venerdì 29 febbraio 2008

IL MOVIMENTO DI GRILLO IN SICILIA

Sonia Alfano canditata alla presidenza della Regione Siciliana -Presentata a Palermo,dal Movimento "Amici di Beppe Grillo",la candidatura di Sonia, la figlia di Beppe Alfano,corrispondente de "La Sicilia", assassinato dalla mafia a Barcellona Pozzo di Gotto (Me) .
"Noi siamo il nuovo che avanza. La nostra è una iniziativa assolutamente nuova, come dimostra la massiccia presenza di giovani che ci sostengono. Altri partiti tentano di adescare i giovani, i precari e le casalinghe: l'hanno capito che la Sicilia è questa. Noi i ragazzi li abbiamo.La candidatura di Anna Finocchiaro alla carica di Governatore siciliano mi ha stupito. Sono certa che se avessero fatto le primarie non le avrebbe vinte; e invece la sua è una candidatura imposta dall'alto.Ritenevo più papabili le candidature di Rita Borsellino e di Beppe Lumia.Raffaele Lombardo agirà in assoluta continuità con l'ex governatore Salvatore Cuffaro.Metteremo in rete, rendendoli pubblici, i nostri certificati penali.Noi chiediamo trasparenza e porteremo nella nostra squadra tutti i giovani, che nel tempo, hanno fatto politica studiando le delibere dei consigli comunali per comprendere cosa accadesse e portare alla luce del sole quanto veniva deciso a porte chiuse.La nostra terra è in rianimazione e ha bisogno di cambiamento. Le altre forze politiche candidano sempre le stesse persone che si riciclano e che spesso escono dalle aule giudiziarie con sentenze di prescrizione. Nel centrosinistra c'è anche un certo Crisafulli, noi, certo, nella nostra lista non ce lo abbiamo".
Sonia Alfano
29/02/2008 -dichiarazioni raccolte da rarika-radice.blogspot.com
***nella foto Beppe Grillo

ANALISI STORICA DELLA KOSOVA/4 parte

6-IL '68 A PRISTINA
Il 27 novembre 1968 gli studenti dell'Università di Pristina organizzano una manifestazione che si trasforma in una vera e propria rivolta, all'insegna degli slogan "No alla colonizzazione della Kosova" e "Vogliamo essere una repubblica". Belgrado invia nella regione alcune unità dell'esercito e i carri armati prendono il controllo di Pristina, ma nel giro di qualche settimana scoppiano manifestazioni simili anche nelle zone a maggioranza albanese della Macedonia, che costringono per la prima volta le autorità di Skopje a riconoscere alcuni diritti nazionali agli albanesi della repubblica. Nel 1969 il Parlamento serbo adotta una nuova costituzione per il "Kosovo", che prevede la creazione di un sistema giudiziario della provincia, maggiori poteri di autonomia nell'amministrazione, la parità tra le lingue albanese, serboùcroata e turca e la creazione dell'Università albanese di Pristina, che sarà negli anni seguenti un punto di riferimento anche per gli albanesi della Macedonia e del Montenegro.
Nel 1974 il progetto di decentralizzazione a livello federale culmina con l'approvazione di una nuova Costituzione che fa delle province autonome della Kosova e della Vojvodina soggetti federali con diritto di veto all'interno della loro repubblica, un fatto che provoca un forte risentimento nelle autorità serbe, le quali recriminano inoltre che nulla di simile sia stato proposto per la minoranza serba in Croazia. Contemporaneamente alla ristrutturazione della federazione, la Costituzione prevede un'intensificazione del sistema dell'autogestione che aprirà nuovi spazi all'espressione politica degli albanesi della Kosova, anche se largamente frustrata dalla sostanziale mancanza di democrazia in Jugoslavia e dalla natura burocratica e verticistica delle misure adottate. Permangono quindi l'insoddisfazione e le tensioni, come testimoniano il processo svoltosi nel 1974 contro vari studenti di Pristina che avevano fondato un "Movimento per la liberazione nazionale del Kosovo" che chiedeva l'unione delle regioni a maggioranza albanese della Macedonia e del Montenegro con la Kosova e quello del 1976 contro lo scrittore Adem Demaci e altri 18 albanesi, accusati di avere criticato i dirigenti della SKJ e il sistema dell'autogestione e condannati alla pena pesantissima di 15 anni di prigione, pur non avendo né predicato né messo in atto azioni violente.
Nonostante questo, vi sono degli indubbi progressi: aprono numerose testate giornalistiche in albanese, si intensificano gli scambi con l'Albania e la storia nazionale non è più un tabù assoluto, mentre l'Università albanese di Pristina può adottare programmi propri. Questo processo di emancipazione, pur carente di democrazia, viene reso ancora più dinamico dalla struttura demografica della popolazione della Kosova, nella quale, in conseguenza dell'alto tasso di natalità, si fa sempre più ampio l'elemento giovanile. A livello economico permangono invece le distorsioni del passato e il "Kosovo" rimane sempre un produttore di materie prime per le altre repubbliche e un beneficiario massiccio di sovvenzioni statali. Per avere un'idea delle disparità all'interno della federazione basta citare il dato del 1979 secondo cui il reddito pro capite nella Kosova era di $795, mentre la media jugoslava era di $2.635 e la repubblica più ricca, la Slovenia, aveva un reddito pro capite di $5.315...CHE "STRANA" ANALOGIA CON LA SICILIA!...
A livello politico si ha in questi anni la rapida formazione di una classe politica albanese, che viene ben presto cooptata anche nelle più alte strutture della repubblica e della federazione, ma sull'agire di questa classe politica peserà sempre il fatto di essere per l'appunto espressione non della volontà degli albanesi, quanto piuttosto dei vertici federali e serbi. Inoltre, con il consolidarsi delle proprie posizioni, tale classe politica diventa il principale fruitore e amministratore dei fondi di assistenza alla provincia e diviene sempre più interessata a favorire gli interessi di Belgrado piuttosto che quelli della popolazione della Kosova. Basti pensare, a tale proposito, che il 25% degli occupati nella Kosova era rappresentato in quel periodo da funzionari statali ben retribuiti, i cui privilegi provocavano tra l'altro il risentimento dei moltissimi lavoratori sottopagati o disoccupati.

(continua)
***nella foto,i festeggiamenti a Pristina per l'Indipendenza(17 febbraio 2008)

SULLE RISORSE MARITTIME DI CATANIA

Ricevo e pubblico.
ISIS Politecnico del Mare -"Duca degli Abruzzi"
Convegno Dibattito
Catania ed il suo mare:
pubblica risorsa irrinunciabile

Istituto Nautico viale A. Alagona -CATANIA-1° Marzo 2008 ore 15,30
Relazione
Prof. Carmelo Maccarrone, Preside Istituto Nautico:
Le grandi opportunità marittime in vista del 2010 nell'area Mediterranea di libero scambio
Interventi
1 Avv. Armando Finocchiaro: Ognina, un borgo marinaro da tutelare.
2 Com.te Giuseppe Testa, armatore : La pesca ed il pescaturismo occasioni di lavoro irrinunciabili.
3 Dott. Giuseppe Meli, V. Presidente Assonautica : Le risorse marittime esistenti da valorizzare subito, Ognina ed il Porto di Catania.
4 Prof. Rosario Sapienza, Docente di Diritto Internazionale: La valenza della Sicilia nell'area di libero scambio Europeo.
5 Avv. Massimo Sapienza, Segretario Generale della Autorità Portuale di Catania: Prospettive di sviluppo nel Porto di Catania e nei borghi marinari della provincia.
6 Dott. Antonio Rizzo, Presidente Lega Navale Sezione di Catania: Il Demanio Marittimo occasione di cultura e di progresso.
Dibattito
Modera: Prof. Avv. Francesco Siracusano.
Invitati: Assessorato Regionale TT.AA., Provincia Regionale di Catania, Comune di Catania, Sindacati Autonomi e Confederali, Italia Nostra, Lega Ambiente, Cittadinanzattiva, LIPU, WWF.
Conclude: Prof. Carmelo Maccarrone
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****nella foto,barche nel porticciolo di Ognina-Catania

NO ALLA PENA DI MORTE!


ONU. "CI OPPONIAMO A MORATORIA SU PENA DI MORTE"
25 febbraio 2008: sono 58 i Paesi che hanno scritto al segretario generale della Nazioni Unite, BanKi-moon, dicendosi "in persistente opposizione a qualsiasi tentativo di imporre una moratoria della pena di morte o la sua abolizione".Con questa "nota verbale", i 58 Paesi intendono reagire al voto con cui l'Assemblea Generale ha approvato (104 voti a favore, 54 contrari e 29 astensioni) lo scorso dicembre una risoluzione per la moratoria universale sulla pena di morte, ribadendo che si tratta di una questione non di diritti umani "ma di giustizia penale", nonche' "un importante elemento deterrente verso i crimini piu' gravi".La risoluzione per cui si e' battuta l'Italia con il supporto dell'Unione europea violerebbe tra l'altro la sovranita' statale poiche', scrivono i non abolizionisti, "ogni Stato ha un diritto inalienabile di scegliere i suoi sistemi politici, economici, sociali, culturali, giuridici, e giudiziari".La lista dei 58 comprende 50 fra gli Stati che gia' a dicembre si opposero alla moratoria, piu' altri otto che si erano astenuti (Repubblica centrafricana, Guinea equatoriale, Eritrea, Fiji, Guinea, Laos, Swaziland ed Emirati Arabi Uniti). Tuttavia non si sono uniti alla "nota verbale" Belize, Ciad, India e Stati Uniti, che pure all'epoca avevano detto no alla proposta italiana ed europea.

