Anilda Ibrahimi, l'autrice di "Rosso come una sposa", si confessa e critica severamente l'Italia
Scritto da Sergio Bagnoli
ROMA- Una delle maggiori giovani letterate albanesi rivaluta in parte i tempi di Enver Hoxha e considera sbagliato che gli albanesi guardino all’Italia con ammirazione.
Il suo nome è Anilda Ibrahimi e viene da Valona dove è nata nel 1972. Dopo il crollo dell’economia del suo paese, successivo alla caduta del regime comunista di Enver Hoxha che aveva trasformato il piccolo paese d’oltre Adriatico in un’enorme cella d’isolamento, ha raccolto le sue povere cose e, come gran parte dei giovani albanesi, ha preso la strada dell’Italia.
Dotata di un naturale talento da scrittrice, poeta e giornalista è riuscita ad evitare le indicibili pene che la vita ha riservato a molte sue giovani compaesane, che o hanno visto infrangersi in un foglio di espulsione consegnato loro da un questurino qualsiasi ogni loro sogno italiano o ancora adesso sono vittime del pregiudizio italiano, e si è fatta strada. Dopo aver collaborato con un giornale in Svizzera, ha posto la sua dimora in Italia, a Roma dalle parti di Via Andrea Doria.
Pochi giorni fa ad una rivista letteraria ha rilasciato una sorprendente intervista in cui non solo rivalutava l’Albania di Hoxha, e criticava ferocemente l’Italia di oggi da lei definita cattiva e razzista, ma confutava gran parte delle idee che gli occidentali hanno sul modo di vita nel suo paese definendo quella albanese come un etnia evoluta e giungendo al paradosso di definire “il clima che si respirava nell’Albania della dittatura comunista non molto diverso da quello che si respira nell’Italia berlusconiana”.
Durissima con il nostro paese e con la comunità occidentale in genere, Anilda è tra l’altro membro del Consiglio nazionale italiano per i rifugiati, la scrittrice tosca afferma che l’Europa occidentale ha sottovalutato nel passato, e tuttora sta continuamente sottovalutando, la ferocia dei popoli dei Balcani occidentali e questo atteggiamento danneggia notevolmente l’immagine del suo popolo sia esso residente nei confini patri che in Kossovo od in Macedonia. Famosa in Italia per il romanzo “Rosso come una sposa” ambientato nell’Albania ottomana ed islamica di inizio novecento, nell’intervista concessa alla rivista letteraria Anilda si lascia andare ad affermazioni a dir poco stucchevoli, affermando che comunque l’isolazionista comunismo albanese di Enver Hoxha ha donato alla società albanese alcuni indiscutibili valori etici che altrove il capitalismo non ha portato. Il comunismo di Hoxha non è stato sanguinario e feroce come quello romeno di Ceausescu e ciò, secondo Anilda ed anche secondo molti albanesi, anche perché l’indole del suo popolo è profondamente diversa.
Per la scrittrice durante la dittatura poi la condizione dell’albanese medio era certamente migliore di quella dell’italiano medio di oggi.
“Tutti erano proprietari della casa in cui abitavano e la protezione sociale raggiungeva livelli vicini a quelli del Nord- Europa” ha detto la Ibrahimi che poi ha sottolineato come la condizione della donna albanese non fosse per niente subalterna come si tende a credere. L’osservanza del Kanun infatti sarebbe, secondo l’intellettuale del “paese delle aquile”, limitata solamente ad alcuni luoghi di montagna attorno a Scutari nel nord ghego.
L’intervista della scrittrice albanese ha suscitato molte polemiche sia in Italia che in Albania.
“Se davvero si stava così bene in Albania, perché allora più di trecentomila albanesi sono in vent’anni scappati in Italia, senza contare i clandestini che hanno alimentato il traffico della droga e della prostituzione” si chiedono polemicamente tanti italiani.
Le organizzazioni non governative albanesi sono ancora più severe e se, da una parte, con sommo disprezzo, preferiscono omettere ogni commento circa quanto detto dalla loro illustre compaesana, dall’altra confermano che, con la caduta del regime comunista, l’Albania è regredita ad uno stato primordiale, specialmente se si considera la questione femminile.
