domenica 24 agosto 2008

INTERVISTA AD "UN ORGOGLIOSO PATRIOTA DELLA ROMAGNA"

Ricevo dall'amico Romagnolo Bruno Castagnoli questo interessantissimo documento giornalistico,che pubblico integralmente. Ai Saluti romagnoli,ricambio con sentiti saluti siciliani.
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Cesena, 24 agosto 2008
Ieri ed oggi, a puntate, su "La Voce" è uscito un servizio relativo ad un'intervista fatta all'amico Giovanni Poggiali da un altro amico, il giornalista romano Gianfranco Angelucci. Allego un file contenente il servizio completo.
Saluti romagnoli
Bruno Castagnoli

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INCONTRI D’ESTATE-GIOVANNI POGGIALI INDUSTRIALE E GENTILUOMO
L’orgoglioso patriota della Romagna
di Gianfranco Angelucci
“Crin fulvo emunte guance ardito aspetto” poetava Foscolo di sé in un celebre autoritratto in forma di sonetto. Anche il mio giovane interlocutore ha una bella testa di ordinati capelli rossi, un viso magro ornato di barbetta, e l’aspetto ardito sì, ma soprattutto cordiale, accogliente, capace di suscitare immediata simpatia. E credo che anche lui, ma solo segretamente, sia poeta. Mi accorgo nel colloquio di usare il lei un po’ innaturalmente, incline ad adoperare subito il tu come con un compagno di scuola. Non lo faccio per conformarmi al suo aspetto cosi perbene, completo scuro, camicia candida a colletto morbido, cravatta. Persino borsa ventiquattrore. Un vero giovane capitano d’industria, appena rientrato, come tiene a informarmi, dalla sua unica settimana di vacanze. Inequivocabile segnale di sobrietà romagnola, per un rampollo dorato che potrebbe starsene a zonzo tutta l‘estate fra i lidi obbligati della mondanità, in gara di esibizionismo con Lapo Elkann.Giovanni Poggiali è il maggiore dei tre figli di Giuseppe Poggiali, titolare della SETRAMAR (servizi e trasporti marittimi) di Ravenna.
“Tre maschi, tutti e tre con i capelli rossi - mi chiarisce - e tutti e tre in ditta. Per scelta e con estremo piacere, non certo per dovere o coincidenza.”I fratelli, Nicolò laureato in Scienze Economiche, e Domenico laureando nella stessa materia, sono già attivi l’uno nell’amatoriale e l’altro al terminal. Giovanni ha trascurato l’università. Iscritto in giurisprudenza a Siena, ha preferito dedicasi a soli diciotto anni alla tenuta di famiglia produttrice di Chianti per raggiungere in breve tempo le vette dei vini nobili: il Felsina, posizionato fra i primi del pianeta, viene esportato in tutto il mondo con 900.000 bottiglie l’anno. E quel nome etrusco che vuoi dire - mi delucida - stazione di posta”, rivela qualcosa anche del dinamismo del carattere, un Sagittario nato il 18 dicembre del 1971, teso come una freccia incoccata a raggiungere mète e obiettivi, pronto a lanciarsi nel galoppo come indica l’unione in un solo corpo dell’uomo e del cavallo, e in perenne conflitto fra ragione e pulsioni, fra istinto e intelletto. Ma il giovanotto ama presentarsi come individuo pragmatico, anzi rivelando un’inclinazione all’ossimoro e al paradosso, “un utopista pragmatico”, uno cioè che insegue le chimere ma con i piedi a terra Quando infatti gli chiedo se ricorda i sogni che lo visitano nelle poche ore di sonno che si concede, mai più di cinque, risponde negativamente. Non li ricorda e non li annota, e ritiene che uno dei maggiori difetti della nostra epoca sia proprio un eccesso di riflessione, di ripiegamento spesso sterile su se stessi. E’ meglio che sia la vita la nostra palestra di meditazione. Lo zodiaco, come vedete, non sbaglia. Ma procediamo per passi.Tutto ha inizio da una segheriaTutto ha inizio da una segheria del bisnonno Giovanni. Quando c’è la benedizione del Signore qualsiasi impresa può diventare un impero economico, e sulla famiglia Poggiali l’assistenza divina non è stata avara. Con la guerra la segheria va distrutta e uno dei due figli, Giuseppe, è fucilato dai tedeschi, Ma l’altro, Domenico, si rimbocca le maniche assieme al padre e riprende l’attività. Va a comprare legname spingendosi in motocicletta fino alle Dolomiti, all’Austria, nei paesi dell’Europa dell’est. Intanto inizia in Italia la ricostruzione, il porto di Ravenna viene riedificato con i soldi dello stato e grazie all’acume di personaggi politici come Benigno Zaccagnini capaci di guardare oltre il proprio naso. Intorno a quell’importante nodo di scambio sorgono la Sarom, l’Enikem, il polo chimico. E Domenico Poggiali, che nel frattempo si è avventurato ad acquistare legname pregiato fino all’Africa Occidentale, ottenendo una banchina sul porto diventa il primo “terminalista” privato italiano, cioè la