CAOS CALMO (di Sandro Veronesi)

Leggo Caos calmo di Sandro Veronesi e ho l'impressione, per molte pagine, di essere capitata in un romanzo di Ian McEwan. E questo sarebbe un bel complimento, perché McEwan è uno dei maggiori scrittori inglesi viventi. Le atmosfere e, oserei dire, le ambizioni sono simili. Narrare un mondo che, sia pur limitato a un'esperienza individuale, si è fatto mostruosamente complesso e sostanzialmente incomprensibile. Rinarrare, se possibile, mutate le condizioni, la giornata joyciana, l'odissea del nostro Ulisse contemporaneo preso nelle brighe di crescere e diventare adulto in una vita che anagraficamente lo definisce già tale ma cui lui rifiuta credibilità. Tutto questo sembra da subito far parte come tema e obiettivo delle pagine di Sandro Veronesi, autore, in passato, di un bellissimo libro di tema analogo, La forza del passato , romanzo pluripremiato di cui uno dei personaggi, il protagonista e autore delle avventure per ragazzi di Pizzano Pizza, in ombra, compare anche attraverso una mail in questa nuova prova dello scrittore.Come in La forza del passato , come in tanti romanzi dalla nascita della forma romanzo, la vita quotidiana di un protagonista medio - medio socialmente, medio per formazione e informazioni - viene sconvolta da un evento tragico. L'evento del libro precedente era l'irrompere di un personaggio fantastico, un ex agente segreto, nella quotidianità familiare del narratore, che veniva così a scoprire di suo padre un passato insospettabile e, fino a un certo punto, decisamente poco credibile.L'evento-ostacolo di Caos calmo è invece una morte, la morte della compagna e quasi moglie del protagonista, che a pochi giorni dal matrimonio - i due hanno già una figlia, Claudia - all'improvviso si sente male. Muore d'estate, con un vassoio di frutta fra le mani, mentre il suo futuro marito è in spiaggia con il fratello a fare un bagno in apparenza simile a quelli fatti per un'intera vita, nel mare di sempre. Ma già qui, nell'apertura in vero assai efficace del romanzo, l'ordine delle cose è sovvertito da un annuncio e da un rischio di morte: una donna fra le onde rischia di affogare, il protagonista si affretta a cercare di salvarla, ma la donna si aggrappa a lui quasi fino a ucciderlo e lui la spinge verso terra a fatica e, cosa ancor più sconcertante, in preda a un'erezione. Nel frattempo la mancata moglie, ignara del rischio corso dal mancato marito, muore.E davvero, per citazioni che sembrano anche esplicite, si ha la sensazione di essere dentro L'amore fatale di McEwan, che iniziava appunto con un drammatico salvataggio, una mongolfiera in fiamme che precipita nel mezzo di un tranquillo parco, causa di repentino mutamento nelle vite di tutti i personaggi. O ancora, sembra di ritrovarsi nell'incipit di Bambini nel tempo , quando un padre distratto perde, senza sapere come e per sempre, la piccola figlia dentro un supermercato.L'invasione della tragedia in un quotidiano apparentemente immutabile è dunque senz'altro un tema forte di questi tempi in letteratura. McEwan o Martin Amis praticano questo movimento narrativo con suggestiva e invidiabile semplicità. Ci stordiscono a forza di normalità esplose, di proiezioni di paure assurde, che lasciano il fragile equilibrio dell'occidentale contemporaneo in balia dell'assenza di senso.Caos calmo ha senz'altro l'ambizione di fare altrettanto: perché poi il protagonista, rimasto vedovo, deve affrontare molte difficoltà, come dire alla piccola figlia rimastagli cosa fare, come gestire i suoi rapporti con parenti, amici e colleghi che sembrano aprirsi a lui in improvvise confessioni che forse prima - prima dell'irruzione della morte nella sua vita, irruzione paradossale per quanto riguarda il quasi annegamento, irruzione reale e assurda al tempo stesso per quanto riguarda la morte della moglie - mai gli avrebbero fatto. Inizia la sorella di Lara, la morta, di nome Marta, a confessargli l'infelicità di Lara e a imputargli molti tradimenti. Continuano dopo gli altri coprotagonisti, il fratello tra questi, a rilasciare dolore su Pietro Paladini, invaso da questo caos calmo della vita.Ma, come lui stesso dice, la mazzata di questa morte, il lutto che dovrebbe bene iniziare a farsi sentire prima di essere elaborato, non arriva. Misteriosamente. Non arriva fino a una conferenza in cui una psicologa parla di come comunicare la morte ai bambini e Pietro, dopo le pagine migliori del libro insieme a quelle iniziali, sviene. Sviene continuando a non darsi ragione del perché. Sviene dopo aver visto una macchia di sangue sotto la narice di una sua vicina il cui viso gli ricorda ogni cosa di cui abbiamo paura nella vita, dai vampiri agli zombi.Ma allora, mi chiedo, cosa manca a questo libro per essere all'altezza di uno dei romanzi di McEwan o di Amis? Me lo domando con rimpianto, perché questo libro aveva (ha) dentro tutte le potenzialità e la densità e le ambizioni per essere un grande romanzo, e io sono stata una lettrice felice, fino a un certo punto. E l'unica risposta che riesco a darmi è che in questo caos calmo manca il ritmo, la frenesia si disperde, l'ossessione diventa ragionativa, la narrazione indulge alla chiacchiera e per questa perdita d'equilibrio la storia naufraga prima di averci fatto soffrire, fino in fondo, per il drammatico mistero della morte che cade nella nostra vita senza ragioni e sull'assenza di senso che traspare dalle relazioni che Pietro intreccia.Non si dimentica Caos calmo per alcune sue pagine, ma purtroppo non si arriva a vedere l'insieme. Del resto, questo è il rischio, raramente corso in Italia, di tentare un romanzo sulla complessità.
Antonella Cilento

giovedì 28 febbraio 2008

ANALISI STORICA DELLA KOSOVA/3 parte


5-LA KOSOVA NELLA FEDERAZIONE SOCIALISTA JUGOSLAVA
Nel 1946 viene approvata la prima Costituzione della Repubblica Federativa Socialista Jugoslava, della quale il "Kosovo" entra a fare parte come regione interna della Serbia. All'interno di quest'ultima, la posizione della Kosova è decisamente inferiore a quei tempi a quella della Vojvodina, che viene dichiarata provincia (un grado superiore a quello di regione, nel sistema jugoslavo) con il diritto a un proprio parlamento e a un proprio sistema giuridico, diritti di cui il "Kosovo" invece non gode. Successivamente, nel 1953, vi è stato un emendamento della costituzione che ha declassato le istituzioni amministrative come quelle della Kosova da entità federali, a entità delle repubbliche di appartenenza; tale emendamento è stato ulteriormente perfezionato nel 1963 con il trasferimento dalla federazione alle varie repubbliche dell'autorità per creare o cancellare le entità autonome interne. Inoltre, le suddivisioni territoriali tra le varie repubbliche della Federazione hanno smembrato la popolazione albanese in tre repubbliche diverse (Serbia, Macedonia e Montenegro) con l'evidente scopo di non offendere le sensibilità dei tre nazionalismi slavi.
Fino al 1948, tuttavia, rimane ancora aperta la possibilità della creazione di una Federazione Balcanica, nell'ambito della quale Kosova e Albania avrebbero potuto unirsi o comunque convivere fianco a fianco, ma con la rottura dei rapporti tra Cominform e Jugoslavia nel 1948 tale prospettiva svanisce definitivamente e in Jugoslavia viene rafforzato il regime poliziesco, che assume in Kosova toni particolarmente duri per un periodo di più di 15 anni, fino alla destituzione dello spietato Ministro degli interni Rankovic nel 1965. Sempre in questo periodo, il governo di Belgrado promuove, con una tattica del bastone e della carota, una politica di espulsione degli albanesi dalla Kosova e dalla Macedonia verso la Turchia che porterà all'esodo complessivamente di 195.000 persone.
Accanto a questi aspetti, ve ne sono altri che consentono agli albanesi della Kosova un miglioramento delle proprie condizioni di vita. La pesante eredità di decenni di dominazione straniera aveva lasciato gli albanesi della Kosova nel 1948 con un tasso di analfabetismo del 73%, mentre erano molti quelli che sapevano leggere l'alfabeto cirillico, ma non quello albanese. Il governo di Belgrado mette in atto in quell'anno un capillare programma di apertura di scuole in albanese e di corsi di alfabetizzazione per adulti che con gli anni otterrà successo e comporterà una fondamentale svolta nella storia degli albanesi della Kosova, anche se va notato che i programmi scolastici a quei tempi erano assolutamente imposti dall'alto dalle autorità serbe e ignoravano completamente la storia della Kosova e della nazione albanese. A livello economico, il "Kosovo" viene ritenuto dalle autorità federali troppo vulnerabile per avviarvi importanti programmi industriali, ma la ricchezza di risorse minerarie della regione porta alla creazione di grandi complessi per la loro lavorazione, avviando un processo di SFRUTTAMENTO COLONIALISTICO che fa della Kosova un fornitore di materie prime per le altre repubbliche jugoslave. Negli anni '50 viene inoltre avviato un programma di aiuti alle regioni meno sviluppate, del quale il "Kosovo" sarà sempre il maggiore destinatario, arrivando negli anni '70 ad avere il 70% del proprio bilancio finanziato da tale programma. Tali finanziamenti, tuttavia, non faranno che perpetrare la situazione di sottosviluppo economico della Kosova.
Nel 1966, con il Plenum di Brioni, la Lega dei Comunisti di Jugoslavia (SKJ) vara un programma di decentralizzazione che prevede tra le altre cose la parità tra repubbliche e provincie a livello federale e una maggiore affermazione delle identità etniche. Vengono in parte allentati i controlli polizieschi e incoraggiati i rapporti ufficiali con l'Albania, ma ben presto scoppiano sporadici scontri in Kosova, perché le autorità serbe ostacolano le misure adottate a livello federale.
(continua)

***nella foto, una recente manifestazione fascista in Italia contro l'Indipendenza del "Kosovo",considerato "Patria Serba"...

