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mercoledì 4 marzo 2009

MA,NON DOVREBBE ESSERE LO STATO D'ISRAELE A PAGARE LA RICOSTRUZIONE DI GAZA?

Il Presidente Silvio Berlsuconi ha annunciato che l'Italia donerà 100 milioni di dollari per la ricostruzione della Striscia di Gaza.
L'annuncio è arrivato per bocca dello stesso Berlusconi, nell'ambito della Conferenza internazionale su Gaza,a Sharm el Sheikh, in Egitto. Berlusconi ha sottolineato la necessità di trovare i fondi per la ricostruzione di Gaza, assicurando chel'Italia "farà la sua parte",appunto,con 100 milioni di euro.
MI CHIEDO:Ma, la Striscia di Gaza da chi è stata distrutta? Chi ha bombarbato Gaza?
LA RISPOSTA: Israele,anzi lo Stato d'Israele!
MI CHIEDO:Allora,considerando che i palestinesi hanno subito un torto-visto che lo stesso Berlusconi "farà la sua parte" con le tasche dei contribuenti dello stato italiano per la ricostruzione di Gaza-perchè non paga lo Stato d'Israele la ricostruzione di Gaza?
LA RISPOSTA: Ancora una volta,lo stato d'Israele ne esce "pulito".
MI CHIEDO: E Berlusconi,il generoso Berlusconi?
LA RISPOSTA:Berlusconi,appena l'altro ieri, all'annuncio della proposta di dar vita a un assegno di disoccupazione ,ha liquidato, al vertice dell' Ue a Bruxelles, l'idea lanciata da Bari dal segretario del Pd Dario Franceschini :«L'esecutivo - ha spiegato Berlusconi - vorrebbe fare ancora di più, ma noi viviamo in Europa e abbiamo quindi vincoli europei. Abbiamo un debito troppo alto. L'assegno di disoccupazione non è sostenibile, ci costerebbe 1,5 punti di pil».
MI CHIEDO:E i 100 milioni per ricostruire Gaza distrutta dall'"amico" Stato d'Israele da dove li prende il presidente Berlusconi?
Ripeto,CENTO MILIONI DI EURO
LA RISPOSTA: Gli "amici" dello Stato d'Israele si coprono,i DISOCCUPATI...NO!
MI CHIEDO: TU,CHE NE PENSI?

lunedì 19 gennaio 2009

ISRAELE-PALESTINA:DENTRO IL CONFLITTO...