ditta presso la quale sbarcano le merci che arrivano dal mare. Una posizione di vantaggio facile da trasformare, per una mente fertile, in un’impresa in espansione. Inizia a noleggiare navi per il trasporto della propria e dell’altrui merce e compra lotti di terreno lungo il canale che dall’Adriatico arriva fino alla città. “Ancora oggi - sottolinea Giovanni - il viaggiatore che entra in stazione vede galleggiare oltre i binari lo scafo delle navi, come in una tavola surrealista.” Inoltre nonno Poggiali si attrezza con gru e ponti mobili che dal terreno di proprietà scavalcano i quindici metri della banchina, evitando di riconoscere allo Stato il balzello per lo sbarco delle merci sul suolo demaniale. “Uno stratagemma - mi spiega oggi il nipote - che ha fatto giurisprudenza, un caso giuridico studiato nelle università.” E’ una bella saga di famiglia che Giovanni, il comunicatore del gruppo, sta cercando per primo di radunare in una pubblicazione istituzionale. L’azienda non ne ha sentito mai la necessità, dal momento che lo stile rimane sempre quello romagnolo: “Di noi meno si parla e meglio è.” Avvalorato dalla considerazione che la natura stessa dell’impresa non ha bisogno di tanta pubblicità, ben conosciuti dagli utenti del settore specializzato a cui si rivolge.Ma le favole ci incantano e piacciono anche a Giovanni, che man mano prende gusto a raccontare, seduti uno di fronte al1’altro nella sala riunioni della ditta, foderata doverosamente in boiserie e con al entro un tavo1o immenso a sedici posti con elegante cornice in lacca veneziana. “Qui sorgeva la segheria e dopo la ristrutturazione dello stabile sono stati spostati gli uffici amministrativi. C’è anche il mio, e oltre quel muro c’è la mia abitazione. Sono ben situato fra La chiesa di Sant’Agata Maggiore e via Giuseppe Mazzini, quasi dei toponimi della mia filosofia interiore.Dal Sangiovese al Chianti con una vena artisticaSulla quale non mancheremo di soffermarci. Ma prima di arrivare alla terza generazione, passiamo dal nonno al padre, Giuseppe, attuale presidente del consiglio di amministrazione del gruppo (subentrato nel ’94 a Domenico), il quale a ventidue anni, nel ’68, studiava legge a Bologna, senza arrivare a conseguite la laurea per un solo esame, già totalmente immerso negli affari di famiglia. “lo invece - aggiunge Poggiali spiritosamente - ho dato un solo esame all’università, forse quello che mancava a mio padre; ma non in legge, bensì a lettere, in storia medioevale e dedicato alla mia terra, Istituzioni medievali su Ravenna: autocefalia ed esarcato. Un vuoto culturale che intendevo assolutamente colmare.”E siamo ai giorni nostri, in cui la Setramar - con fatturato consolidato attorno ai 300 milioni e circa mille dipendenti, filiali a Siena, Livorno e Trieste - si articola in sette divisioni e una ventina di società, spaziando dalla logistica all’armamento, dal trading alle attività produttive, dai servizi e progetti all’energia; per finire all’agricoltura, cioè all’azienda vinicola in Toscana di cui dal 1990 Giovanni si occupa quasi a tempo pieno: 1000 ettari, 150 vigne pur ulivi e bosco. “Dai 18 ai 28 anni mi sono completamente perso nel mondo del vino, una vera infatuazione, imparando tutto ciò che c’era da imparare e seguendo personalmente le presentazioni internazionali, essendo presenti in Europa, negli Stati Uniti, in Australia, in Oriente.”1nseguendo in quel modo la vena artistica assimilata dal ramo materno, i Mazzavillani, dei quali l’esponente più noto è sua zia Cristina, sposata con il maestro Riccardo Muti. Altra solida tempra di romagnoli, repubblicani, ribelli e creativi. “Il padre di mia madre e di Cristina, Giordano (in onore a Giordano Bruno) contrasse la malaria nelle guerre d’Africa e ne scampò in virtù di una bibbia che una suora gli appoggiò sul comodino.” Fu drastica conversione. Rientrato in patria, diventò un vero cristiano, un fervente credente.Poeta dialettale e amico in gioventù di Benigno Zaccagnini, si recava insieme a lui a intrattenere i bambini degli orfanotrofi con gli spettacoli dei burattini.“Siamo vissuti insieme ai cugini di parte Mazzavillani come un’unica famiglia, simili a fratelli sempre in gruppo, a scuola, nello sport, durante le vacanze. Formiamo una tribù, talmente numerosa che abbiamo persino fondato una polisportiva. A un certo punto coprivamo gli otto decimi della squadra di calcio. Lo sport è fondamentale per la formazione dei ragazzi e l’azienda ci aiuta a tenere in piedi l’iniziativa.
”Nessun cedimento all’esteriorità Una vita da giovani dorati?“
Macché, da giovani ravennati, senza lussi né privilegi.