ELEZIONI E DINTORNI...

Ricevo e pubblico:
Gentile oraziovasta@libero.it,
MOVIMENTO PER L'INDIPENDENZA DELLA SICILIA fondato nel 1943- CUMUNICATU STAMPA -

NO AI BAVAGLI, ALLE NEGAZIONI, ALLE RETICENZE - IL MIS PARTECIPERÀ ALLE ELEZIONI
Il Movimento per l'Indipendenza della Sicilia non esita a considerare come un atteggiamento odioso e pregno di oscuri presagi quello messo in atto dal candidato "autonomista" del centrodestra italiano alla Presidenza della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, il quale ha deciso di procedere legalmente contro un valido e stimato giornalista, Alfio Sciacca, "reo" di aver, da par suo, descritto in un articolo uscito ieri sul "Corriere della Sera" le dettagliate metodologie, e finanche le terminologie, della fitta rete clientelare del Presidente dimissionario della "Provincia regionale" di Catania, che sulla cronica sete di occupazione e sulle fameliche aspettative di politicanti piccoli e grandi ha costruito il suo "impero".Sciacca non ha fatto altro, da cronista legato al territorio, che descrivere anche agli italiani quanto a Catania e in Sicilia è noto a tutti, senza partigianerie né acredini. E quindi l'atteggiamento totalitario di Lombardo suona come un tetro avviso ai giornalisti. Noi indipendentisti non accettiamo questo tipo di atteggiamenti che, almeno questi, ritenevamo appartenessero ad un passato in "camicia nera": conosciamo bene, sulla nostra pelle, gli effetti dell'indirizzamento colonialistico dei media, ma l'intimidazione giudiziaria, sommata alla dichiarata beffarda prospettiva di «pagarci la campagna elettorale» con il presunto risarcimento, ci sembra veramente troppo.E quindi va, con accresciuta forza, la nostra solidarietà ad Alfio Sciacca, certi e convinti che l'episodio non lo abbia turbato (trattandosi, peraltro, non del primo attacco che subisce per il suo semplice ed efficace raccontare i fatti, tutti i fatti) e che non turberà i giornalisti e tutti i siciliani liberi che rappresentano le speranze di questa nostra amata Sicilia. Al pari, ad esempio, di Berat Buzhala, giornalista kosovaro che ha vissuto per un'intera esistenza le violenze del regime colonizzatore, e che oggi è libero di festeggiare la libertà con toccanti parole: «Viva l'indipendenza di Kosova! Ed è con questo grido che la mia vendetta si esaurirà e potrò voltare pagina. Oggi comincia una nuova vita per tutti quelli che vogliono vivere nella Repubblica di Kosova». A lui, a tutti i kosovari, vanno le nostre felicitazioni e il nostro pieno riconoscimento (secondo la potestà che, da movimento di liberazione nazionale, ci è riconosciuta dal diritto internazionale consuetudinario), senza i vergognosi e interessati indugi e tentennamenti con cui i politici italiani hanno "riconosciuto" l'indipendenza kosovara. Possa, e lo diciamo con forza e convinzione, lo stato indipendente di Kosova essere un baluardo per la riaffermazione del sacrosanto diritto di autodeterminazione dei popoli, e possa il nuovo stato essere sinceramente e concretamente un luogo felice e progredito per tutte le etnie, senza padrini né padroni.Ed è per dare voce ai siciliani stufi, che vogliono liberarsi di catene, bavagli, della necessità di vendersi per ottenere ciò che è loro diritto, per riaffermare il diritto al Popolo Siciliano di vedere riconosciute le proprie prerogative e alla Nazione Siciliana di riaffermarsi come stato indipendente e sovrano, per avere una Sicilia progredita e libera, per compiere in maniera assolutamente nonviolenta la nostra «vendetta» contro le inaccettabili reiterate violenze dello Stato Italiano, che il Movimento per l'Indipendenza della Sicilia, nonostante la prematurità delle tornate elettorali del prossimo aprile e pur non avendo ancora ultimato la propria riorganizzazione, in specie a livello territoriale, annuncia il proprio intento di partecipare, con proprie liste e candidati alle due Presidenze indipendenti da partiti o coalizioni, alle prossime elezioni politiche e regionali.
In tal senso, si fa appello a quanti desiderassero mobilitarsi per sostenerci, anche a livello organizzativo o proponendo candidature, di mettersi tempestivamente in contatto con la Segreteria del Movimento all'indirizzo di posta elettronica mis1943@gmail.com.Catania
27 Frivaru 2008-A cura dell'Ufficio Stampa, Comunicazione e Propaganda del M.I.S.
Movimento per l'Indipendenza della Sicilia-Sede S.Venerina-Via Giovanni
Mangano, 17 - S.Venerina (CT)Tel. (+39) 095 953464

Sede BelpassoVia Lorenzo Bufali, 2 - Belpasso (CT)
Mobile (+39) 368 7817769
Ufficio Stampa, Comunicazione e PropagandaTel. (+39) 095 518 7777
Fax (+39) 095 29 37 230
Mobile (+39) 349 6933580
internet: http://www.siciliaindipendente.orge/
mail: mis1943@gmail.com
Skype id: nicheja
«Noi vogliamo difendere e diffondere un´idea della cui santità e giustizia siamo profondamente convinti e che fatalmente ed ineluttabilmente trionferà».
Andrea Finocchiaro Aprile, 1944

movimento politico IL LOTO

Caro amico,
sono Luigi Ferrante e sono nato nel 1966 a Gravina di Puglia, una piccola cittadina del sud. Ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia semplice e di sani principi. Mio padre e mia madre, primi maestri di vita, mi hanno insegnato l’onestà, l’impegno nel lavoro e la solidarietà. Sin dall’età di 14 anni mi sono formato attraverso la concretezza delle esperienze lavorative. Nel rigore di queste esperienze, la pratica del rispetto per il prossimo esprimeva l’esigenza interiore di avviare, già così giovane, il mio cammino spirituale.
Dopo il servizio militare, per lavoro, ho iniziato a viaggiare e così ho conosciuto persone, culture e luoghi diversi confrontandomi con nuove realtà. Vivendo in paesi come l’Inghilterra, l’Australia, la Francia, l’Indonesia e la Thailandia, ho operato con costanza e determinazione nel settore della ristorazione e dell’imprenditoria.
Questo percorso mi ha insegnato a non temere i cambiamenti e, anzi, ad affrontarli con prontezza e senza paure. La vita mi ha riservato anche momenti di difficoltà e di crisi. Come imprenditore e come uomo ho subito delusioni e ho toccato con mano le contraddizioni della burocrazia e del sistema giudiziario.
Oggi mi occupo di documentari per produzioni televisive e cinematografiche. Attraverso questo lavoro ho potuto vedere da vicino le piaghe sociali di quelle popolazioni che al mondo subiscono guerre e ingiustizie, povertà e fame. Ho compreso quanto fosse importante per me documentare queste realtà e portarle all’attenzione del pubblico, ma allo stesso tempo ho voluto portare in questi paesi, con tempestività e concretezza, aiuti immediati e progetti umanitari.
Il servizio al prossimo è stato un passo importante nella conoscenza dei Valori Umani Universali, attraverso l’affinamento della sensibilità e della capacità di ascoltare la gente.
In qualità di volontario e, successivamente, presidente e responsabile di associazioni di volontariato, ho partecipato a diverse missioni umanitarie all’estero. In India, fra le ultime da me guidate, non potrò mai scordare: il terremoto nel Gujarat del 2001, dove abbiamo distribuito beni di prima necessità; la carestia nell’Andra Pradesh del 2005, missione nella quale abbiamo consegnato materiale ospedaliero ed aiuti umanitari di prima necessità; le missioni del dopo Tsunami nel Tamil Nadu, 2005 e 2006, dove, nonostante le difficoltà, siamo riusciti a essere tempestivi nell’aiutare e soccorrere le vittime organizzando una cooperativa di pescatori per gestire le donazioni di barche da pesca; il terremoto del Kashmir-Pakistan, del 2006, dove abbiamo distribuito beni di prima utilità e realizzato per le vittime un progetto per la ricostruzione delle case. Sulla mia strada ho incontrato persone denutrite e afflitte da mali incurabili , ho visto la paura negli occhi di migliaia di bambini rimasti orfani e ho incontrato lo sguardo di tristezza e disperazione degli anziani abbandonati a se stessi.
Questo vissuto ha formato in me la ferma convinzione di proseguire nei progetti e realizzare quanto mi era possibile per cercare di alleviare quella sofferenza e portare la speranza. Ricordo con tenerezza e tristezza alcuni bambini del Tamil Nadu sopravissuti allo Tsunami, così impauriti dallo shock subito da non riuscire ad accettare, nonostante la fame, gli aiuti che stavamo loro offrendo. Con i miei compagni di viaggio siamo riusciti ad ottenere la loro fiducia per farli uscire dai cespugli dove si erano nascosti facendomi così comprendere che la grande forza che ci infonde l’Amore prevale sempre, anche sulla paura e lo sconforto più totale. L’intensa e ricca esperienza di queste missioni non è stata priva di rischi. Quella nel Tamil Nadu ha segnato profondamente la mia vita: sono stato sequestrato e tenuto prigioniero al buio per tre lunghissimi giorni, disavventura che si è risolta per il meglio grazie all’intervento tempestivo di un caro Amico indiano.
E’ proprio attraverso la vita vissuta in prima linea che ho potuto educare e formare il mio carattere rafforzando la mia determinazione per poter essere un uomo d’azione. E’ con questa certezza e con l’esperienza di vita vissuta, praticando i Valori Umani Universali in ogni ambito della nostra società, che ho deciso di accogliere l’invito a costituire il movimento politico IL LOTO. Sono ben conscio della differenza e della maggiore difficoltà che presenta la formazione di un movimento politico rispetto ad un’associazione di volontariato, ma sono sicuro che solo nel coraggio di partecipare con concretezza al miglioramento dell’organizzazione sociale del nostro amato paese, è insito il segreto del cambiamento di cui la società ha bisogno.
Certo, riconosco di non aver mai partecipato a nessun movimento politico né di essere mai stato iscritto a un partito. Ed è per questo che voglio diffondere un nuovo linguaggio politico comprensibile a tutti.
Credo nell’importanza della famiglia, nell’importanza dell’istruzione e dell’educazione che possa risvegliare nei giovani l’amore per i Valori Umani che ci appartengono, nella cura e nell’accoglienza degli anziani, nell’inserimento lavorativo dei portatori di handicap, nell’esigenza di rieducare i detenuti e renderli membri attivi della società, nel riconoscimento della spiritualità innata dell’essere umano, nell’importanza di poter praticare i Valori Umani Universali. Questi sono solo alcuni punti del nostro programma.
Io credo anche che sia necessario risvegliare la società al rispetto dell’ambiente e del meraviglioso patrimonio artistico e culturale, quali grandi e sottovalutate risorse dell’Italia. Infine, ma forse fra gli obbiettivi più importanti, vi è la volontà di operare concretamente al fine di un’armoniosa riforma della giustizia. Credo sia necessario stabilire un piano economico sostenibile a lungo termine non basato solo sulla tassazione dei cittadini ma, al contrario, sostenuto dalla valorizzazione delle nostre grandi e qualificate risorse lavorative, in grado di rilanciare una volta per tutte la crescita di questo nostro meraviglioso paese.
Amo il mio paese, amo la nostra gente, amo la nostra cultura apprezzata e valorizzata dal mondo intero! Credo che una politica senza amore e senza spiritualità sia vuota ed incompleta. L’uomo ha bisogno dell’Amore e non ne può più fare a meno poiché è solo con l’Amore disinteressato verso un obiettivo comune che la nostra società potrà far rifiorire l’economia e far rinascere una sana politica al servizio di tutti e non di pochi.
Ho fiducia e sono certo che riuscirò ad avvicinare coloro che si sentono in grado di partecipare alla gestione politica della nostra società per realizzare i nostri importanti obiettivi, perché la più grande risorsa del nostro paese siamo proprio noi. Il nostro nuovo modo di intendere la politica è proprio quello di non chiedere solo l’accordo formale dei cittadini al programma del movimento politico IL LOTO ma il loro sostegno attivo e concreto per lavorare, tutti insieme, a questo grande cambiamento.
Sono intenzionato a sollecitare tutti, giovani e meno giovani, a credere nelle nostre intenzioni, che sono quelle di tutte le persone oneste. Il nostro Paese è fatto essenzialmente di persone oneste e operose. Il mio sogno è che la politica sia vicino al cittadino, al servizio del cittadino e non viceversa. Io credo nei sogni perché mi hanno permesso di creare un futuro migliore e se in questi sogni incominciamo a credere tutti, questi meravigliosi sogni li realizzeremo insieme, con IL LOTO.
Il Presidente,Luigi Ferrante