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Le guerre tra Israele e i paesi arabi confinanti iniziano nel 1948, quando nasce lo Stato ebraico. I palestinesi rigettano il piano di spartizione delle Nazioni Unite (due stati per due popoli) e una coalizione di stati arabi, tra i quali Iraq, Giordania, Siria ed Egitto attacca Israele,che riesce a difendersi e a ricacciare indietro le truppe avversarie.
LA PALESTINA SECONDO L'ONU
I territori che per le Nazioni Unite spettano alla Palestina sono la Cisgiordania, Gerusalemme est e la Striscia di Gaza.
NASCE L'OLP
Nel 1956 Israele, sfruttando la crisi di Suez, attacca l’Egitto ma viene fermato dalla comunità internazionale.
Nel 1964 nasce l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina che punta a dare una rappresentanza ai palestinesi, slegandoli dalla dipendenza dai paesi arabi. Poco dopo ne diventa capo Yasser Arafat che la guiderà fino alla morte.
GUERRA...SOLO GUERRA
Nel 1967 scoppia la guerra dei Sei Giorni con la quale Israele occupa la Striscia di Gaza, la Cisgiordania e Gerusalemme est.
Nel 1973 Egitto e Siria attaccano Israele; è la guerra dello Yom Kippur. Israele occupa il Sinai in Egitto e le alture del Golan in Siria.
Nel 1979 l’Egitto firma un accordo di pace con Israele. Finiscono così le guerre tra Israele e gli stati arabi, da questo momento in poi allo stato ebraico si contrapporrà solo l’Olp.
Nel 1982 Israele invade e occupa la parte meridionale del Libano per distruggere le basi palestinesi.
INTIFADA
Dal 1987 al 1992 i palestinesi cominciano una forma di resistenza popolare, chiamata Intifada.
GLI ACCORDI DI OSLO
Nel 1993 vengono firmati gli Accordi di Oslo e sembra che il conflitto stia per finire, ma i nodi principali restano irrisolti e rimandati a un secondo turno di negoziati: la nascita di uno stato palestinese indipendente, il ritorno dei profughi palestinesi, il controllo delle scarse risorse idriche e lo status di Gerusalemme.
Nel 1994 la Giordania firma un accordo di pace con Israele.
NASCE L'ANP,CON ARAFAT PRESIDENTE
Nelle zone che dovrebbero diventare il futuro stato palestinese comincia una forma di autogoverno guidata dall’Autorità Nazionale Palestinese, presidente della quale viene eletto nel 1996 Yasser Arafat. Dopo l’entusiasmo degli Accordi, la diplomazia internazionale arresta la sua pressione e israeliani e palestinesi non riescono a trovare un accordo.
Israele si è ritirato dal Libano nel 2000.
SECONDA INTIFADA
La tensione ricomincia a salire e, nel settembre 2000, comincia la seconda Intifada scatenata da una provocatoria passeggiata dell’allora candidato premier israeliano Ariel Sharon sulla Spianata delle Moschee.
Le principali formazioni militari palestinesi
Le Brigate Izz ad-Dīn al-Qassām (braccio armato di Hamas), la Jihad Islamica, il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, le Brigate dei Martiri di al-Aqsa (braccio armato del partito Fatah).
MUORE ARAFAT
Il conflitto ha cominciato a calare d’intensità quando, l’11 novembre 2004, muore Arafat. Il governo israeliano, guidato da Ariel Sharon, e le cancellerie delle grandi potenze mondiali, si dichiarano di nuovo pronte al confronto con i palestinesi, dopo che Arafat era stato considerato negli ultimi anni un interlocutore poco credibile.
ABU MAZEN SUCCEDE AD ARAFAT
Nel gennaio 2005 si tengono le elezioni presidenziali in Palestina e successore di Arafat viene nominato Mahmoud Abbas (Abu Mazen).
Il dialogo riprende, ma il governo Sharon decide unilateralmente di sgomberare la Striscia di Gaza, occupata nel 1967, ad agosto 2005. L’esercito di Tel Aviv sgombera con la forza i coloni israeliani e lascia l’amministrazione del territorio ai palestinesi.
PALESTINA,ELEZIONI POLITICHE:VINCE HAMAS
Il 25 gennaio 2006, le elezioni politiche in Palestina sanciscono la vittoria del partito (armato) degli islamisti di Hamas. Il nuovo governo di Hamas ha però vita breve, dato che viene da subito boicottato dalla comunità internazionale e da Israele. Quest'ultimo sostiene Abu Mazen, sia apertamente che sottobanco, fornendo armi alle forze di Fatah e liberandone i prigionieri, mentre all'opposto i deputati eletti di Hamas vengono arrestati.
HAMAS CATTURA IL CAPORALE ISRAELIANO SHALIT
Nel giugno 2006 Hamas cattura, al confine con la Striscia, il caporale israeliano Gilad Shalit, allora diciannovenne.
Israele, però, rifiuta di barattarne la liberazione con quella di tutti i bambini e le donne palestinesi detenuti, come proposto da Hamas.
GAZA SOTTO IL CONTROLLO DI HAMAS
Nel febbraio del 2007 (in mezzo c'è stata la guerra tra Israele e Libano dell'estate 2006), Hamas e Fatah accettano di formare un governo di unità nazionale, sulla base di un accordo raggiunto alla Mecca. La crisi inter-palestinese continua però ad aggravarsi progressivamente, fino a quando, nel giugno del 2007, sfocia in scontri aperti che culminano con la conquista della Striscia di Gaza da parte di Hamas, mentre in Cisgiordania Fatah accusa il partito islamico di aver fatto un colpo di Stato, e fonda un governo di Emergenza. Israele nei mesi successivi dichiara Gaza “entità nemica” e stringe la Striscia sotto un durissimo embargo, impedendo l'apertura dei confini, incluso quello di Rafah, tra la Striscia e l'Egitto. Un embargo che nel gennaio 2008 spinge Hamas a distruggere tratti della barriera di confine, per consentire alla popolazione di sfondare in Egitto in massa, per procurarsi generi di prima necessità.
COLLOQUI ISRAELE-ANP
Sull'altro fronte, nel novembre 2007, Israele e l'Autorità Palestinese di Abu Mazen e del premier Salam Fayyad, iniziano un percorso di colloqui di pace con la supervisione Usa ad Annapolis. Le trattative, però, procedono da subito a rilento per l'indisponibilità da parte di Israele a discutere i temi chiave del conflitto: lo status di Gerusalemme e quello dei profughi palestinesi. Non solo, Israele prosegue anche imperterrito la costruzione e l'ampliamento delle colonie in Cisgiordania, allo scopo di creare dati di fatto sul terreno, che non potranno essere coinvolti nella trattativa. Le proteste in questo senso della Segretario di Stato Usa, Condoleezza Rice, rimangono inascoltate, mentre le concessioni israeliane ad Abu Mazen si limitano alla liberazione di alcuni detenuti con pene in scadenza, e di militanti delle Brigate dei Martiri di Al Aqsa, a condizione che rinuncino alla lotta armata. Il colloqui di Annapolis promettevano di portare alla nascita di uno Stato palestinese entro la fine del 2008. Ma,nell'autunno 2008, la carriera del premier israeliano Olmert viene compromessa da guai giudiziari che portano la ministro degli Esteri Tzipi Livni a prendere il controllo del partito Kadima. La scadenza dei colloqui a quel punto diventa impossibile da rispettare, e tutto slitta al 2009, dopo le elezioni in Israele e la fine del mandato di Abu Mazen. La contesa per il futuro governo israeliano è soprattutto tra la Livni e Banjamin Netanyahu del Likud, la destra oltranzista. Mentre ancora non è affatto certo che le elezioni palestinesi si terranno.
HAMAS DICHIARA UNA TREGUA CON ISRAELE
Nel giugno 2008, Hamas aveva dichiarato una tregua con Israele, impegnandosi a cessare il lancio di razzi verso il sud del territorio israeliano in cambio della riapertura dei valichi della Striscia. Una tregua interrotta da diversi raid israeliani attuati per compiere omicidi mirati di miliziani, e da sporadici lanci di razzi da parte delle milizie non direttamente legate con Hamas. Nel frattempo i confini della Striscia vengono aperti solo di rado, e la popolazione di Gaza continua a impoverirsi sfiorando in più periodi un'autentica crisi umanitaria.
COMMANDOS ISRAELIANI COLPISCONO A GAZA
Tra novembre e dicembre 2008, corpi speciali israeliani compiono piccoli attacchi dentro la Striscia, provocando la reazione di Hamas che, allo scadere della tregua, il 18 dicembre 2008, riprende massicciamente il lancio di razzi, lasciando intendere l'intenzione di concordare una nuova tregua, che garantisca la reale apertura dei confini.
CAST LEAD,PIOMBO FUSO
Israele non reagisce per alcuni giorni finché, il 27 dicembre, lancia a sorpresa l'offensiva denominata Cast Lead, Piombo Fuso. La Striscia di Gaza viene bombardata per cinque giorni e successivamente viene invasa dall'esercito israeliano...
VITTIME
Le guerre tra Israele e i paesi arabi confinanti, del 1948 al 1973, hanno causato la morte di circa 100mila persone. La prima Intifada, dal 1987 al 1992, ha causato la morte di 2 mila persone, in massima parte palestinesi. Dall'inizio della seconda Intifada (settembre 2000) al 20 giugno 2007, hanno perso la vita 4626 palestinesi e 1050 israeliani. Almeno 214 palestinesi sono morti negli scontri tra le milizie di Hamas e Fatah. Il bilancio provvisorio della guerra nella Striscia di Gaza del dicembre2008/gennaio 2009 è di oltre 1000 palestinesi morti, più della metà civli, e meno di 20 le vittime israeliane.
RISORSE CONTESE
Rispetto al conflitto generale innescato dalla rivendicazione dei Palestinesi per la nascita di un loro stato indipendente, il problema è quello sia dello Stato di Israele che dei palestinesi per il controllo dell’accesso ai fiumi e alle riserve idriche, scarse, della zona.
FORNITURE ARMAMENTI
Israele riceve armi e addestramento soprattutto dagli Stati Uniti, ma anche dalla Francia e dalla Germania, anche se riesce a produrre da solo la massima parte degli armamenti che servono alle sue forze armate. I vari gruppi palestinesi ricevono armamenti ed addestramento dall’Arabia Saudita, dall’Iran dalla Siria.

