrodestra, Raffaele Stancanelli, lo si dava per strafavorito, il suo competitor diretto, Giovanni Burtone del centrosinistra naturalmente in svantaggio. Ed in questo quadro anche la migliore delle ipotesi per i concorrenti della coalizione uscita trionfante dalle Politiche e dalle Regionali, cioè un eventuale ballottaggio, pareva sfumare sul nascere.
Poi l’incognita e l’irruzione sulla scena di Nello Musumeci, che alla Provincia chiudeva l’accordo con Castiglione, ma al Comune no. E decideva di correr da solo. L’incognita gettata in quella campagna che appena partita sembrava quasi arrivata al capolinea, i sondaggi che, nel giro di due settimane, hanno spiegato che con Musumeci in campo converrà esser più prudenti nel fare calcoli e tirare conclusioni. Ma la bomba, per la verità, non è arrivata né improvvisa né inattesa.
“No, direi proprio di no”. Nello Musumeci, seduto al tavolino di un bar sotto la sede di Confindustria racconta che cosa è successo cosa è successo in quei giorni e in quelle ore decisive. Lo interrompono ogni due minuti sconosciuti passanti, per fargli gli auguri ed in bocca al lupo. Musumeci piace, non c’è che dire. Il che può non significare nulla o poco in termini di consenso, ma che, intanto, abbia un forte appeal è un fatto. Lui ringrazia. La signora della Catania bene che ha un nipote candidato “con gli altri”, ma promette il voto a Nello. E il pensionato che “non la penso mica come lei, ma mi piace”.
“Ne incontro a decine – spiega sorridendo Musumeci – in ogni angolo della città, gente di ogni ceto sociale. Credo che mi vogliano bene davvero”. Quando sorride dicendo queste cose Musumeci sa di usare forme condizionali al posto di certezze giusto per non apparire spaccone. Invece ci crede, eccome. Ma allora, era o nell’aria la sua candidatura?
“Si – riattacca da dove aveva lasciato – direi già da quando Umberto Scapagnini aveva fatto capire che si sarebbe dimesso per puntare ad un seggio a Roma, in molti ambienti si era cominciato a fare il mio nome. Ed erano anche partite alcune sollecitazioni informali, la richiesta di una eventuale disponibilità. Vorrei ricordare che già nel 2000, prima del voto per le Amministrative, un sondaggio mi accreditava come il politico più popolare e credibile per i catanesi. Allora Gianfranco Miccichè mi chiese se avevo voglia di provare l’avventura al Comune, dimettendomi dalla Provincia. Dissi di no, perché non volevo tradire i miei elettori. Accadde la stessa cosa, lo ricorderete, nel 2005. Anche allora c’erano sondaggi straordinari per me, ricevetti forti pressioni per una mia candidatura. Ma per non correre il rischio di creare inutili fratture nel centrodestra si scelse una strada diversa. E feci il vice sindaco”.
C’entra questo, tutto questo, con il fatto che a poche dalla presentazione dei candidati al Comune e alla Provincia Nello Musumeci ha deciso di scendere in campo da solo? C’entra. Perché al di là delle polemiche, degli scambi di accuse e di ripicche con i suoi ex amici di An che oggi ignoreremo, Musumeci sentiva attorno a lui a livello personale un’atmosfera che prometteva, certo non che minacciava. Cioè, fatti adeguati conti e, forse, debiti scongiuri, Musumeci deve avere pensato che, andasse a finire come il destino voleva, stavolta doveva passare all’incasso e alla verifica della sua popolarità, non essendoci le condizioni per un’alleanza. E capire se il ricordo era ancora una carta da giocare. Perché di Musumeci i catanesi ricordano due mandati da presidente della Provincia, tanto per cominciare.