Le news di "Sicilia Paisi"

Ricevo e pubblico:
http://www.siciliapaisi.org/
- GRAZIELLA CAMPAGNA PROSSIMA UDIENZA 8 MARZOAULA B DELLA CORTE D'APPELLO DEL TRIBUNALE PENALEDELLA REPUBBLICA ITALIANA
nel 60° anniversario della Costituzione Repubblicana, mentreI TRIBUNALI IN SICILIA ESISTONO DAI TEMPI DI CARONDA DI CATANIA .
- IL GIUDICE TOSTI ANCORA CONDANNATO DAL TRIBUNALE DELL'AQUILA
JESI (Ancona) - "Le radici Atee dell’Europa - La costante anticristiana della democrazia in occidente" è il tema che verrà trattato nella conferenza ad ingresso libero Sabato 1 Marzo 2008 alle ore 17:30 a Jesi presso la Sala Maggiore del Palazzo della Signoria, piazza Colocci 2.
La conferenza è patrocinata dal Comune di Jesi. Interverranno come relatori: Giulio Giorello, filosofo e saggista docente di Filosofia della Scienza presso l’Università degli Studi di Milano, Luigi Tosti, magistrato, il quale chiede allo Stato Italiano che vengano rimossi dalle aule giudiziarie i simboli religiosi per rispettare il principio supremo di laicità affermato dalla Costituzione Italiana e dalla Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo, Sergio Martella, psicologo e scrittore, Ennio Montesi, scrittore e fondatore di Axteismo, movimento internazionale di libero pensiero e Valentina Conti, assessore alla cultura. "L’Italia è una colonia del Vaticano" commenta il giudice Tosti "è un dato di fatto e unico caso al mondo". La forte e costante ingerenza del Vaticano nella politica, nella vita privata dei cittadini ha indotto molti intellettuali italiani a passare da una difesa passiva dei valori della civiltà, della libertà e della scienza ad una ormai necessaria denuncia della falsità e della pericolosità della fede cattolica. Dati alla mano.
-2008 100° ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DI ANTONIO CANEPA
100° ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DI ATTILIO CASTROGIOVANNI
130° ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DI FINOCCHIARO APRILE
Chi deve ricordare questi grandi figli della Patria Siciliana ?
- Alphonse Doria ha pubblicato un "romanzo" sui fatti di Canepa, lo trovate nel suo sito http://www.scrivi.com
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Il manifesto pubblicato è a cura del Mis(Movimento per l'Indipendenza della Sicilia).

mercoledì 27 febbraio 2008

NO ALLA MAFIA! NO ALLA MAFIOSITA'!

"Rita, non t'immischiare, non fare fesserie", le aveva detto ripetutamente la madre, ma, Rita aveva incontrato Paolo Borsellino, un uomo buono che le sorride dolcemente, e lei parla, parla…racconta fatti. Fa nomi. Indica persone, compreso l'ex sindaco democristiano Culicchia, che ha gestito e governato il dopo terremoto. "Fimmina lingua longa e amica degli sbirri" disse qualcuno intenzionalmente, e così al suo funerale, di tutto il paese, non andò nessuno. Non andò neppure sua madre, che, disamorata, fredda e distaccata, l'aveva ripudiata e minacciata di morte perché quella figlia così poco allineata, per niente assoggettata, le procurava stizza e preoccupazione. Inoltre, sia a lei che a quella poco di buono di sua nuora, Piera Aiello, che aveva plagiato a picciridda, non perdonava di aver "tradito" l'onore della famiglia.Si recherà al cimitero parecchi mesi più tardi, e con un martello, dopo aver spaccato il marmo tombale, rompe pure la fotografia della figlia, una foto di Rita appena adolescente. Figlia di un piccolo boss di quartiere facente capo agli Accardo, Rita Atria è nata e cresciuta a Partanna, piccolo comune del Belice, una vasta zona divenuta famosa perché distrutta dal terremoto. Un territorio in cui, in quel periodo, si dice circolasse denaro proveniente dal narcotraffico, e di cui Rita non sopporta le brutture, le vigliaccherie, la tristezza. L'ignavia delle donne. "Una donna sa sempre cosa sta combinando suo marito o suo figlio" ha spiegato Piera Aiello moglie di Nicola Atria, fratello di Rita, e lei condivide con convinzione. Sensibile all'inverosimile, eppur ostinata, caparbia, fin dall'adolescenza dimostra di essere molto dura ed autonoma. Acasa sua, faide, ragionamenti, strategie, vecchi rancori, interessi di ogni tipo, erano all'ordine del giorno, perché, suo padre, don Vito Atria, ufficialmente pastore di mestiere, era un uomo di rispetto che si occupava di qualsiasi problema; per tutti trovava soluzioni; fra tutti, metteva pace, "…per questioni di principio e di prestigio…- sosteneva Rita - senza ricavarne particolari vantaggi economici…" tranne quello di rubare bestiame tranquillamente ed avere buoni rapporti con tutti quelli che contavano.Cionostante, il 18 novembre dell'85, don Vito Atria, non avendo capito che il tempo è cambiato, e che la droga impone un cambio generazionale, è stato ucciso. Rita innanzi a quel cadavere crivellato di colpi, fra gli urli e gli impegni di rappresaglia dei famigliari, anche se appena dodicenne, dentro di sé, comincia ad rimestare vendetta. Ma la morte del padre le lascia un vuoto.Rita, allora, riversa tutto il suo affetto e la sua devozione sul fratello Nicola. Ma Nicola era un "pesce piccolo" che col giro della droga, aveva fatto i soldi e conquistato potere. Girava sempre armato e con una grossa moto. Quello con il fratello diventa un rapporto molto intenso, fatto di tenerezza, amicizia, complicità, confidenze. E' Nicola, infatti, che le dice delle persone coinvolte nell'omicidio del padre, del movente; chi comanda in paese, le gerarchie, cosa si muove, chi tira le fila… trasformando così una ragazzina di diciassette anni, in custode di segreti più grandi di lei. Tutto ciò non le impedisce di innamorarsi e fidanzarsi con Calogero, un giovane del suo paese. Fino al 24 giugno del 91, il giorno in cui anche suo fratello Nicola viene ucciso e sua cognata Piera Aiello che da sempre aveva contestato a quel marito le frequentazioni e i suoi affari, collabora con la giustizia e fa arrestare un sacco di persone. Calogero interrompe il fidanzamento con Rita perché cognata di una pentita e sua madre Giovanna va in escandescenze.Dopo il trasferimento in località segreta di Piera e dei suoi figli, Rita a Partanna è veramente sola: rinnegata dal fidanzato e dalla mamma, non sa con chi parlare, con chi scambiare due parole.Sottomettersi come sua madre o ribellarsi?All'inizio di novembre, ad appena diciassette anni, decide di denunciare il sistema mafioso del suo paese e vendicare così l'assassinio del padre e del fratello. Incontra il giudice Paolo Borsellino, un uomo buono che per lei sarà come un padre, la proteggerà e la sosterrà nella ricerca di giustizia; tenterà qualche approccio per farla riappacificare con la madre. La ragazzina inizia così una vita clandestina a Roma. Sotto falso nome, per mesi e mesi non vedrà nessuno, e soprattutto non vedrà mai più sua madre. L'unico conforto è il giudice. Ma arriva l'estate del '92 e ammazzano Borsellino, Rita non ce la fa ad andare avanti. Una settimana dopo si uccide[...] .
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"Ora che è morto Borsellino, nessuno può capire che vuoto ha lasciato nella mia vita.Tutti hanno paura ma io l'unica cosa di cui ho paura è che lo Stato mafioso vincerà e quei poveri scemi che combattono contro i mulini a vento saranno uccisi. Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combatere la mafia che c'è nel giro dei tuoi amici, la mafia siamo noi ed il nostro modo sbagliato di comportarci. Borsellino, sei morto per ciò in cui credevi, ma io senza di te sono morta.
Rita Atria "... (26 luglio 1992).
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Maledetto quel 26 luglio 1992(ore 15 circa)... Cara Rita,mi dispiace tantissimo per il tuo suicidio. Ma,ti ringrazio per la scelta coraggiosa che hai fatto: di rompere con la mafiosità,che è più dannosa della mafia!
E, mi piace ricordarti con la foto sopra pubblicata(Natale 1991).Mi piace diffondere questa tua immagine fra i colorati palloncini.
Tu hai creduto che era possibile liberarsi dall'oscurità della cultura mafiosa.
Di vivere nei colori della libertà.
Grazie piccola grande donna di Sicilia.
Ciao,Orazio Vasta.

