martedì 11 marzo 2008

LA QUESTIONE NAZIONALE,APRIAMO UN DIBATTITO

Sul tema tanto attualissimo della "Questione nazionale",questo blog, apre un dibattito senza censure o autocensure.E inziamo con Michael Lowy: "Non possiamo considerarci marxisti senza sostenere in Francia il diritto all'autodeterminazione dei Kanaki della Nuova Caledonia, in Israele quello dei Palestinesi, in ex-Jugoslavia quello degli Albanesi del Kosovo, in Iran, Irak, Siria e Turchia quello dei Kurdi". Noi aggiungiamo il diritto all'autodeterminazione dei Sardi, dei Baschi,dei Siciliani,dei Gallesi,dei Sudtirolesi,dei Nativi americani,dei Liguri...Di Michael Löwy, pubblichiamo(a puntate)un interessante approccio critico alla teoria di Marx ed Engels sulla questione nazionale:
1. La maggior parte degli storici (marxisti o no) sottolineano l'incompletezza e i limiti degli scritti di Marx e Engels sulla questione nazionale. La critica della teoria di Engels sulle "nazioni senza storia" una critica formulata per la prima volta all'inizio del secolo da Otto Bauer, nell'opera monumentale Die Nationalitäutenfrage und die Sozialdemokratie (1907), poi sviluppata in modo più sistematico e rigoroso dallo storico marxista ucraino Roman Roldolsky dopo la Seconda Guerra mondiale è oggi definitivamente acquisita dalla letteratura marxista contemporanea sulla questione nazionale. In generale, gli storici marxisti tendono a considerare la questione nazionale come una delle principali lacune della costruzione teorica di Marx e Engels e hanno analizzato in particolare il concetto di "popoli senza storia" (geschichtlosen Völker) in quanto contraddittorio alla base con i fondamenti del marxismo.Tuttavia, opponendosi a questo punto di vista, Ephraim Nimni, un ricercatore marxista nord-americano noto per i suoi lavori sulla questione nazionale, ritiene che "Marx e Engels hanno una visione coerente della questione nazionale, anche se nel loro corpus non esiste un'opera specifica che esponga le loro teorie in proposito in modo diretto e esplicito". Secondo lui, questa coerenza si basa su tre "paradigmi" fondamentali del materialismo storico: 1° una teoria dell'evoluzione, cioè una visione della storia come "una successione di trasformazioni successive attraverso tappe universali e gerarchicamente definite"; 2° una teoria determinista cha analizza per mezzo di una specie di "riduzionismo economico"- tutte le modificazioni sociali come risultato automatico della crescita delle forze produttive; 3° infine, una visione "eurocentrica" del mondo che sarebbe conseguenza necessaria e inevitabile dei due primi "parametri teorici". Con queste premesse, il lettore potrebbe certamente pensare che questo studio miri ad una critica generale del marxismo; al contrario, alla fine dell'esposizione, ci si rende conto che Ephraim Nimni si ritiene marxista e si attribuisce un "materialismo storico" depurato dall'"eredità fuorviante del marxismo europeo". Comprendiamo le lodevoli intenzioni di Nimni, ma troviamo la sua attitudine assai contraddittoria. Se noi fossimo convinti che la teoria di Marx si fonda su una forma di evoluzionismo e di determinismo economico che sbocca inevitabilmente in una visione del mondo eurocentrica, saremmo certamente antimarxisti. In realtà, i paradigmi del saggio di Nimni rinviano ad una caricatura del pensiero di Marx e sarebbero più adeguati per caratterizzare le Weltanschauungen materialiste molto differenti elaborate da Kautsky, Plekhanov e Boukharine. Diversi scritti di Marx ed Engels, in primo luogo il Manifesto del partito comunista, contengono sicuramente aspetti di tendenze evoluzioniste o economico-deterministe nell'interpretazione della storia. Tuttavia, è totalmente sbagliato ridurre l'insieme del pensiero di Marx a una visione della società e della storia risultante dalle leggi naturali dello sviluppo delle forze produttive, o a una serie di tappe ricalcate sul modello europeo. Alcune osservazioni critiche di Nimni sono effettivamente pertinenti per esempio, quando constata che Marx ed Engels non avevano compreso i movimenti nazionalisti che non erano né desiderosi né in grado di stabilire uno Stato nazionale -, tuttavia la sua analisi resta troppo spesso estremamente unilaterale, esegue generalizzazioni a partire da passaggi isolati e tende qualche volta a presentare una caricatura che ha ben poca somiglianza con le idee di Marx.(continua)

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