”Sicuro, proprio nessuno?“
Sì, mi facevano studiare inglese, andavamo da un insegnante privato. E durante un paio di vacanze estive siamo stati mandati a un college in. Inghilterra. Tutto qui. Una misura che in seguito si è rivelata utilissima per la professione.

”Ogni mossa finalizzata al lavoro.“
Fa parte della sobrietà di cui in Romagna siano molto gelosi. I soldi servono per essere reinvestiti nell’attività aziendale.

”Nessun cedimento all’esteriorità?“
Non serve. Pensi che personalmente utilizzo un’Audi con cui ho percorso 350.000 chilometri. Domani me ne arriva una nuova, uguale alla vecchia.

”Barche superaccessoriate?“
Amiamo la vela. Mio padre adesso, possiede una barca di quattordici metri1 non un centimetro in più, in modo di poter accedere a qualsiasi baia. Con una misura maggiore saremmo esclusi dalle insenature più belle, non mi pare un gran guadagno. Senza considerare il fatto che in famiglia siamo piuttosto insofferenti agli equipaggi e a persone estranee intorno.

”Si parla della Romagna come di una nuova entità, di cui lei sarebbe uno dei giovani profeti.“
Sto solo ragionando su alcuni concetti che sono familiari ormai a tutti.

”Per esempio?“
Che La Romagna è l’unica vera regione continentale italiana a non essere regione. Viaggiando, soprattutto in altre realtà geografiche e politiche come gli Stati Uniti, ben più avanti di noi nell’applicazione della democrazia, ho potuto rendermi conto di alcune anomalie di casa nostra.

”Come è maturata questa sua riflessione?"
Nel 2000 mi capitò di ascoltare Stefano Servadei, già deputato socialista e convinto assertore dell’autonomia romagnola. Ebbi l’impressione che mi si squarciasse un velo davanti agli occhi. Quando smise di parlare andai da lui e come un cavaliere antico gli dissi: questa è la mia spada, sono al suo servizio. Sono prima di tutto romagnolo, poi italiano ed europeo.

"Cosa la colpì così profondamente?“
Intanto il principio di sussidiarietà previsto e sancito dalla costituzione europea. In parole povere: non demandare a chi è sopra i compiti che può svolgere chi è sotto. Si ritorna alla centralità cristiana dell’uomo, primo responsabile di ogni azione. Intorno a me c’è la mia famiglia, la comunità in cui vivo, la parrocchia, poi la città, Ravenna, la regione e infine lo stato.

”Nel caso concreto?“
Sono prima di tutto romagnolo, poi italiano, poi europeo, e in buona sostanza cittadino del mondo.