Gente come Flutura Xhabija, la presidentessa dell’Associazione delle donne imprenditrici albanesi, non ha esitato a definire l’Albania “il paese balcanico che meno sostiene l’impresa al femminile, tanto che non esiste neanche un sistema di credito facilitato come altrove”.
La situazione delle donne non può che definirsi preoccupante. Moikom Zeqo, archeologo, etnologo e antropologo albanese ha detto: “E’ assurdo vedere una tale inferiorità della donna, proprio nel paese dove le donne avevano il diritto di parificarsi agli uomini anche secondo il diritto tradizionale delle montagne, persino nei tempi più oscuri, quando il maschilismo era l’unico a dettare legge”.
Un’involuzione dunque quella della società albanese, risalente forse ai tempi in cui il piccolo stato mediterraneo fu invaso dai turchi.
Una situazione largamente deficitaria quella di Tirana sotto il profilo sociale ma che invece Anilda ha tentato disperatamente di rovesciare nella sua intervista.
In molti strati della comunità albanese residente in Italia sta crescendo infatti un senso di disagio e di acrimonia verso il paese ospitante accusato di non aver fatto nulla per aiutare Tirana ad entrare in Europa prima di altre nazioni come Romania e Bulgaria.
E’ una guerra tra poveri ma dimostra come l’attuale crisi economica abbia gettato gli albanesi immigrati in Italia nel terrore. Secondo la Bossi- Fini infatti un albanese, cittadino extra- comunitario, una volta licenziato per evitare l’espulsione dovrebbe trovare un altro lavoro entro sei mesi, non così un romeno od un polacco, cittadini comunitari a tutti gli effetti.
Questo è quanto gli albanesi non accettano.
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Fonte:http://www.albanianews.it/
mercoledì 5 novembre 2008
La scrittrice Anilda Ibrahimi:"E' sbagliato che gli albanesi guardino all’Italia con ammirazione"
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2 commenti:
Ciao Orazio.Sono kosovara ma vivo in Albania a Tirana. Volevo dire che con Enver Hoxha al potere ci sono stati uccisi migliaia di albanesi.Non si può dire che la dittatura comunista di Hoxha era buona e quella di Romania era cattiva! No!
Sono contenta di tua pubblicazione articolo di Albania news,così capiscono meglio voi e capiamo di più noi.Grazie anche per quello che fai per la mia Kosova.
Tanti saluti da Jana e che il Signore tio benedica.
Ciao Orazio, sono albanese e vivo in Italia; veramente l'autrice di Rosso come una sposa non ha mai paragonato la dittatura di Hoxha con quella di Romania!!! Ti mando il link di Mangialibri, cosi potete leggere in originale , quello che ha detto la signora Ibrahimi. Mi dispiace per queste interpretazioni (libere) del autore dell'articolo, non so cosa pensare anche perchè Anilda Ibrahimi nel suo libro descrive il comunismo feroce e isolato di Hoxha. (vi facci taglia e incollla di un pezzo di quello che dice Anilda:Una domanda diretta: come si sta adesso in Albania? C'è l'agognata libertà o è solo una trovata pubblicitaria del governo?
Risposta:L'Albania è un paese libero e democratico, almeno nel senso in cui gli italiani usano queste parole. La dittatura è caduta nel 1991 e - ripeto - non ha più senso parlare di comunismo. Almeno in Europa, dopo il muro di Berlino e la morte di Ceaucescu le cose sono cambiate in fretta per tutti gli altri paesi. Spero che la ricchezza del paese non si concentrerà come in Italia che è un paese polarizzato dove per il gap tra ricchi è poveri è il sesto paese più squilibrato dell'OSCE. Spero anche che abbia una classe dirigente diversa da quella italiana. Ecco per voi il link:http://mangialibri.com/?q=node/3064
Queste sono cose gravi, vi prego andate a vedere la differenza di quello che scrive Sergio e quello che dice Anilda.
Grazie
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