martedì 13 maggio 2008

Cosa vogliono i Siciliani /2 parte

Pubblichiamo la seconda e ultima parte dell'intervento dell'avvocato Natale Turco,pubblicato a Catania,nei primi anni ottanta dal FNS-Sicilia Indipendente...
Motivi socio-economici.
Dicono che allo stato attuale il volume globale della produzione agricola e alimentare della Sicilia non raggiunge quei livelli che possano consentirle una sua presenza quantitativa nel circuito mondiale di questi beni di prima necessità. Ma è sempre vero che questo volume è in grado di soddisfare ampiamente i bisogni interni, e che molti tra i più significativi prodotti di alcuni settori agricoli e alimentari, come gli agrumi, l'olio, il vino, la frutta secca, le primizie orticole, le farine di cereali e le semole, le paste alimentari, i prodotti della pesca ecc., contribuiscono efficacemente ogni anno a rendere " attiva " la nostra bilancia commerciale. Le risorse minerarie della Sicilia sono considerevoli, e risultano ancora più imponenti le possibilità di sviluppo e di organizzazione della produzione del settore industriale, oltre che dell'artigianato e del commercio.
Asservimento economico e politico.
Ma la nostra economia riflette dal 1860 la disperata condizione di servitù politica dell'Isola, così che, pur possedendo i requisiti necessari a un suo decollo autonomo, presenta invece tutti i connotati tradizionali di un'economia coloniale, subalterna e integrativa, posta cioè completamente al servizio delle esigenze economiche e rapinatrici dello Stato colonizzatore. E per averne la dimostrazione, basta riflettere sui dati ufficiali fornitici dal Bollettino del Banco di Sicilia sulla congiuntura economica siciliana.
L'energia elettrica.
1) Secondo le stime ENEL, la Sicilia produce 16/18 miliardi circa di Kwh di energia elettrica: dei quali soltanto circa 12 miliardi sono consumati nell'Isola, mentre tutto il resto è trasferito in Italia. Di questi 12 miliardi però, il 40% è consumato dai Siciliani per illuminazione pubblica, consumi domestici, commercio e pubblica amministrazione, agricoltura e trasporti, ma il restante 60% è trasferito anch'esso a quelle industrie italiane di Stato, chimiche ed estrattive , che operano impunemente tra Priolo (SR) e Gela (CL). Così che, mentre i Siciliani pagano per i 4 miliardi e mezzo circa di Kwh consumati, vengono derubati letteralmente dei restanti miliardi di Kwh di energia, tutta prodotta nelle loro centrali. La perdita secca per la nostra economia, al prezzo netto di oggi per L/Kwh, è di 500 miliardi annui di lire!
Il petrolio ed il metano.
2) Secondo le stime ENI, dal 1971 i pozzi della Sicilia continuano a produrre una media non inferiore a 7 milioni annui di barili di petrolio greggio "pesante". Ma questo tipo di greggio, che sul mercato mondiale attuale ha un valore superiore ai 22 $ USA per barile, ci viene anch'esso rubato dall'ENI senz'alcuna contropartita. La perdita secca per la nostra economia è di almeno 250 miliardi di lire annui, ai quali inoltre si deve aggiungere la perdita secca per il mancato pagamento dei 600 milioni di metri cubi di gas metano, estratto mediamente ogni anno, e anch'esso portato via senz'alcuna contropartita, dai giacimenti di Gagliano Castelferrato (EN), dal solito Ente di Stato.
Le entrate tributarie.
3) Secondo i dati dell'UPI, dell'ANIC e della MONTEDISON, il petrolio greggio importato e lavorato in Sicilia dalle varie raffinerie italiane è di oltre 31 milioni di tonnellate, segnando così un ulteriore incremento produttivo dell'ordine di 4 milioni di tonnellate rispetto all'anno precedente. E mentre quelle raffinerie italiane continuano ad aumentare il danno al patrimonio ecologico e alla salute stessa dei Siciliani, questi, di contro, non percepiscono che una misera parte delle entrate tributarie devolute allo Stato Italiano, il quale così, oltre a sottrarre ogni anno alla nostra economia una parte del gèttito derivante da quei redditi soggetti a ricchezza mobile, in base a quelle attività industriali " siciliane " ci ruba ancora quanto segue: l'intero ammontare del gèttito di quelle " nuove entrate tributarie " che egli via via impone e destina " alla copertura di oneri diretti a soddisfare le (sue) particolari finalità contingenti o continuative "; l'intero ammontare delle corrispondenti imposte sugli oli minerali e loro derivati, sui gas incondensabili degli stessi prodotti petroliferi e sui gas stessi liquidi con la produzione; e l'intero ammontare dell'imposta erariale sul gas metano. Oltre a sottrarci tutto ciò, lo Stato italiano fa pagare ai Siciliani le imposte periodiche che continua a sovrapporre al prezzo originario della benzina, prodotta in Sicilia. La perdita secca per la nostra economia si aggira intorno ai 600 miliardi annui di lire!
La Petrolchimica e i fertilizzanti.
4) Le materie plastiche, le resine sintetiche, i prodotti chimici per l'agricoltura che MONTEDISON, ANIC, ISPEA ecc., con la rapina del nostro petrolio e dei 2 milioni di tonnellate all'anno di minerali potassici, producono negli stabilimenti di Priolo Gargallo, Porto Empedocle, Gela, Campofranco, Pasquasia e San Cataldo, rendono alla nostra economia un danno calcolabile in 150 miliardi annui di lire!
Le valute pregiate.
5) Secondo l'ISTAT e l'Assessorato siciliano al Turismo, ogni anno si registra nell'Isola la presenza di 3 milioni di turisti stranieri. E poichè lo Stato Italiano si oppone ancora all'attuazione di quel diritto che ha ipocritamente riconosciuto ai Siciliani con
L'art.40 del mortificato Statuto speciale dell'Autonomia, è chiaro che ogni anno ha continuato a sottrarci una disponibilità valutaria che, per la sola voce turismo , si può calcolare prudenzialmente in 800 milioni di $ USA. E se a questo colossale furto valutario dello Stato colonizzatore aggiungiamo infine il controvalore in $ USA degli oltre 100 miliardi di lire di rimesse dall'estero degli Emigrati Siciliani, e il controvalore degli oltre 400 miliardi di lire accreditatici per l'interscambio commerciale diretto della Sicilia con l' estero, pur non tenendo conto del ricavo dei noli esteri di navi iscritte nei comparti siciliani si dimostra che la perdita secca della nostra economia ogni anno, per la indisponibilità di manovra di questa massa di valuta che supera abbondantemente 1.000.000.000 di $ USA, è incalcolabile, solo se si considera che la disponibilità di essa potrebbe concorrere ad avviare in concreto il processo d'industrializzazione autonoma nel quadro di una programmazione economica esclusivamente siciliana.
I depositi bancari dei Siciliani.
6) A questo quadro non sfugge tuttavia la sorprendente e spudorata registrazione del dato statistico della Banca d'Italia sul mercato del credito siciliano, secondo il quale, i depositi bancari delle famiglie siciliane ascendono a 6.000 miliardi circa. E ciò significa che, mentre le banche commerciali e gli istituti di credito italiani continuano ancora a rastrellare nell' Isola tanto denaro contro il pagamento di un basso interesse ai depositari, quelle stesse holdings finanziarie e industriali italiane che garantiscono al sistema dello Stato dominatore la nostra abietta condizione coloniale, possono ancora più facilmente accedere all'acquisto di quei 6.000 miliardi per finanziarsi, per finanziare il sistema politico della partitocrazia italiana, e ribadire così le catene della totale schiavitù dei Siciliani.