”Tradotto in precetto?“
Ogni identità, per essere chiamata alle proprie responsabilità deve assumere su di sé anche il retaggio della propria storia. Solo così si riconosce e viene riconosciuta. In Europa abbiamo nazioni come il Lussemburgo che contano appena 800.000 abitati e pesano alla pari dei grandi stati. Noi in Romagna siamo un milione e duecentomila, con un territorio e una tradizione consolidati da secoli Ci è vietato pensare di essere una regione d’Europa?”Il suo è un approccio culturale.

“La domanda è: cosa vogliamo fare della nostra identità romagnola?" Ci sono altri enti territoriali, come per esempio il Tirolo che ha costruito un brand, cioè un marchio commerciale sulla propria identità: l’aquila rossa in campo bianco, la birra, lo speck, i formaggi, i canederli, il latte, lo yogurt, i frutti di bosco, le mele, persino la novità di grandi vini rossi. In Romagna abbiamo forse qualcosa di più. Nella Divina Commedia di Dante la nostra regione è seconda soltanto alla Toscana per numero di citazioni. A dimostrazione di una realtà geopolitica ben esposta nel vasto territorio peninsulare.

”Lei intende dotare la Romagna di un marchio di fabbrica?“
Ritengo che dobbiamo organizzarci per valorrizzare le note risorse, che non sono poche, e far eccellere le nostre produzioni che spesso rivestono un ruolo leader nel mondo.

”Prendendo le distanze dall’Emilia?“
Prendendo le distanze da una ripartizione amministrativa artificiosa, priva di un trascorso comune. Molte volte sono i simboli a parlare prima dei concetti; prendete lo stemma dell’attuale regione Emilia-Romagna, è un’immagine inerte, senza vita appunto perché non ha cultura né storia. l nostri simboli e i nostri colori sono da secoli patrimonio delle genti.

”Il senso di giustizia e di solidarietà. Non c’è un rischio di provincialismo O peggio di campanilismo?“
Il campanilismo, sono d’accordo, è il limite principale del nostro carattere regionale. Ma è proprio per superare la mentalità municipale, che è pur sempre un’arma di difesa, che bisogna aspirare al riconoscimento di una identità superiore.

”Mi descriva, se può, qual è questa identità".
A mio parere poggia su due fondamenti: il senso di giustizia e la solidarietà. Da noi si rispetta un contratto con una stretta di mano.

"E il senso della famiglia?“
E’ ancora forte e bello, al pari delle donne romagnole.

”Come sono le donne romagnole?
Continuano a rappresentare il centro della famiglia, la sicurezza intorno alla quale ruotano i membri della casa.

”L’azdora?“
Sì,in versione moderna, possiamo ammetterlo senza retorica.

”Sua madre è stata così?“
Direi senz’altro dì si, in maniera meno appariscente che in altri casi, ma non meno forte

”Qual è il segreto?“
Il più semplice di tutti: l’uomo è uomo, la donna è donna. Insieme formano un focolare indistruttibile.

”La sua fidanzata risponde a questi requisiti?“
E’ una romagnola di Ravenna.Una ragazza di Ravenna che sa fare la piadina.
"Giovanni Poggiali sfoggia qui un tenero pudore, un improvviso trasalimento di riservatezza. Sono troppo curioso per indietreggiare e lo provoco.Immagino che lei a trentasei anni, ancora celibe, sia considerato lo scapolo d’oro, il partito più agognato della città.“
A diciotto anni ero già fidanzato e lo sono stato per sette anni. Ma quel rapporto, forse perché troppo precoce, non ha retto. E sono rimasto per dieci anni da solo. Poi ho incontrato lei, a un progetto di Confindustria, e mi è sembrato che l’intera mia esistenza fosse solo in attesa di quel momento, come ritrovare improvvisamente il proprio destino.

”Cosa è successo?Questa volta interpone una lunga pausa, le parole stesse gli pesano:Mi sono innamorato. Totalmente.

”E la ragazza sa fare la piadina?
Oh, sì, straordinaria! Ha detto: «Cosa ci vuole!» Si è messa in cucina con la naturalezza affascinante dei gesti antichi.

”Domanda perfida, a trabocchetto: è più buona la piadina di sua mamma o della sua ragazza?“
Della mia ragazza- Sussurra.

