venerdì 3 ottobre 2008

La vera storia dell'ex sindaco di Catania, Scapagnini, oggi nell'occhio del ciclone per il buco nel bilancio del Comune...

Umberto chi? La vera storia dell'ex sindaco di Catania, Scapagnini, oggi nell'occhio del ciclone per il buco nel bilancio del Comune: una piccola epopea tra candidature, ripescaggi e una guerra dei cent'anni tutta etnea
Va in onda la miniserie politica catanese “Umberto chi? Umberto di chi” nell’ambito della telenovela “La guerra dei cent’anni”.

Umberto è Scapagnini, due volte eletto sindaco di Catania per volontà dei partiti che lo sostenevano, non essendo lui, nel lontano 2000, né leader politico né detentore di voti e consensi e clientele. Lo vollero i partiti della Cdl, fu deciso dopo alcune riunioni catanesi e romane.Lui era stato già in ballo nel 1996, ma allora si viveva il clou dell’era Bianco, lui raccontò urbi et orbi di essere troppo amico di Enzo e declinò l’offerta. Candidatura scaricata sulle robuste spalle di politico e rugbista di destra Benito Paolone, mandato non allo scontro, ma al macello.
Scapagnini restò il medico di fiducia di Berlusconi, girando per salotti tv a parlare di antiaging ed elisir di lunga vita, oltre che di medicina miracolosa anche per performance sessuali.
Roba che agli italiani, Berlusconi compreso, piace, figurarsi ai catanesi eredi dell’insaziabile Paolo il caldo di Brancati ossessionati, però, anche dal tarlo del Bell’Antonio, che non era esattamente il gallo rampante che pareva.
Così Scapagnini diventò famoso e nel 2000, quando Bianco andò a fare il ministro dell’Interno, la destra catanese decise di riprendersi la città.
Ma con chi?
Latteri?
Palumbo?
Ziccone?
Ognuno dei tre presunti favoriti aveva progetti alternativi: Latteri il Rettorato, Palumbo la riconferma a Montecitorio, Ziccone, che il sindaco l’aveva già fatto, la conferma a Palazzo Madama.
Ci voleva uno che andasse bene a tutti senza dare fastidio a nessuno.
Umberto, appunto.
Brillante, popolare, da anni trapiantato a Catania, con la fama di Don Giovanni che non guastava, amico personale di Lui (vero, ma ricorrente sino all’esasperazione, ricordate il film con Totò e Tognazzi “Sua Eccellenza si fermò a mangiare”, sul medico personale di quell’altro Lui?...).
Beh, Umberto scese in campo, il centrosinistra e la sinistra, che aveva vissuto il sogno e l’incubo al calor Bianco, il sindaco di tutti che, per l’appunto, si era preso i voti di tutta l’area progressista, decise che, effettivamente, la città andava restituita al legittimo proprietario, la destra, la vecchia Dc, la nuova Dc e, soprattutto, l’invincibile armata del Cavaliere.
Così Scapagnini passeggiò sulle ceneri di un centrosinistra che bruciò in una sola fiammata l’esperienza Bianco, lasciando perdere, senza l’onore delle armi, l’accoppiata impossibile Libertini-Bonura.
Cominciò l’era Scapagnini, cui fu messo accanto un esperto vicesindaco&tutor, niente meno che Raffaele Lombardo.
Per due anni, raccontano le cronache postume, fece tutto lui, il vice, feeling con Raffaè poco, quello giusto per stare tutti a galla e amministrare.
Ma dietro l’angolo c’erano le elezioni per la Provincia e Lombardo, emigrò per andarsi a prendere Palazzo Minoriti. Campo libero a Umberto, che restava il medico di sua Eccellenza, che litigava con l’assessore alla Cultura, che sfoggiava la fascinosa fidanzata brasiliana.
La prima legislatura andava avanti così, quindi arrivavano i poteri speciali per l’emergenza traffico che Berlusconi accordava a Catania e si accelerava con le rotatorie, giù ponti a rischio, progetti e lavori in corso un po’ dappertutto. Ma, nel frattempo, Scapagnini aveva costruito qualche rapporto politico privilegiato locale, perché un sindaco conta e dietro la porta fanno la fila amici vecchi, amici nuovi, amici possibili.
In Forza Italia si stava forse mica ritagliando un pezzettino di potere Umberto?
Per forza, di cose.
Arrivando a scegliere anche il direttore generale.
Negli ultimi due anni del primo ciclo amministrativo, però, cominciavano anche quelli che saranno scoperti (molto dopo), come i buchi neri del bilancio.
Ma a Scapagnini non toccava contare, non questo.
Quando stava finendo il tempo, perciò, su Umberto e la sua quasi naturale ricandidatura calavano strani veti. Non era più detto che fosse lui. “Forse dovremmo dar retta ai sondaggi. Rischiamo di perdere contro Bianco".