sabato 17 gennaio 2009

GAZA...I VIDEO DI UN SICILIANO


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dagaza.org

Fonte: www.dagaza.org

GLI USA CONTINUANO AD ARMARE LA MANO DEGLI ASSASSINI DEI BAMBINI

Grecia, proteste bloccano spedizione di munizioni Usa a Israele Dovevano partire dal porto di Astakos. Il Pentagono: "Troveremo un'alternativa".
In seguito alle manifestazioni di piazza della sinistra greca e alle proteste del Partito Socialista all'opposizione, i 325 container di munizioni statunitensi destinate a Israele sono stati bloccato dalle autorità di Atene nel porto di Astakos.La notizia è stata confermata dal portavoce del Pentagono, Geoff Morrell, spiegando che gli Stati Uniti stanno ora cercando delle vie alternative alla Grecia per rifornire di armi l'alleato israeliano."Non so dire - ha detto Morell - se i greci abbiano un problema di sicurezza o un problema politico o qualche altro tipo di problema. Ma, qualunque sia la ragione, sono state sollevate obiezioni e quindi dovremo trovare un'alternativa per fare arrivare queste munizioni in Israele". Morell ha poi aggiunto che la decisione di inviare quella fornitura è stata presa nell'ottobre scorso, dunque ben prima che avesse inizio l'offensiva israeliana nella Striscia di Gaza.
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giovedì 15 gennaio 2009