Bene, questo è amore vero. Non dia retta Signora Mazzavillani, è più buona la sua, ma Giovanni ha appena attraversato la soglia del nirvana...Lei è fedele?“
Sono convintamene monogamico.

”Bella virtù in una provincia in cui, è largamente noto, viene attivamente praticato lo scambismo di coppia.“
E’ una pratica ridicola, il risultato di un equivoco sottoculturale, la degenerazione di due mentalità, quella atea-marxista e quella di matrice consumistica che si seno combinate in una specie di tornado distruttivo, una miscela di cui finora non si è pagato pegno, ma le cui conseguenze sono già tristemente sotto gli occhi di chi vuol vedere e non tarderanno a mostrarsi-

”In Romagna poche strade e cattiva comunicazione.Di chi la colpa?“
Di un solo potere che ha tenuto in ostaggio la Romagna per troppo tempo senza alternanza, cioè senza permettere alle persone di mettere a confronto valori diversi. Le leve del comando concentrate sempre nelle stesse mani cono una calamità.

”Come può cambiare la Romagna? Verso quale progetto?“
Ci sono delle priorità assolute, fra le quali le più urgenti riguardano gli interventi infrastrutturali. La circolazione, la comunicazione, la viabilità. Siamo la regione a più elevata motorizzazione, se si rapporta il numero delle auto alla popolazione, e la rete stradale interna è restata in gran parte quella del secolo scorso o del secolo ancora precedente. Da Ravenna è più facile raggiungere Bologna che Forlì, distante solo 25 chilometri, ma alla quale siamo collegati dalla strada pontificia che segue il corso d’acqua, la via degli argini utilizzati dai carri. La difficoltà di scambi crea anche distanza culturale, problematicità di rapporti. La complicazione di comunicazione interna si raddoppia, si triplica. Ed ecco che i centri della Romagna restano isolati fra loro, e qualche volta estranei. Questo è un controsenso, come pretendere da un organismo una corretta e efficace circolazione sanguigna avendo i vasi tutti ostruiti.

”Sarebbe questa la premessa per l’ulteriore sviluppo?“
Ne è la prima condizione. Mentre la materia del nostro sviluppo è strettamente legata alla natura e all’agricoltura. Possediamo un patrimonio zootecnico e di colture vegetali superiore forse a quello di un’intera nazione. Prodotti che appartengono soltanto alla nostra tradizione e, solo per elencarne alcuni, la mora (il maiale), la vacca romagnola, il pollo romagnolo, l’oca romagnola, il tacchino romagnolo. Ci riferiamo a patrimoni genetici selezionati nel corso di cinquecento anni o più, e che costituiscono una ricchezza unica, smisurata.

"Il progetto Romagna come sistema integrato Esiste un progetto Romagna?“
E’ il traguardo a cui tendiamo, a cui io personalmente sto lavorando, con sempre maggior impegno. E’ indispensabile superare il particolarismo che ci divide. Sono convinto che il lavoro più grosso sia di natura culturale, cioè quello di tenere tante teste insieme, riannodare interessi e caratteri, fantasia e patrimoni comuni.

”Per esempio?“
Se persino cargo di ravanelli partono dal Canada per raggiungere i porti inglesi o scandinavi, ritengo che sarebbe per noi molto più facile recapitare la stessa merce dovendo coprire una distanza notevolmente inferiore. Partendo dal porto di Ravenna, dovremmo impegnarci a saldare l’attività portuale alla capacità logistica dell’entroterra, organizzando i flussi, ottimizzando la gestione delle risorse. Ma dobbiamo metterci in testa che la risposta ai nostri problemi non può venire da Bologna. L’infrastruttura portuale ricade sotto le competenze del ministro Matteoli, è il momento dunque per intervenire presso di lui e anche creare alleanze con la Confindustria.

”Perché?“
Non si è mai verificata una congiuntura più propizia. Il vicesegretario con delega alle infrastrutture è Trevisani, un romagnolo di Cesena. Emma Marcegaglia, presidente della Confindustria, ha il suo stabilimento principale a Ravenna e un secondo a Forlì. E’ venuto il momento di riordinare i molti problemi e cercare tutti insieme una soluzione.