Il danno della Regione.
7) Se a tutto ciò si aggiunge che la Regione Siciliana, squallido ricettacolo di collaborazionisti del sistema coloniale italiano, brucia almeno il 50% dei 4500 miliardi di lire del suo bilancio annuale per i suoi interventi dispersivi settoriali e clientelari che nessun beneficio apportano a una razionale crescita programmata della nostra economia e della nostra società, ogni Siciliano può darsi conto che la caduta verticale della nostra dignità sociale ed economica, del nostro avvenire di Nazione, è irreversibile.
Colonia!
Dal 1860 la Sicilia non dispone più di un'economia propria, di una finanza, di un'amministrazione e di una moneta propria, di spazi occupazionali propri, e viene dissanguata economicamente alla velocità finanziaria di almeno 4.000 miliardi l'anno.Alla colonia Sicilia non resta che l'emigrazione forzata di tutti i suoi figli, perchè di fatto le è vietato una " propria " industria di base, una propria riserva valutaria, una programmazione economica propria, una strutturazione industriale e socio-economica propria, qualsiasi tentativo di finalizzare la crescita economica di questo popolo in termini globali di civiltà e di libertà. Fino a quando noi non avremo la nostra libertà politica, vivremo come gli Arabi della Palestina invasa.L'avvenire dei Siciliani è precluso da un sistema politico e industriale straniero e di rapina, che, come tutti i sistemi colonialisti della storia, non può proporsi per la colonia Sicilia i vari problemi della maggiore occupazione operaia, del reinvestimento sul posto dei profitti estorti ai colonizzati delle incentivazioni tecniche e creditizie alle industriette sussidiarie " locali ", e tutti quegli altri problemi socio-economici la cui soluzione, mirando ovviamente alla crescita della qualità della vita delle nostre più giovani generazioni, è in assoluto contrasto con la mentalità, con gl'interessi e con la morale politica dell'attuale sistema della dominazione coloniale dell'Isola.
Ecco i motivi di una riflessione storica, etica, socio-economica e politica che, al di là di tutte le ideologie con le quali si tenta di distrarre un popolo sottomesso, radica invece ogni giorno di più nella coscienza di ogni onesto Siciliano la necessità della lotta di liberazione.
I Siciliani vogliono la Libertà e l'Indipendenza.

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