ANALISI STORICA DELLA KOSOVA/ 2 parte

3-IL DOMINIO SERBO TRA LE DUE GUERRE
Nel 1918, terminate le guerre di conquista, viene proclamato il regno jugoslavo, che a sud vede una Serbia ampliata fino a coprire l'inter Kosova e l'intera Macedonia. Nonostate la firma di accordi internazionali per la protezione dei diritti delle minoranze, la Jugoslavia non rispetterà mai tali impegni. Nessuna scuola in albanese verrà mai aperta nei più di venti anni di dominio serbo e la regione verrà tenuta volutamente in uno stato di degrado sociale e culturale, instaurando inoltre un regime di capillare controllo poliziesco. Per il regime di Belgrado gli albanesi non hanno un'identità propria e sono solo serbi che hanno perso la loro memoria storica. Nel 1913, l'ex primo ministro serbo Djordjevic aveva addirittura scritto un opuscolo nel quale sosteneva in tutta serietà che fino a pochi decenni prima gli albanesi avessero ancora la coda.
Un altro importante personaggio, il prof. Vasa Cubrilovic, ha redatto nel 1937 per il governo jugoslavo un piano di espulsione in massa e con mezzi violenti degli albanesi dalla Kosova, affermando che "nel momento in cui la Germania può espellere decine di migliaia di ebreià la deportazione di qualche centinaia di migliaia di albanesi non porterà certo allo scoppio di una guerra mondiale". Il progetto, per il quale erano già stati presi precisi accordi con la Turchia, che avrebbe dovuto accogliere gran parte degli espulsi, doveva essere messo in atto in cinque anni tra il 1939 e il 1944, ma l'arrivo della Seconda guerra mondiale l'ha impedito.
Sempre in un tale contesto, negli anni '20 il governo jugoslavo ha messo in atto una riforma agraria, che nel caso della Kosova e della Macedonia si è trasformata in una vera e propria colonizzazione, che ha visto la requisizione della terra a molti abitanti locali, per assegnarla a coloni provenienti dalla Serbia. Nell'ambito di tale riforma, 14.000 famiglie serbe si sono trasferite nella Kosova. Il governo di Belgrado, allora come in tempi più recenti, ha avuto difficoltà nel mettere in atto per intero i propri intenti, vista la scarsa disponibilità dei serbi a emigrare in una zona estremamente povera e ostile come la Kosova. Va notato che l'arrivo dei coloni è stato allora osteggiato non solo dalla popolazione albanese della regione, ma anche da quella serba autoctona, vittima anch'essa di requisizioni delle proprie terre.
Subito dopo la Prima guerra mondiale, nel 1918, i principali leader albanesi avevano creato un'organizzazione mirata a promuovere la resistenza agli occupatori, il "Comitato per la Difesa Nazionale della Kosova", detto comunemente "Comitato Kosova". Il Comitato ha organizzato nel corso del decennio successivo un movimento di resistenza coordinando le operazioni delle bande di kacaki, ovvero i briganti locali di nazionalità albanese. Le loro azioni hanno avuto tuttavia scarso successo a causa della spietata repressione serba e dallo scarso appoggio fornito dall'Albania che negli anni '20, con l'arrivo al potere di Re Zog, nei fatti un vassallo di Belgrado, si è trasformato in una persecuzione vera e propria, tanto che il leader del Comitato, Hasan Prishtina, è stato fatto uccidere dal governo di Tirana nel 1933. I leader del Comitato, tutti finiti assassinati tra gli anni '20 e gli anni '30, hanno cercato di intessere rapporti anche a livello internazionale, poco curanti di chi fosse disponibile a sostenere la loro causa, arrivando così a collaborare negli stessi anni con il Comintern e con i servizi segreti fascisti italiani.
4-LA SECONDA GUERRA MONDIALE E L'IMMEDIATO DOPO GUERRA
Nel 1941, un anno e mezzo dopo lo scoppio della Seconda guerra mondiale, le potenze dell'Asse decidono di spartirsi militarmente i territori del regno jugoslavo: avrà inizio così l'occupazione tedesca, italiana e bulgara dei Balcani, che costerà la vita a centinaia di migliaia di persone in tutta la penisola. La Kosova, così come tutta l'Albania e i territori a maggioranza albanese della Macedonia, viene assegnato all'amministrazione fascista italiana, che ne manterrà il controllo fino al 1943, anche se una piccola, ma importante zona, quella mineraria di Trepca, viene assegnata fin dal 1941 alla Germania.
Gli albanesi della Kosova, dopo decenni di repressioni e sfruttamento spietati da parte di Belgrado, accettano con favore il dominio italiano. Roma introduce per la prima volta l'insegnamento in lingua albanese nella regione, ma non consente mai alcuna forma di amministrazione autonoma della Kosova, inviando commissari dall'Albania, colonia italiana già da anni, e sottoponendolo a un'occupazione militare. L'Italia è in quel periodo abile nel giocare sulle divisioni tra serbi e albanesi, consentendo azioni violente contro la popolazione serba, ma spesso prendendo le difese di quest'ultima.
Dopo l'8 settembre 1943 la Germania prende il controllo dell'intero Kosovo e proclama indipendente l'Albania, comprensiva della Kosova e delle zone a maggioranza albanese della Macedonia. Tuttavia anche la Germania mantiene un regime di occupazione militare e non consente alcuna organizzazione autonoma degli albanesi. Sotto i tedeschi riprendono le deportazioni di serbi e montenegrini, per la maggior parte coloni, avviate già dall'Italia nel 1941: le autorità naziste alla fine del 1944 hanno calcolato come pari complessivamente a 40.000 il numero di serbi e montenegrini deportati in Serbia durante la loro occupazione di fatto della Kosova.
A causa della complessa storia passata,nella Kosova il movimento partigiano è sempre stato scarsamente sviluppato. Le scarne organizzazioni del Partito Comunista nella regione erano essenzialmente serbe e gli albanesi che ne hanno fatto parte non hanno mai superato le poche decine, a differenza di quanto avveniva in Albania, dove esisteva un movimento bene organizzato. Oltre ai comunisti, in Kosova operavano anche i cetnici, una formazione nazionalista serba diventata in seguito collaborazionista, e il Balli Kombetar (Fronte Nazionale). Quest'ultimo era una forza nazionalista albanese fondata nel 1942, l'unica nella resistenza con un certo seguito tra la popolazione, di tendenze repubblicane e genericamente di centroùsinistra, ma vicino alle classi possidenti. Nel 1943 vi è stato un incontro tra il Balli Kombetar e un rappresentante del Partito Comunista Jugoslavo, con il quale è stata siglata una dichiarazione comune a favore "della lotta per l'indipendenza dell'Albania e, attraverso l'applicazione del principio dell'autodeterminazione dei popoli, per un'Albania etnica", dichiarazione che verrà tuttavia immediatamente disconosciuta dagli alti gradi della resistenza comunista, con la conseguente apertura di un conflitto esplicito tra le due parti e il progressivo spostamento del Balli Kombetar su posizioni collaborazioniste.
Nei giorni a cavallo tra il 1943 e il 1944, inoltre, si tiene a Bujan una conferenza dei delegati del Partito Comunista Jugoslavo del Kosovo, i quali decidono la creazione di un Consiglio Regionale per l'intero Kosovo e formulano una dichiarazione in cui si dice: "il KosovoùMetohija è un'area a maggioranza albanese che, oggi come sempre in passato desidera unirsi all'Albania. L'unico modo in cui gli albanesi del Kosovo-Metohija possono unirsi all'Albania è attraverso una lotta comune con gli altri popoli della Jugoslavia contro gli occupatori e i loro lacché. Perché l'unico modo in cui è possibile raggiungere la libertà è se tutti i popoli, ivi inclusi gli albanesi, avranno la possibilità di decidere da soli il loro destino con il diritto all'autodeterminazione, ivi incluso quello alla secessione". Il Comitato Centrale del Partito Comunista non gradisce tale formulazione e invia un rappresentante in Kosova per comunicarlo, ma la dichiarazione rimane tuttavia il programma ufficiale del Consiglio Regionale fino alla scacciata dei tedeschi, avvenuta nel novembre del 1944. Nei fatti una decisione in merito ai futuri destini della Kosova e dell'Albania viene rimandata a dopo la liberazione, nel contesto di quella che si prevedeva sarebbe stata la creazione di una federazione balcanica. Il Partito Comunista Jugoslavo, proprio nel contesto di tale progetto di federazione, mantiene in questo periodo un controllo di fatto anche sulla resistenza comunista in Albania.
Immediatamente dopo la cacciata dei nazisti, in Kosova si verifica un primo grave fatto di violenza. Nella regione di Drenica vengono scoperti i corpi di 250 albanesi massacrati da partigiani jugoslavi, come scopre una commissione inviata a verificare quanto accaduto. Le autorità del Partito Comunista, tuttavia, non adottano alcuna misura punitiva e fanno invece fucilare il responsabile della commissione. Si tratta della scintilla che fa scattare una vera e propria insurrezione della popolazione albanese contro le autorità jugoslave, che durerà per buona parte del 1945. La Kosova viene dichiarata "zona militare" e viene messa in atto una spietata repressione che causa la morte di decine di migliaia di albanesi, con episodi particolarmente tragici, come quello avvenuto in Montenegro, dove 1670 civili vengono chiusi in un tunnel e asfissiati con il gas. Le repressioni e i massacri vengono giustificati con la necessità di estirpare gli elementi collaborazionisti, ma nella realtà sono una vera e propria guerra contro la popolazione insorta che rivendicava, tra le altre cose, anche l'unione del la Kosova con l'Albania. La sezione serba del Partito Comunista condanna a quei tempi gli "eccessi" nella repressione, ma non adotta alcuna misura e sui fatti verrà stesa una cortina di silenzio che durerà fino alla fine della Jugoslavia.
Nel luglio del 1945, a insurrezione ormai quasi liquidata, il Partito Comunista Jugoslavo sancisce che la Kosova deve rimanere nella Serbia, come regione priva di diritti amministrativi autonomi. Inoltre, la nuova costituzione non riconosce tra le nazionalità costituenti della Jugoslavia quella albanese. Nel tentativo di guadagnarsi qualche favore presso la popolazione albanese le autorità decidono di vietare il rientro in Kosova ai circa 50.000 serbi che ne erano stati scacciati durante la guerra e non applicano contro gli albanesi le misure di punizione delle "responsabilità collettive dei popoli collaborazionisti", messe in atto invece con deportazioni massicce contro tedeschi, ungheresi e italiani.