”Romagna, da sistema integrato a ‘regione-stato’: nasce da questa consapevolezza l’idea di proporsi per le Olimpiadi del 2020?“
Non è un’idea mi, ma è stimolante perché i romagnoli comprendono di possedere davvero la potenzialità per attuarla. Non si tratta solo di una provocazione, ma piuttosto di “un’idea forza”, quel tipo di intuizione capace di abbattere gli invisibili confini delle nostre divisioni. Un volo concettuale dentro una possibile avventura comune che può sembrare una scommessa più grande di noi e invece non lo è.

”Olimpiadi:Non la ritiene un’impresa di fatto irrealizzabile?“
Non bisogna mai pensare che le cose siano così difficili da risultare improponibili.

”E qui torniamo alla sua natura di “utopista pragmatico.“
Convinto che ogni idealità può trovare la sua attuazione.

”E che certi contrasti possono dimostrarsi nutrienti, come essere cattolici e repubblicani". Sorride divertito:
Qui ci troviamo fra la Parrocchia di Sant’Agata Maggiore e Via Mazzini, giudichi lei.

”Cattolico per famiglia o per scelta?“
Per scelta, ma la fede passa attraverso figure materiali. E anche attraverso i miei errori.

”Quali sono?“
Mi permetta di tenerli per me soltanto.

”Non sopportano di essere rivelati?“
Non quando mettono a repentaglio altri da me.

”Lei è capace di calpestare per arrivare dove vuole?“
No, mai.

”Qual è un peccato grave?“
La disistima quando finisce nella disperazione, l’incapacità di ottenere il perdono.

”Ha un padre spirituale?"
Non sono così buon cattolico, ma don Giuliano di Sant’Agata Maggiore è un sacerdote esemplare e un mio punto di riferimento.

”E’ praticante?“
Aiuto in parrocchia. La domenica vado alla messa delle nove e trenta e poi faccio catechismo ai bambini.

”Suppongo che lei abbia un super-ego molto forte.“
Nel senso?

”Riformulo la domanda: è più bravo lei o suo padre?“
Mio padre.

”Però lei è il delfino, l’erede.“
E’ oggettivamente una grossa responsabilità, che avverto.

”Reputa di esserne all’altezza?“
Ho scelto di stare in questa partita e credo di poter dare il mio contributo.

”Gli fa rabbia lo sperpero di intelligenze e risorseChe libro tiene in questo momento sul comodino?“
Diversi, sono un lettore molto disordinato.

”Cosa leggeva ieri sera?“
Un libro di Kissinger sulla diplomazia.

”Preferisce la narrativa o la saggistica?“
Mi appassiono alle vicende storiche.

”Come trascorre il tempo libero?"
Passeggio, mi immergo nella natura, mi piace camminare nei boschi delle nostre latitudini, gli Appennini, Le Dolomiti. Amo il passaggio delle stagioni, assistere ai mutamenti dei colori, delle situazioni ambientali. Non potrei mai vivere in California avendo davanti agli occhi tutto l’anno il medesimo paesaggio.

”E’ positivo sul nostro futuro?“
Sì, sono ottimista.

”E l’Italia?“
Mi fa rabbia lo sperpero di intelligenze e di risorse del nostro paese.

”Dovuto a cosa?“
All’ignoranza, nemico numero uno di tutti noi.

”Da dove bisogna cominciare?“
Dall’educazione dei giovani, il problema prioritario su tutti gli altri.

”E’ appassionato di cinema?“
Da ragazzo lo ero. Adesso è sempre più raro trovare un film che mi interessi

Si riconosce una inclinazione artistica?“
Quando si è trattato di scegliere la scuola superiore avrei voluto frequentare un istituto artistico. Mio padre accolse la mia richiesta in questo modo: «Benissimo, liceo classico o scientifico?».

”Come finì?“
Scelsi lo scientifico, ma amavo di più le materie letterarie, e all’esame di stato mi fu appioppato uno zero in matematica. Fui salvato dal commissario interno perché ero andato bene nelle altre materie.

”Scrive? Tiene un diario?“
Non un vero diario, ma due o tre taccuini in cui annoto separatamente riflessioni religiose, avvenimenti familiari, pensieri da conservare.

”L’America è un modello?“
Molto più che un dis-modello.

”Cosa non condivide dell’America?“
Mi spaventano il puritanesimo, la competizione eccessiva, una certa disumanità.

