mercoledì 19 marzo 2008

LA QUESTIONE NAZIONALE/4 (vista da Marx e Engels)

4. Per ciò che riguarda la teoria dei "popoli senza storia", l'argomentazione di Nimni contiene una contraddizione fondamentale: egli scrive che questa teoria "origina chiaramente" da "l'epistemologia marxista classica" e dalla sua visione dei "processi universali di trasformazione sociale". Nonostante ciò, due pagine più avanti, egli osserva che questa concettualizzazione hegeliana è "in contraddizione diretta con una concezione storico-materialista della storia". Egli considera ugualmente strano di trovare tali "speculazioni idealiste nei lavori dei fondatori del materialismo storico". Non approviamo assolutamente quest'ultima tesi, ma essa è evidentemente incompatibile con la prima.L'altro problema risiede nel fatto che Nimni attribuisce con insistenza a Marx le stesse concezioni di Engels riguardo ai "popoli senza storia" non portando che pochi elementi a sostegno di questa asserzione.Esaminiamo la sua argomentazione.a) È "impensabile" che Marx ed Engels "siano in disaccordo su un punto così fondamentale". Salvo che questa affermazione elude la domanda! Non esiste alcun elemento che mostri che Marx fosse in accordo o disaccordo con questa teoria (o che si sia preoccupato di prendere posizione su tale argomento): il fatto è che egli non l'ha utilizzato nei suoi scritti. Diventa di conseguenza arbitrario attribuirgli tali posizioni. Svariati ricercatori e filosofi marxisti hanno messo in evidenza le differenze tra Marx ed Engels, senza che ciò implichi necessariamente un disaccordo esplicito. Non c'è dunque alcuna ragione che questo sia "impensabile" rispetto alla questione nazionale.b) "Marx si è ugualmente lasciato andare a definizioni offensive verso parecchie comunità nazionali non appartenenti all'Europa occidentale". Ha usato un "linguaggio infamante" e dato prova "d'impazienza e d'intolleranza riguardo alle minoranze etniche". Come esempio, Nimni cita qualche osservazione su Spagnoli, Messicani e Cinesi. In effetti, nessuna di queste nazioni è una "minoranza etnica". In più, né Marx né Engel le hanno mai qualificate come "senza storia" (sono nazioni che possedevano già uno Stato). Infine, gli Spagnoli non sono ­ sia in senso geografico che storico ­ una nazione "piccola" o "non occidentale"!Ancora, Nimni isola completamente dal suo contesto la citazione sulla Cina: lontano dall'essere insultante verso la Cina, l'articolo citato predice che "la prossima sollevazione di popoli europei potrà dipendere ben di più da quello che sta succedendo nell'Impero Celeste ­ il vero contrario dell'Europa ­ che da ogni altra causa politica attualmente esistente Si può predire senza troppo rischiare che la rivoluzione cinese getterà una scintilla sul barile di polvere del sistema industriale attuale e provocherà l'esplosione di una crisi generalizzata che matura da molto tempo e che, estendendosi, sfocerà in rivoluzioni politiche sul continente europeo". Lontano dall'essere "eurocentrista", questa previsione ­ ahimé totalmente inesatta come altre numerose predizioni esageratamente ottimiste di Marx e dei suoi discepoli ­ è sorprendentemente vicina al "terzo-mondismo" degli anni 1960.È vero che Marx definisce spesso la nazione cinese come "semibarbarica"; ma allorquando scrive nel 1858 sulla guerra dei cinesi contro l'imperialismo britannico, nota che questa nazione "si atteneva al principio della moralità" ed era "confortata da motivazioni etiche" (il rifiuto di accettare il traffico di oppio), mentre "i rappresentanti dell'irresistibile società moderna si battono per il privilegio di acquistare sul mercato meno caro e di vendere su quello più redditizio".Non c'è dubbio che sia possibile trovare tanto in Marx che in Engels ogni sorta di "osservazioni sprezzanti" verso molte nazioni; è ugualmente vero che la loro corrispondenza contiene qualche spaventosa espressione, come l'infame formula di "negro ebreo" indirizzata a Lassalle. Ma noi siamo convinti che non si può trarre una "teoria" da tutto questo, in particolare sapendo che le grandi "nazioni storiche" (Francia, Germania, Inghilterra) ricevono anch'esse la loro parte di "osservazioni denigranti".È ugualmente vero che è possibile trovare, in certi scritti di Marx dei decenni 1840 e 1850, un giudizio molto negativo sulle nazioni degli Slavi del Sud. Tuttavia questo atteggiamento non è connesso in modo organico a una qualsivoglia filosofia "evoluzionista, economicista ed eurocentrica" ma è piuttosto il prodotto ad hoc del suo ossessivo timore della contro-rivoluzione zarista e della strumentalizzazione del panslavismo da parte dello Zar. Non appena le prospettive rivoluzionarie cominceranno a materializzarsi in Russia (dopo il 1870) questo giudizio negativo scompare completamente dai suoi scritti. (CONTINUA)

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