****continua

NO ALLA PENA DI MORTE!

ALGERIA. APPELLO PER ABOLIRE LA PENA DI MORTE
22 febbraio 2002: Farouk Ksentini, presidente della Commissione Consultiva per i Diritti Umani in Algeria, ha dichiarato sulla televisione governativa che la pena di morte dovrebbe essere abolita nel paese, anche se questo è contro la shari'a.La legge dell’Algeria prevede la pena di morte per una serie di reati compresi crimini ordinari. Nel 1992 la pena capitale è stata estesa agli atti terroristici. Sono reati capitali, tra gli altri: tradimento e spionaggio, tentativi di rovesciare il regime o atti di istigazione, distruzione del territorio, sabotaggio di servizi pubblici o dell’economia, massacri e stragi, partecipazione a bande armate o a movimenti insurrezionali, falsificazione, omicidio, torture o crudeltà, rapimento di bambini e furto aggravato.L’ultima esecuzione in Algeria ha avuto luogo nell’agosto del 1993, quando sono stati giustiziati sette militanti islamici per un attentato dinamitardo nel 1992 all’aeroporto di Algeri che aveva provocato una quarantina di morti.

"POETI IN SPASGNA"

Cari amici,il Centro Culturale Studi Storici e la rivista "Il Saggio", il 2 marzo consegneranno un diploma ad alcuni nostri poeti che hanno pubblicato su "versi diversi" e "Donna, Mistero, Arte".
La dott. Susana Corrale Moreno di Madrid, con il suo gruppo ha scelto 10 poeti per ogni antologia.La manifestazione "Poeti in Spagna" si terrà nella Sala Mangrella dalle ore 18,00.
Saranno lette le poesie da Angelo De Martino del gruppo teatrale "Idearte", da Azzurra Liliano, Jole Mustaro e Concetta Onesti.
Presenta la serata Angela ClementeInterverranno: l’Assessore alla cultura della città di Eboli Mimmo Maglio e l’assessore alle politiche giovanili Dott. Massimo Cariello.
Grazie a tutti quelli che interverranno e a quelli che da lontano ci stanno vicino col cuore.
Giuseppe Barra

W LA VENETIA W LA SICILIA


Salve mi chiamo Mirto Giacomo webmaster del blog Giovani Indipendentisti. Mi sono permesso di scriverle per complimentarmi per il suo intervento sul nostro blog. Io faccio parte di una associazione culturale Raixe Venete, associazione apolitica e apartitica ( www.raixevenete.net , presentazione nella sua lingua: http://www.raixevenete.net/sicilian_presentation.asp). Io, auspico che un giorno risorgano le gloriose nazioni spazzate via dall'armata brancaleone chiamata Italia.Per questo auguro al popolo Siciliano di ritrovare la propria identità nazionale per magari un giorno disputare un campionato europeo tra Sicilia e Venetia.
Ancora grazie.
Saluti indipendentisti
Mirto Giacomo
W la Sicilia
W la Venetia

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Kosova,Sicilia,pulizia etnika e dintorni... Non solo la nostra Isola è "già staccata" geograficamente- grazie a Dio!-ma è storicamente "un'altra cosa" da quello che comunamente chiamiamo Italia. La storia della Sicilia ,ovviamente, non quella che studiamo a scuola e nelle università del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica italiana- insegna che noi Siciliani abbiamo una nostra identità nazionalitaria, altro che regionalismo e padania! E allora? Occorre impegnarsi nella ricerca dell'identità perduta o, meglio, dell'identità cancellata. I Sicilani,abbiamo visto scomparire quella netta consapevolezza identitaria, quel senso di appartenenza e di legame con la Sicilia e la sua storia. Oggi l'identità nazionalitaria dei Siciliani é considerata antistorica, antieuropea: "ma quale nazione siciliana,siamo nell'era della globalizzazione, foriera di civiltà e modernità, di benessere e prosperità!" Ma, i Siciliani,che vogliamo essere moderni ma coscienti di noi stessi e non sudditi ,i Siciliani orgogliosi di esserlo, la cui storia é mistificata oltre l'immaginabile, dobbiamo avere il coraggio di ritrovare l'unità che in passato, per più volte, c'ha permesso di essere il Popolo della Nazione Siciliana. La lezione impartita dal coraggioso Popolo della Kosova(Kosova è la traduzione in lingua albanese di Kosovo o Kossovo)insegna che neanche le pulizie etnike possono cancellare l'esistenza culturale e umana di un Popolo. E, che cos'è, se non pulizia etnika,la manipolizazzione e la cancellazione scientifica da parte dello Stato italiano della cultura e della storia dei Siciliani,ridotti ad essere carne da macello per la MAFIA e ad essere identificati nel mondo intero con il binomio razzistico SICILIA=MAFIA? Scriveva il mio amico e maestro Pippo Fava:..."Un uomo,ad un certo momento della sua vita,deve fare una scelta"... Credo,che i Siciliani siamo chiamati ad essere padroni in CASA NOSTRA,lasciando a "loro" i CALIFFI DELL'AUTONOMIA "riscoperta"...dopo 60 anni di complice silenzio.
Orazio Vasta oraziovasta@libero.it a rarika (blog)




martedì 26 febbraio 2008

ATTO CRIMINALE!

Morta aquila reale trovata ferita
CATANIA - E' morta a causa delle ferite, probabilmente di arma da fuoco, la femmina di Aquila reale recuperata venerdì scorso nel Parco dell'Etna, a poca distanza dal Parco Fluviale dell'Alcantara. A nulla sono serviti gli sforzi del prof. Luigi Lino, del Fondo siciliano per la natura e responsabile anche del Centro speciale recupero fauna selvatica di Valcorrente, ospitato nella struttura della Provincia, e dei medici del servizio veterinario dell'Ausl di Catania, che da subito si erano prodigati per salvare il volatile, che era debilitato e presentava una vistosa frattura a un omero. 25/02/2008 www.lasicilia.it
***nella foto:il vulcano Etna in attività