“Ricordano - dice Musumeci - un’amministrazione capace di decidere, di non piegarsi ai capricci e ai giochi dei partiti, ma anche un’amministrazione che viveva ed andava avanti in uno spirito di grande concertazione. C’era, dice ancora oggi qualcuno, un forte potere decisionale del Presidente. Credo che fosse proprio così, ma tutti penso concordino sul fatto che quella capacità di prendere decisioni non provocò mai un deficit di democrazia. Anzi, se possibile esattamente il contrario. Perché in tanti anni non avemmo mai uno sciopero alla Provincia e con tutti i sindacati, dico quelli di sinistra in maniera particolare, mantenemmo un rapporto di dialogo costante. E anche politicamente in dieci anni non ci fu mai un problema, uno screzio, una spaccatura, un’incomprensione seria all’interno della nostra maggioranza. Ricordo questo perché a quella stabilità, a quel decisionismo, a quell’assumersi anche il peso di scelte e decisioni pesanti si lega il ricordo sempre vivo nei catanesi di una buona amministrazione. Che rispettò rigorosamente tutti i cittadini, senza guardare, ovviamente, a chi aveva scelto Musumeci e a chi aveva votato per altri candidati. Ecco perché il mio governo alla Provincia, così come quello di Enzo Bianco al Comune che era di tutt’altro colore, vengono ricordati come la primavera di Catania”.
Questo è il passato, tempo che Musumeci con la sua lista prova a volgere al presente e coniugare domani al futuro. Punta sul voto disgiunto, l’unica arma che può traghettarlo al ballottaggio. Per questo continua a stringere mille mani, ha un sorriso e una battuta per tutti, da viale Vittorio Veneto e corso Italia, centro chic della città, alla Pescheria, ai mercati popolari. Sorrisi, impegni. “Promesse no, se non quelle di continuare ad essere quello di sempre” spiega. Quello che, ricorda anche questo, per coerenza e serietà senza che gli fosse richiesto, si dimise dopo tre mesi da vice sindaco della giunta Scapagnini dopo aver lasciato il suo partito, Alleanza Nazionale.
“Sentii in quel momento di dovere fare quella scelta, anche se stavo in giunta non perché lo avesse voluto il mio partito, ma per una precisa indicazione di Silvio Berlusconi. Ancora oggi qualcuno mi dice che, secondo lui, sbagliai ad andarmene, perché sarei stato naturalmente il candidato sindaco del dopo Scapagnini. Scusate, rispondo, per me di naturale c’è rispettare la mia storia, la mia onestà, quella che la gente mi riconosce, la mia coerenza, non i percorsi tortuosi e per i cittadini spesso giustamente incomprensibili della politica, delle scelte verticistiche, delle imposizioni piovute dall’alto”.
Musumeci lo dice di sfuggita, ma proprio quell’uscita dalla giunta, in fondo, oggi può utilizzare come un jolly. Perché se dice che “Catania vive uno dei momenti più difficile dei suoi ultimi sessant’anni, è una città in costante regresso, sempre più vecchia ed impoverita”, è chiaro che muove critiche nemmeno velate all’amministrazione da cui se ne andò senza sbattere la porta, in silenzio e con discrezione, ma senza rimpianti.
“Oggi le finanze comunali sono al collasso, interi quartieri al buio, la disoccupazione dilagante, il disagio sociale crescente, i servizi pubblici scadenti. Ma io dico che la rinascita è possibile”. Ovviamente a determinate condizioni. Saluta, Musumeci, l’ennesima persona che si ferma ed interrompe intervista e caffè. “Signora mia, certo che possiamo uscire da questa crisi - spiega paziente. Ma ci vuole un’amministrazione che sia onesta, efficiente, che abbia esperienza, senso delle istituzioni e rispetto per il cittadino. Signora, ma lei se lo ricorda...”.
E’ un ritornello, la risposta è sì. Ora manca una settimana, poi Musumeci saprà, e con lui la città, se davvero la sua discesa in campo sarà servita a dare una scossa alla campagna elettorale e di che grado potrà essere l’eventuale sisma. Lui sorride, finisce il caffè, e si tuffa nell’assemblea di Confindustria. Si ricomincia.
Andrea Lodato
Tratto da "La Sicilia" del 7 giugno 2008

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