”Che rapporto ha con la Chiesa?"
E’ mia madre ma sono fieramente anticlericale nel senso che considero il clericalismo una malattia dell’Istituzione, come lo è l’aziendalismo dentro un’azienda.

”Le piace questo Papa?“
Molto. Giovanni Paolo II era più pastore, questo sta ricucendo gli strappi di un’eccessiva estensibilità della dottrina, sta rimettendo l’accento sui fondamenti della fede.

”Come concilia la sua religiosità con una certa intemperanza romagnola?“
Quando i romagnoli supereranno il tabù che hanno nei confronti della fede, ritroveranno anche il sentimento della patria, e rifaranno la pace con la propria storia.

”In che senso?“
Non nasciamo con il ’45 e la lotta partigiana come recita il recente statuto della nostra regione, artificiale e strumentalmente politico; la nostra storia è ben più antica, come la nostra etnia, come la nostra cultura.

”Lei parla della Romagna con intonazioni religiose.“
La mia è una appartenenza. La religione è questo, quando si impara a ringraziare per tutto ciò che si è ricevuto.

”Se dovesse tentare una definizione di se stesso, che termini userebbe?“
Un orgoglioso patriota della Romagna.

”E che cos’è la piadina?“
Mi sembra che sia Giovanni Pascoli a definirla «il pane di Romagna».

”E per lei?“
E’ il primo alimento, il pane della mia terra.
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Per informazioni e contatti con l'autonomismo romagnolo:

2 commenti:

Movimento per l'Indipendenza della Sicilia ha detto...

Un plauso, alla affermazione «È per superare la mentalità municipale, che è pur sempre un’arma di difesa, che bisogna aspirare al riconoscimento di una identità superiore».

Disapprovo, quando attacca la presunta «mentalità atea-marxista».

Comunque, buone riflessioni, ma ricordiamoci che le rivoluzioni le fa il popolo. Che va informato, come fa il buon Orazio con il suo blog.

Auguro, comunque, alla Romagna non l'autonomia, ma l'indipendenza.

Roman H. Clarke

L'Ingegnere Volante ha detto...

Grande equilibrio, forza morale, valori tradizionali. Ne condivido sicuramente l'idealità, la vena artistica, l'amore per la storia, per la propria terra e per le sue secolari tradizioni.

Ho amato il suo rapporto con la fede, in perfetta simbiosi con quello verso la propria terra: fede e terra entambe viste come appartenenza e gratitudine verso tutto ciò che ha ricevuto... condivido in pieno, da patriota Siciliano!

Mi è anche molto piaciuta la sua idea di rapporto con la Chiesa: è mia Madre ma non condivido la malattia dell'istituzione.

Infine ho adorato questo passaggio: "Quando i romagnoli supereranno il tabù che hanno nei confronti della fede, ritroveranno anche il sentimento della patria, e rifaranno la pace con la propria storia." E poi: "Non nasciamo con il ’45 e la lotta partigiana come recita il recente statuto della nostra regione, artificiale e strumentalmente politico; la nostra storia è ben più antica, come la nostra etnia, come la nostra cultura."

Qui si esprime con semplici quanto incisive parole il contesto culturale contemporaneo, figlio di due secoli di tabù anti-cristiani iniziati durante la Rivoluzione francese e attuatisi in Italia prima con Napoleone e poi con il Risorgimento.

Ciò di cui hanno bisogno i movimenti patriottici nell'Italia del 2000 è la consapevolezza della storia, delle tradizioni, e quindi anche del rapporto con la fede, delle generazioni che ci hanno preceduto. E' questo un passaggio obbligato se ci si vuole veramente emancipare dalla mentalità dominante - diretta erede delle idee risorgimentali - che ha cercato in tutti i modi di tagliare le radici dei popoli italiani al fine di trasformarne l'essenza e il carattere più profondo, fine al punto di negerne la storia per sostituirla con barzellette tipo quella che l'Emilia-Romagna nasce nel '45 con la lotta partigiana (sic!).

Per concludere, al contrario di Roman H. Clarke, sono invece pienamente d'accordo sulla degenerazione ateo-marxista che unita a quella consumistica hanno portato a quella mentalità libertina per cui la Romagna è tristemente nota. Un grande neo su una terra splendida!