mercoledì 12 marzo 2008

QUESTIONE NAZIONALE/2

2. "Alcuni passaggi del Manifesto del partito comunista possono essere letti come autentiche apologie del lavoro storico del capitalismo come distruttore dell'ordine feudale e, in generale di tutte le forme sociali arcaiche. Marx ed Engels attribuivano un carattere "rivoluzionario" al capitalismo in sviluppo all'esterno delle frontiere dell'Europa, in un periodo in cui essi consideravano che le condizioni per una rivoluzione socialista fossero mature a livello di continente europeo. In India, la Gran Bretagna avrebbe così da un lato distrutto la vecchia società e dall'altro asicuato i presupposti di uno sviluppo sociale moderno grazie all'industrializzazione del paese. Nel 1853, Marx definiva l'Inghilterra, forza motrice di questo cambiamento sociale, come "lo strumento inconsapevole della Storia". Nello stesso senso, Engels approvava l'annessione della California da parte degli Stati Uniti poiché, secondo la sua spiegazione "le industrie Yankees sarebbero più adeguate delle Messicane indolenti" per assicurare lo sviluppo economico della regione. Nel 1848, Engels salutava ugualmente come sottolinea Nimni la conquista francese dell'Algeria qualificandola come "un avvenimento felice per il progresso della civilizzazione". Evidentemente, è importante criticare e rifiutare queste dichiarazioni, ma sarebbe sbagliato e schematico considerare solo questi passaggi. In realtà, Marx ed Engels hanno spesso denunciato la mistificazione, profondamente radicata nella cultura eurocentrica della loro epoca e nell'ideologia imperialista, insita nel presentare le conquiste coloniali come "missioni civilizzatrici". Essi consideravano il capitalismo come un sistema che "trasforma ogni progresso economico in una calamità sociale". Erano affascinati dall'estensione del capitalismo a scala mondiale, ma contemporaneamente denunciavano le modalità barbare e violente con cui tale processo si realizzava. Per ciò che concerne la colonizzazione britannica dell'India, Marx comparava il "progresso umano" a un "terrificante idolo pagano che non desidera bere il nettare altro che nei crani degli assassinati". Nel 1857, in un articolo sull'Algeria scritto per l' Americana Encyclopedia, Engels denunciava "gli orrori e la brutalità" della "guerra barbara" condotta dai francesi contro "le tribù arabe e kabile per le quali l'indipendenza è un bene prezioso e l'odio per la dominazione straniera è l'imperativo primario della loro vita". Nel 1861 Marx paralva dell'intervento europeo in Messico come di una delle "più mostruose imprese degli annali della storia internazionale". Queste dichiarazioni, cui si può aggiungere il sostegno ai cinesi nel quadro delle "guerre dell'oppio" contro gli Inglesi, non hanno caratteristiche tipicamente eurocentriche!Allo stesso modo, l'interpretazione evoluzionista di Marx non può essere accettata poiché essa schematizza e impoverisce la complessità e la ricchezza del suo pensiero. Nimni riduce questa ricchezza a una celebre citazione dal Capitale che è divenuta un dogma del marxismo positivista della II Internazionale: "Il paese più sviluppato industrialmente mostra al paese meno sviluppato l'immagine del suo proprio futuro". All'inizio di questo secolo, l'"ortodossia" kautkista racchiudeva il pensiero di Marx nella gabbia d'acciaio dell'interpretazione evoluzionista. Il pensiero di Marx era a tal punto identificato con le interpretazioni social-darwiniste che il giovane Gramsci salutò la rivoluzione russa del 1917 come una "rivoluzione contro il Capitale". Tuttavia, questo passaggio in quanto tale non riflette affatto la totalità del pensiero di Marx. Quest'ultimo non ha mai preteso di trasporre meccanicamente a tutti i paesi le differenti tappe dello sviluppo dell'Europa occidentale comunismo primitivo, schiavismo, feudalesimo e capitalismo. E i suoi scritti sulle società pre-capitaliste costituiscono ipotesi per future ricerche piuttosto che incontestabili conclusioni. Nel caso della Russia, Marx considerava nel 1881-1882 la possibilità di una transizione diretta dell' obschina (la comunità contadina russa) al comunismo, senza dover passare attraverso tutte le "terribili vicissitudini" del capitalismo, a condizione che una rivoluzione contadina in Russia fosse accompagnata da una rivoluzione socialista in Europa. In una lettera inviata nel 1877 alla rivista russa Otchestvenie Zapiski, Marx metteva in guardia i lettori contro il pericolo di trasformare la sua "traccia della genesi del capitalismo in Europa occidentale" in una "teoria storico-filosofica dell'avanzata generale fatalmente valida per tutti i popoli, qualunque sia la situazione nella quale essi si trovino". Nel 1881, riconfermava questa preoccupazione in una celebre lettera a Vera Zassoulitch, nella quale presentava la comunità rurale tradizionale come il "punto di partenza per la rigenerazione sociale della Russia". I marxisti russi, guidati da Plekhanov per il quale l'idea di "saltare" lo stadio capitalista sembrava un'eresia populista, nascosero scrupolosamente questa lettera (non fu trovata e pubblicata che nel 1911 da Riazanov). E questo non è che un esempio delle tendenze anti-evoluzioniste meccaniciste presenti negli scritti di Marx". (continua)
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Tratto da PATRIES OU PLANÈTE? Di Michael Löwy, 1997, Editions Page Deux.

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