Chi parlava?
Parlavano i potenti di Forza Italia e non mandavano a dire, dicevano a mezzo stampa.
Che forse Scapagnini era cotto e Musumeci avrebbe vinto più facilmente la partita contro l’ex sindaco che riscendeva in campo.
Mesi di pressioni, si diceva che per sanare tutto, per non scontentare l’amico Umberto, ma non deludere i forti Firrarello e Castiglione, Berlusconi avrebbe chiamato a Roma al governo Scapagnini dando il via libera a Musumeci. E qui, però, che c’era la svolta inattesa.
Protagonista?
Ovviamente Raffaele Lombardo, che, mentre accadevano tutte queste belle cose, aveva mandato a quel paese l’Udc (ma non l’amico Cuffaro) e fondato l’Mpa.
A Catania prova generale, calando quattro liste, Berlusconi si convinceva che Umberto doveva riprovarci, a quel punto anche il senatore Firrarello diceva che, se proprio si doveva, beh sarebbe stato. Ed era. Arrivava Berlusconi a Catania alla vigilia del voto e passava subito dalla Provincia, a rendere visita a Lombardo. Passerà alla storia la foto di Scapagnini che baciava la mano a Silvio, ma, in effetti, chi guidava tutto è Raffaè.
Così è, così va.
Così andò.
Scapagnini batteva Bianco, con quel po’ po’ di voti che prendevano gli autonomisti e la solita dose di Fi, An e spiccioli di Udc. Musumeci vice sindaco, ma per poco. Nel giro di pochi mesi la spaccatura nella Cdl catanese era totale, Lombardo versus Firrarello, all’ennesima potenza. Scapagnini in mezzo, ma il sindaco non era più il medico di Sua Eccellenza, non solo.
Era l’emanazione stessa al Comune di Lombardo, che con l’Mpa travolgeva tutti, ma salvava Umberto.
Anni di dure lotte, Scapagnini sembrava diventato leader di una corrente forzista, parlava da leader, sceglieva da leader.
E Catania?
Dal 2003 ad oggi stava accumulando debiti su debiti, ma non se ne accorgeva nessuno. Forse. Ma una via d’uscita bisognava pur trovarla, perché sotto sotto si capiva che qualcosa non andava. Il Palazzo era assediato dai primi creditori, Lombardo mandava il suo assessore al Bilancio di fiducia, il primo e l’unico dell’era Scapagnini. Poi mandava il suo ragioniere generale di fiducia.
Ma come si usciva dal tunnel?
Così come tutti si aspettavano da tempo e per questa soluzione invocavano un miracolo.
Ancora una volta era il centrosinistra a dare una mano. Elezioni anticipate.
Scapagnini,che intanto era stato colpito da un male piuttosto complicato, lasciava e Berlusconi gli garantiva il posto al Senato. Si trattava di scegliere il successore, colui il quale avrebbe ricevuto in eredità mezzo miliardo in contanti. Di debiti.
Mentre Umberto era già lontano, la scelta cadeva su Giuseppe Castiglione, alla Provincia, invece, Raffale Stancanelli, uomo di An, molto legato a Lombardo, dicevano i bene informati.
E anche i mediamente informati. Ma in piena guerra dei cent’anni, Lombardo mescolava le carte e invertiva le destinazioni.
Boh. Stancanelli sindaco, Castiglione alla Provincia.
E Scapagnini?
Senatore.
Su di lui calavano tonnellate di maledizioni, perché era pur sempre stato il sindaco, no?
Lo accusava il centrosinistra, lo accusava parte del centrodestra, imprecavano spazzini, operatori sociali, maestre, cittadini al buio o caduti nelle buche dei lavori in corso.
“Ma non è colpa del noto farmacologo di fama internazionale diventato sindaco. Non poteva certo controllare lui i bilanci perché di numeri non se ne intende?”L’ultima frase, la domanda delle domande, è cronaca ed è di Raffaele Lombardo. Chi ha orecchie per intendere intenda, chi ha avuto assessori al bilancio, non faccia lo gnorri.
Umberto poteva star lì pure a controllare i numeri affidati all’altra ala del partito?
Nel frattempo per chiudere la sua storia con Catania Umberto raccoglie l’ennesimo gesto di affetto di Berlusconi in persona.
“I soldi a Catania li darò, perché è giusto salvare Umberto, che ha fatto tutto quel che poteva fare” Parole del gran capo. Altro che medico di sua eccellenza.
E ora?
Niente, niente.
E’ solo che la guerra dei cent’anni ha visto passare anche Scapagnini da quelle parti.
Né il primo, né l’ultimo.
Andrea Lodato - www.lasicilia.it
30 settembre 2008



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