L’ECCIDIO di Pontelandolfo e Casaldunidi
Antonio Ciano da: “I Savoia e il massacro del sud” -
Grandmelò, ROMA, 1996
[...] A Pontelandolfo fremevano i preparativi per la fiera di San Donato.
Gli artigiani della zona, come ogni anno, si erano recati in massa nella cittadina sannita per vendere roncole, forche, borse, zappe, corbelle, cesti, panieri, funi.
I contadini dei paesi vicini, chi a piedi, chi con carretto, si stavano dirigendo verso Pontelandolfo per esporre i loro prodotti e fare qualche buon affare.
La fiera di San Donato era un’istituzione, permetteva scambi e conoscenze, permetteva di cantare e ballare, permetteva ai contadini di socializzare, ma quella del 1861 era ancora più importante.
I contadini aspettavano il ritorno di Francesco Il ed il ripristino del vecchio agognato regime.
Qualcosa stava per accadere, lo si sentiva nell’aria.
Chiamato dal sindaco Melchiorre, arrivò in città il colonnello della Guardia Nazionale De Marco a capo di una colonna di 200 mercenari.
Strada facendo i contadini lo invitavano ad andarsene, in quanto il generale Bosco stava marciando vittorioso su Benevento e Francesco II era prossimo a restaurare la sua corona.
Nei pressi della chiesa di San Donato gli andò incontro Don Epifanio De Gregorio. De Marco: - Pace e bene e prosperità ai Savoia.
De Gregorio: - Pace e bene al Regno delle Due Sicilie e ai suoi augusti sovrani.
De Marco, allarmato dalle voci che davano per imminente il ritorno dei Borbone, non infierì sul prelato e si diresse verso piazza del Tiglio, ove fece abbeverare i cavalli della sua truppa aspettando che arrivasse il sindaco a dargli il benvenuto.
De Marco era odiato dai contadini; dove passava con i suoi mercenari non cresceva più erba, razziava persino il fieno per i cavalli.
Appresso alla colonna infame del De Marco c’era sempre un carretto che serviva come cassaforte mobile della refurtiva.
Ad un certo punto, una cinquantina di guardie chiusero l’entrata della piazza mentre gli altri cominciarono, strada per strada, vicolo per vicolo, a razziare le case dei pontelandolfesi. Ma era rimasto ben poco da rubare, la gente era affamata.
A cotanta sfida e arroganza non poteva esimersi il sindaco Melchiorre dal far pubblica rimostranza e si avvicinò al colonnello dicendogli: ….., ma che stai combinando? Fa rientrare i tuoi uomini!
I partigiani sono nei dintorni e se la gente si ribella siamo fritti.
De Marco: - Senti, qui dobbiamo prendere tutto; la situazione sta precipitando.
Il Sud sta esplodendo, la reazione dappertutto è viva e pericolosa.
I borbonici stanno riorganizzandosi e non vi è provincia in cui non si hanno notizie di rivolta.
Dimmi dove possiamo stazionare questa notte, domani chiederò la tassa di guerra ai proprietari reazionari e chiederò altri uomini; se non me la danno andremo via.
Melchiorre: - Va bene, darò disposizione di farvi alloggiare nella chiesa di San Rocco, che è ricca di ori e argenti. Tu sai cosa fare.
Dobbiamo organizzarci e prepararci a qualsiasi evenienza.
Vado ad avvertire il delegato e l’architetto.
Intanto gli uomini di De Marco, dopo aver razziato collane, anelli, ori, bracciali e orologi, presero alloggio nella chiesa di San Rocco, che in un batter d’occhio venne saccheggiata. [...]
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fonte:partitodelsud.blogspot.com
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