mercoledì 1 ottobre 2008

IL FRUTTO DELL'IPOCRISIA

Di Joseph Stiglitz* - da the Guardian del 1 ottobre 2008.
La disonestà nel settore finanziario ci ha trascinati fin qui, e Washington sembra male equipaggiata a superare la crisi .
Case fatte di carta, polli che tornano ad appollaiarsi al coperto – ecco il clichè. Il nuovo picco negativo nella crisi finanziaria, che mostra notevoli similitudini con il crollo di Wall Street del 1929, è il frutto di uno schema disonesto da parte delle istituzioni finanziarie e di incompetenza da parte dei politici.
Ci siamo ormai abituati all'ipocrisia. Le banche rifiutano di ascoltare consigli che le potrebbero porre di fronte alla legge rimandando al mittente ogni misura antitrust che le aiuterebbe ad uscire dalla crisi – solo quando i problemi le colpiscono gravemente e improvvisamente, richiedono l'intervento statale: devono essere garantite; sono troppo grandi che non prendono nemmeno in considerazione l'eventualità di pòoter fallire.
Comunque stiamo imparando quanto ampia sia la rete di salvataggio. E un segno del limite delle Riserve Federali statunitensi e della volontà del Tesoro viene dimostrato dal collasso della banca di investimenti Lehman Brothers, uno dei nomi altisonanti di Wall Street.
Tuttavia il punto focale nella questione è rappresentato dal cosiddetto rischio sistemico: cosa fa estendere il collasso di un istituto bancario all'intero sistema?
Wall Street è sempre stata rapida ad affrontare i rischi sistemici – come ad esempio la crisi finanziaria messicana del 1994 – ma tuttavia è riluttante a permettere indagini sui suoi affari. La scorsa settimana il segretario del Tesoro statunitense, Henry Paulson, ha giudicato che per garantire il salvataggio dei giganti Fannie Mae e Freddie Mac ci fosse sufficiente capacità di assorbimento del rischio sistemico a differenza del caso Lehman.
L'attuale crisi deriva da un collasso catastrofico. Le banche hanno scommesso tra di loro e puntato grosse somme su risorse disponibili e prestiti. Complesse transazioni sono state preparate ad arte per muovere e contrattare risorse. In questo gioco non ci sono vincitori e sconfitti. E questa non è un bilancio a somma zero. Il bilancio è negativo. Appena la gente si risveglierà dall'incanto di fumo e di specchi messo su dal sistema finanziario, le perdite verranno; il mercato come un piombino andrà giù e tutti perderanno.
Il mercato finanziario è basato sulla fiducia e questa fiducia è stata erosa. Il collasso di Lehman è il simbolo evidente di un nuovo record negativo e il suo riverbero continuerà.
La crisi di fiducia si estende ben oltre il comparto bancario. Nel contesto globale la fiducia nei politici americani è in forte calo. Nel meeting del G8 di luglio tenutosi a Hokkaido (in Giappone, n.d.t) gli Stati Uniti hanno garantito che lo stato delle cose sarebbe andato al meglio. Le settimane successive non hanno fatto nient'altro che confermare ogni negativa percezione esperita dagli osservatori.
Quanto seriamente va preso il paragone con il crollo del 1929?
Molti economisti credono che si disponga di strumenti monetari e fiscali per evitare un collasso di tale portata. Inoltre, l'IMF e il Tesoro statunitense, congiuntamente alle banche centrali di molti paesi furono in grado di affrontare l ' operazione di salvataggio che seguì il disastro finanziario in Indonesia nel 1998. Inoltre, è difficile avere fiducia in una politica miope, incapace di prevedere l'erronea conduzione della della guerra in Iraq e la risposta all'uragano Katrina.
Se un'amministrazione è così sventata da trasformare una crisi in un'altra depressione questa è l'amministrazione Bush.
Il sistema finanziario ha fallito su due punti cruciali: gestione del rischio e allocazione del capitale. Il comparto industriale non ha fatto quello che avrebbe dovuto, ricercando soluzioni appropriate ad aiutare gli americani per affrontare rischi critici - come ad esempio rimanendo nelle proprie case quando gli interessi salivano o i prezzi delle abitazioni calavano – e ora dovrà mettere in campo notevoli cambiamenti nelle sue regole strutturali. Molte delle peggiori caratteristiche del sistema finanziario americano sono state esportate in tutto il mondo.
Tutto è stato fatto nel nome dell'innovazione e ogni iniziativa volta a regolamentare la situazione è stata tacciata di voler metter freno all'innovazione incombente.
Si è rinnovato molto, ma non nel modo che permetterebbe ad un'economia di diventare stabile e forte. Molti degli americani migliori hanno impiegato i loro talenti per raggirare gli standard e le leggi, posti per assicurare efficienza economica e sicurezza nel sistema bancario. Sfortunatamente hanno avuto buon gioco e noi tutti, proprietari case, lavoratori, investitori, contribuenti ne paghiamo il prezzo.
*J. Stiglitz è professore universitario alla Columbia University e vincitore del Premio Nobel per l'Economia nel 2001.

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