ANALISI STORICA DELLA KOSOVA

Si parla tanto in questi giorni della Kosova e della sua Indipendenza. Da questo blog ho sostenuto il DIRITTO DEL POPOLO DELLA KOSOVA ALL'AUTODETERMINAZIONE E ALLA DEMOCRAZIA, e,da molte parti sono stato accusato di essere "ingenuo",di essere "fascista", di essere "amico dei mafiosi di Pristina", di aiutare "l'islamizzazione dell'Europa cristiana"...Ho,anche, ricevuto attestati di solidarietà da parte di tantissima gente,che, come me,crede che I POPOLI HANNO DIRITTO ALL'INDIPENDENZA NAZIONALE SENZA MA e SENZA SE! Ho ricevuto,inoltre,attestati di stima e amicizia da giornalisti ed intellettuali kosovari...Da oggi, A RARIKA pubblica una sintetica analisi storica della Kosova,un contributo diretto e fattivo per IL SOSTEGNO E LA DIFESA DELL'INDIPENDENZA DELLA KOSOVA,perchè solo la verità rende liberi.
Orazio Vasta
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1-POSIZIONE GEOGRAFICA E CARATTERISTICHE DEMOGRAFICHE
La Kosova copre un'area di quasi 11.000 kmq ,e confina a sud-ovest con l'Albania, a nord-ovest con il Montenegro e la Serbia, a est con la Serbia e a sud con la Macedonia. Il suo territorio può essere diviso in due aree distinte: quella orientale e quella occidentale, che i serbi chiamano rispettivamente Kosovo e Meothija (Dukagjin per gli albanesi). La prima è costituita da una vallata al cui centro si trova la capitale Pristina ed è densamente popolata, con importanti risorse minerarie e agricole ed è attraversata inoltre da un'importante linea di comunicazione stradale e ferroviaria che collega Belgrado alla Macedonia e al litorale greco. La seconda ha dimensioni più ampie ed è prevalentemente agricola. I confini della Kosova sono segnati a sud, ovest e nord da catene montuose, tra le quali la più alta e inaccessibile è quella della Sar Planina, posta sul confine con la Macedonia.
La popolazione della Kosova era nel 1991 approssimativamente di 2.000.000 abitanti, di cui circa 1.700.000 albanesi, 170.000 serbi, con la presenza di altre minoranze come rom, turchi e musulmani. Si calcola che circa 300.000 albanesi, prevalentemente di età giovane, siano emigrati all'estero tra il 1989 e oggi. Dagli anni '70 è in atto una lenta, ma costante emigrazione di serbi verso le zone più ricche della Serbia. La densità della Kosova è di 193 abitanti per kmq (più del doppio della media jugoslava all'inizio degli anni '90). Il tasso di crescita demografica, seppure diminuito negli ultimi anni, è il più alto d'Europa insieme a quello dell'Albania. La famiglia media è composta da 6,9 persone e nel solo quinquennio 1986ù1990 la popolazione della Kosova è aumentata complessivamente del 23,4%.
Il 70% della popolazione è di religione o tradizione islamica, il 10% di religione ortodossa e il 5% di religione cattolica, ma va sottolineato che per gli albanesi l'identità religiosa ha avuto sempre storicamente scarsa rilevanza, a differenza di quella nazionale.
Le attività economiche principali sono quelle agricole e quelle minerarie e dell'industria pesante. Il complesso minerario di Trepca, nella Kosova nordùorientale è uno dei maggiori produttori di piombo del mondo.
Nella Kosova vi sono inoltre importanti centrali termoelettriche che costituiscono la principale fonte di energia elettrica della Serbia e della Macedonia.
2-DALL'IMPERO OTTOMANO ALL'OCCUPAZIONE SERBA
La Kosova è stata per quasi 500 anni, a partire dal XV secolo, sotto il dominio dell'impero ottomano, nell'ambito del quale ha vissuto un periodo iniziale di fioritura economica, dovuta soprattutto alle sue risorse minerarie e al fatto di essere attraversato da vie di comunicazione allora importanti. Tale periodo tuttavia è cessato tra il XVII e il XVIII secolo nel contesto generale di crisi economica e sociale dell'impero, che nella Kosova ha preso forme particolarmente acute.
Nei fatti, dal XVII secolo la Kosova è diventato una delle aree più povere e isolate dei domini ottomani in Europa, tanto che è solo nell'800 che sono state tracciate le prime, approssimative carte geografiche della regione. Nel 1867, nell'ambito di una riforma territoriale dell'impero ottomano, viene creata una grande unità amministrativa, il vilayet di Prizren, che comprende l'intero odierna Kosova, più le regioni di Debar, Skopje e Nis (tutte a maggioranza o a forte presenza albanese). Nel 1888 l'unità amministrativa prende il nome di vilayet della Kosova e viene esteso anche al Sangiaccato di Novi Pazar, mentre la capitale diventa Skopje.
Il progetto della creazione di un vilayet che comprendesse tutte le popolazioni albanesi dell'area (cioè anche quelle dell'Albania attuale) è stato in quell'occasione accantonato dalle autorità ottomane.
Nel 1878, nell'ambito del risveglio nazionale albanese, viene creata su iniziativa di Abdyl Frasheri, originario del sud dell'Albania, la Lega di Prizren, che nell'intenzione del suo promotore doveva lottare per l'autonomia territoriale degli albanesi, ma che inizialmente, visti i timori delle ali più conservatrici, si impegna solo a impedire l'occupazione da parte di eserciti stranieri e dichiara fedeltà al sultano. Nel giro di pochi mesi, tuttavia, si intensificano le tendenze autonomistiche, mentre la Lega si struttura anche militarmente e nel 1880 ottiene un controllo di fatto dell'intero territorio della Kosova. La reazione di Constantinopoli è stata allora durissima e dopo l'invio dell'esercito ottomano nel 1881 e le devastazioni compiutevi vi è stato un periodo di più di 20 anni di continue rivolte e repressioni.
Ai primi del '900 si intensificano le mire delle grandi potenze verso i Balcani e la Lega di Prizren adotta nuovamente una posizione di appoggio condizionato (e nei fatti ampiamente conflittuale) al sultano, nel timore di vedere le terre albanesi oggetto di nuove conquiste da parte degli occidentali e dei vicini stati balcanici. E' in questo contesto che nel 1912 si ha una massiccia insurrezione da parte degli albanesi, che arrivano a conquistare Skopje e avanzano la richiesta di una unificazione dei territori albanesi dell'impero ottomano, di una loro amministrazione autonoma e della creazione di un sistema educativo in albanese. Tutte le loro richieste verranno accettate, ma non vi sarà il tempo per applicarle, perché meno di due mesi dopo la Kosova verrà invasa e occupata da truppe serbe.
Nel 1912, infatti, scoppia la Prima Guerra Balcanica, con la quale Serbia, Bulgaria e Grecia mirano a spartirsi i territori europei dell'impero ottomano ormai agonizzante, con il sostegno delle varie potenze europee. Dal 1912 al 1918 l'intera regione, tra guerre balcaniche e Prima guerra mondiale, rimane in stato di guerra permanente, con continui rovesciamenti di fronte, che vedranno la Kosova occupato prima dai serbi, poi dagli austriaci e dai bulgari e, infine, di nuovo dai serbi.
L'intenzione della Serbia era quella di estendersi militarmente fino alla costa adriatica, a Durazzo, ma l'opposizione di Austria e Italia porterà nel dicembre del 1912 alla creazione di uno stato albanese corrispondente all'incirca a quello odierno. La decisione è stata il frutto di un compromesso, dopo che Francia e Russia si erano opposte alla creazione di un'Albania comprendente anche la Kosova e le altre zone a maggioranza albanese.
(continua domani con:3-IL DOMINIO SERBO TRA LE DUE GUERRE)

UN PARTITO ETICO


Ricevo e pubblico
11 PASSI con "Il Loto"
estratto dal Programma Politico 2008
1.Vivere la politica dei valori umani, con spirito di servizio verso la collettività, riducendo le indennità degli eletti e con la nostra disponibilità da subito ad autoridurci le indennità destinandone parte ad opere umanitarie e sociali;
2.Introdurre l’educazione ai valori umani nei programmi scolastici ufficiali e inserimento dell’ora di studio di tutte le religioni e delle filosofie spirituali nel mondo;
3.Sostegno, fiducia e credito ai giovani favorendone l’inserimento nel mondo lavorativo e politico; agevolazioni sui contratti di locazione per studenti, creare una larga intesa tra Stato e sistema bancario per la creazione di opportunità di microcredito sulla fiducia e senza garanzie.
4.Favorire la possibilità di creare una famiglia, concessione di mutui agevolati per la costituzione di imprese familiari, contribuzioni periodiche con incidenza decrescente all’aumentare dell’età del figlio, agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa, locazioni agevolate per famiglie meno abbienti. Regolamentare e riconoscere la dignità sociale e giuridica delle stabili coppie di fatto.
5.Favorire la maternità e il mantenimento del ruolo lavorativo della donna madre e lavoratrice, incrementare i nidi aziendali.
6.Rispettare l’ambiente utilizzando fonti di energia rinnovabile, favorire la ricerca e portare l’Italia verso l’autosufficienza energetica, educare alla raccolta differenziata Creare un Ministero dell’Energia, favorire l’agricoltura e l’alimentazione naturale e biologica non manipolata.
7.Una riforma della Giustizia per un processo breve, semplice, meno costoso anche al fine di una immediata efficacia dei provvedimenti. Garantire maggiore sicurezza al cittadino e agevolare il lavoro delle forze dell’Ordine. Creare il Tribunale per i diritti della Famiglia.
8.Una sanità al servizio del malato, rispetto e dignità della sofferenza e comprensione della persona e del suo vissuto nel dolore. Rendere adeguate le strutture ospedaliere e la qualità del servizio. Valorizzazione della medicina naturale ed integrata. Investire nella ricerca.
9.Economia: favorire l’iniziativa imprenditoriale sul territorio italiano garantendo contributi e agevolazioni anche fiscali. Abbattere la spesa pubblica e i privilegi. Garantire adeguamenti salariali e riduzione delle tasse. Deducibilità delle spese sostenute per: educazione dei figli, manutenzione della casa, auto famigliare, carburante, polizze assicurative, spese legali. Abolire ogni forma di tassazione sulle successioni e la tassazione sulla prima casa. Possibilità di carriera secondo il criterio di meritocrazia anche per i dipendenti pubblici.
10.Vivere una "terza età" attiva, integrata con le nuove tecnologie e i nuovi linguaggi della società, favorire lo scambio di conoscenze intergenerazionali, creare i Senior Village strutture atte a favorire la vita di comunità dell’anziano, dotate di servizi e opportunità di lavoro e svago. Favorire e sostenere pensionati di fascia bassa con buoni spesa e assistenza domiciliare e permettere agli anziani di vivere con dignità.
11.Operare per una società integrante e non emarginante, favorendo opportunità di lavoro e di relazione ai diversamente abili. Sviluppare opportunità di lavoro e riqualificazione per i carcerati. Il Loto crede nell’unità nella diversità, ciò non può prescindere dal rispetto per ogni credo religioso che porti gli esseri umani verso l’unione e il rispetto reciproco, fermo restando il rispetto della legge dello Stato e dei valori e diritti umani. Maggiore controllo e regolamentazione dei flussi di immigrazione.
Il nostro programma è pensato da persone semplici che si impegnano ad affrontare tematiche complesse con un linguaggio comprensibile, leggetelo su
www.il-loto.it vi aspettiamo e siamo pronti ad ascoltarvi!
Luigi Ferrante

Presidente de "Il Loto"

ROMAGNA:PROVINCIA AUTONOMA O REGIONE AUTONOMA?

"Cesena, 25 febbraio 2008
Trascrivo di seguito un articolo del 18 gennaio u.s. su "Il Resto del Carlino".
Cordiali saluti.
Bruno Castagnoli
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Da "Il Resto del Carlino" di Venerdì 18 gennaio 2008 - Cronaca di Forlì
L'INTERVENTO
Romagna, la provincia non basta
di UBALDO MARRA
RITENGO che il documento approvato dal consiglio comunale sulla cosiddetta Provincia di Romagna sia stato un errore per molteplici motivi; in primis perché impraticabile dal punto di vista istituzionale, dal momento che esiste la provincia è chiamata ad un lavoro di coordinamento di programmazione in ambiti territoriali omogenei tanto è vero che solo qualche anno fa è stata creata la provincia di Rimini; inoltre perché recentemente, a livello nazionale, in più occasioni, si è ipotizzato una revisione delle funzioni dell'ente provincia ed, anzi, la soppressione delle stesse è uno dei punti fondamentali per la verifica in atto del Governo Prodi; infine perché se i rappresentanti delle forze politiche presenti nel nostro consiglio comunale di Forlì hanno avvertito i limiti delle funzioni dell'ente provincia e, probabilmente, anche quelli derivanti dalla impossibilità di trovare momenti di sintesi sulle scelte di programmazione, appare più opportuno prevedere anche momenti decisionali, che sappiano coniugare programmazione territoriale e opportunità realizzative.
Penso, quindi, che se l'intenzione e di definire meglio le priorità programmatorie del bacino romagnolo, la conseguenza non può che essere l'istituzione della regione Romagna.
Non vi è dubbio infatti che il nostro territorio soffra, non tanto la divisione istituzionale fra Emilia e Romagna, quanto piuttosto una politica delle scelte che spesso ha preso tre se non quattro direzioni.
Dal punto di vista ideale, forse, sarebbe meglio ipotizzare la Romagna "città metropolitana", ma la storia e le dimensioni ne impediscono anche solo la discussione.
Occorre, allora, tenere presente anche che il territorio romagnolo si è recentemente ampliato: i comuni del Montefeltro, infatti, attraverso l'istituto del referendum, hanno espresso piena convinzione di traslocare dalle Marche all'interno dei confini romagnoli, caratterizzando ulteriormente la realtà riminese.
E' già di per sé vergognoso che una decisione democratica, come quella assunta dai cittadini dei comuni di Montefeltro non trovi una corsia preferenziale in Parlamento, ma che essa non sia stata neanche l'occasione per una riflessione sul futuro istituzionale delle terre di Romagna è, a dir poco scandaloso.
Non sì può affrontare un tema come questo in pochi minuti, con una boutade sui giornali locali o con un ordine del giorno, confuso e probabilmente privo di reali intenti istituzionali, ma occorrerebbe, come minimo, che il tema sia affrontato in tutte le sedi istituzionali, dopo aver fatto maturare un confronto e un dibattito fra le forze politiche.
E' un tema questo che il nascente partito democratico dovrà affrontare con estrema chiarezza sia al proprio interno sia nel confronto con le altre forze politiche di governo amministrative, soprattutto all'interno dell'attuale consesso regionale, affinché il rapporto fra Emilia e Romagna trovi sempre un più giusto equilibrio.
Certo è che i romagnoli debbono trovare quello spirito di collaborazione che ha già portato grandi risultati per ciò che concerne ad esempio l'università e le risorse idriche e che può essere determinante per lo sviluppo delle infrastrutture che ancora mancano nel nostro territorio.
Penso in questo momento dell'Alta Velocità ferroviaria che sul modello emiliano (vedi la nuova stazione Reggio-Parma-Modena) potrebbe prevedere una stazione nuova nel cuore del territorio di Romagna - sulla Riviera -magari inserita nel contesto dell'aeroporto di Pisignano che potrebbe essere destinato ad assorbire in futuro Forlì e Rimini.
Può sembrare un progetto eccessivo, ma il futuro è oggi ed occorre saper guardare avanti con scelte programmatiche di grande respiro.
Ubaldo Marra
Amministratore di E-Bus, Dirigente dei D.S.".

RAFFAELE CUFFARO,AMICO DI TOTO' LOMBARDO...QUANTI C A S I N I!

Sicilia, finita la fronda di Miccichè, posto di Ministro per il Sì a Lombardo
Berlusconi: Senato più sicuro, Falso che scivoliamo a destra
di Emanuele Lauria

PALERMO - «Grazie all'accordo con l'Mpa di Raffaele Lombardo vinceremo le elezioni in Sicilia e anche in Senato avremo una larga maggioranza». Silvio Berlusconi, in un collegamento telefonico con un convegno organizzato a Torino da Vito Bonsignore, ex Udc passato nel Pdl, spiega quanto tenesse a risolvere il caso Sicilia. E l'intesa, adesso, serve anche al Cavaliere a spiegare che «non siamo scivolati a destra come qualcuno maliziosamente vuole insinuare. II Popolo della libertà è il centro dello schieramento politico italiano».
Insomma, ora guarda avanti con più fiducia, Berlusconi, anche perché ieri mattina ha risolto l'ultima grana siciliana: Gianfranco Miccichè, uno dei proconsoli del Cavaliere che aveva minacciato dì correre da solo per le regionali se si fosse stretto un accordo con Lombardo e l'Udc dell'ex governatore Salvatore Cuffaro, ha fatto una brusca retromarcia rinunciando alla candidatura autonoma. Miccichè ha spiegato che continuerà la sua battaglia «come garante della legalità é del rinnovamento in Sicilia». Un ruolo che, dice lui, potrà svolgerecome ministro del Mezzogiorno in un futuro governo Berlusconi e con una supervisione sulla scelta degli assessori di Lombardo.
Ma è una via d'uscita che ha attirato sul presidente dell'Assemblea regionale una valanga di critiche, da parte del Pd e dallo stesso centrodestra. «La rivoluzione di Miccichè si è risolta in una farsa», attacca il segretario del Pd in Sicilia, Francantonio Genovese. E a conferma della spaccatura interna a Forza Italia, il coordinatore regionale del partito, Angelino Alfano, ha subito chiarito che «l'unico garante dell'accordo, oltre che patrocinatore e costruttore, si chiama Silvio Berlusconi». Lo stesso Lombardo si è tolto qualche sassolino dalla scarpa: «Miccichè? Stamattina mi ha chiamato, mi è sembrato lo stesso che sei mesi fa mi supplicava di candidarmi. Non ho bisogno di garantì».
In ogni caso, senza il terzo incomodo, è partita ad Acireale la campagna elettorale del leader autonomista per Palazzo d'Orleans. Un esercito di settemila persone fatte venire in pullman da ogni provincia dell'isola, con delegazioni provenienti da altre regioni meridionali, ha affollato il Palasport. In platea, fra le bandiere con lo stemma della Trinacria e finanche un vessillo dell'Evis (l'esercito dei volontari che cullò il sogno dell'indipendenza siciliana nell'immediato dopoguerra), era presente l'intero stato maggiore del centrodestra nell'isola. Tranne Cuffaro. «Per evitare strumentalizzazioni», spiega Lombardo. Ma la figura dell'ex governatore aleggiava comunque.
Berlusconi, in mattinata, era stato piuttosto freddo: «Cuffaro? Un problema di Lombardo. Non credo parteciperà alla campagna elettorale». Ma Anna Finocchiaro, l'avversaria di Lombardo, dice che nulla è cambiato: «La candidatura di Lombardo sancisce la perfetta continuità con il precedente governo di centrodestra. È la conferma di una concezione del potere fatta di occupazione della pubblica amministrazione, di clientele e di sprechi». Lombardo ha replicato gelido: «Questa manfrina su Cuffaro e la discontinuità non nascondono un vuoto di programma, che invece mi sembra evidente nel centrosinistra».
http://www.lasicilia.it/ 25 febbraio 2008
***sopra la prima pagna dell'edizione di Palermo de "la Repubblica" del 25/2/08

lunedì 25 febbraio 2008

A CHIANA DI L'ALBANISI





Piana degli Albanesi (in albanese Hora e Arbëreshëvet; in siciliano Chiana), è un comune di 6.214 abitanti della provincia di Palermo. Principale comunità arbëreshë della Sicilia, l'amministrazione comunale utilizza nei documenti ufficiali anche l'albanese, ai sensi della vigente legislazione italiana sulle minoranze linguistiche.
Piana degli Albanesi venne fondata nel 1488 da un gruppo di esuli albanesi in fuga dall' Albania ove vi era l'invasione da parte dell'
Impero Ottomano. Nel corso dei secoli gli abitanti di Piana seppero conservare gelosamente le proprie radici culturali.
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Centralino del comune di Piana degli Albanesi: 091 8574144
Email del comune: sindaco@pianalbanesi.it