Dolore muto (di Dacia Maraini-da "la repubblica")


Tre, cinque giovani uomini camminano portando in braccio dei bambini avvolti in lenzuoli bianchi. Li tengono riparati come per difenderli dal freddo e dal vento, camminando in mezzo ai detriti. Ma da come cadono all'indietro le piccole teste sulle braccia dei giovani padri si capisce che quei bambini sono morti.Due, tre donne se ne stanno sedute in quella che si indovina essere un'aula scolastica, con le pareti tappezzate di disegni infantili dai colori squillanti.
Le donne stringono al petto dei fagotti avvolti in coperte colorate.
Lì per lì potrebbero essere prese per delle madri che tengono in braccio i figli addormentati. Ma dal colore livido delle facce si capisce che sono bambini senza vita.I giovani uomini camminano verso qualcosa che potrebbe essere una tomba, seguiti da altri uomini. Non gridano, non danno segno di dolore. Le donne nell'aula scolastica anche loro se ne stanno composte, sedute immobili con la testa china, i volti seri coperti da fazzoletti a fiori bianchi e neri.Sono due fotografie che prendono a pugni lo stomaco, uscite sui giornali più popolari. Cosa ci dicono queste fotografie? Che il mondo sta uccidendo i suoi piccoli. Un segno che, quando appare nell'universo animale, è sintomo di una volontà di suicidio della specie. Uccidere bambini vuol dire sopprimere il futuro. E sopprimere il futuro vuol dire togliere di mezzo la speranza e la gioia di vivere.Sappiamo quanto sia complicata e difficile questa guerra. Sappiamo che Israele è un Paese minacciato, non tanto dai palestinesi quanto da gran parte dei Paesi islamici, soprattutto dall'Iran che ha dichiarato piu volte di volerla distruggere. Certamente questo crea un irrigidimento della difesa ad oltranza. Ma sinceramente non crediamo che i bombardamenti ciechi che uccidono tanti civili, colpevoli solo di abitare in quella piccola striscia, sia un buon sistema per risolvere la questione.Una prova di forza, lo capiamo. Ma quanto la forza militare riesce a risolvere le cose? Sono riuscite le bombe a pacificare un Paese come l'Iraq? Sono riuscite le bombe a liberare l'Afghanistan dai tirannici Talebani? La risposta abbastanza evidente è no. Possibile che queste esperienze recentissime non abbiano insegnato niente a un Paese civile come Israele?Per fortuna molti israeliani in questi giorni stanno protestando contro questi bombardamenti. E non sono solo intellettuali, ma gente comune, di tutte le classi e tutte le età. I bombardamenti oltre che micidiali sono inutili. Più che inutili, decisamente dannosi per il futuro del Paese. Ognuno di questi bambini è un motivo di risentimento in più, un motivo di rabbia e uno sprone all'odio. Come non capire questo semplice meccanismo di causa ed effetto?Qualcuno ha parlato di ingenuità. Sono ingenui i pacifisti, si dice. Il mondo procede solo per rapporti di forza. Quindi è inutile fare i buonisti quando tutto è rapina, dominio, vendetta, voglia di distruzione. Si salva solo chi si mostra più forte.Ammettiamo che sia così. Che il mondo sia regolato solo dai rapporti di forza.
E allora io dico che Israele sottovaluta pericolosamente la forza di quei piccoli corpi morti che colpiscono l'immaginazione di chi guarda. L'immaginazione ha una forza che non possiede nessuna bomba, nessun fucile, nessun razzo al mondo.
L'immaginazione partorisce dolore.
Il dolore partorisce giudizio.
Il giudizio partorisce indignazione.
La grande madre immaginazione, anche quando se ne sta nascosta e silenziosa, alla lunga non può che vincere sulla palese brutale forza degli esplosivi.
Dacia Maraini (la Repubblica del 12/01/2009)

mercoledì 14 gennaio 2009

GAZA NON PUO' ASPETTARE. FIRMA!

Fermiamo questa guerra: Gaza non può aspettare oltre!
Con piu` di 800 Palestinesi e 15 Israleliani morti e l`aria di morte che cresce, è il momento di chiedere ai leader del mondo di aiutarci a porre fine alla spirale di violenza che da sempre caratterizza il conflitto tra Palestina-Israele.

Firma la petizione in basso per un`azione internazionale forte che ci aiuti a giungere ad un cessate il fuoco immediato a Gaza e per un cruciale impegno volto a raggiungere a una risoluzione del conflitto Israeliano-Palestinese.
--
Il nostro messaggio e il numero delle firme sarà pubblicato sul Washington Post (opposite) e consegnato alle principali potenze nei prossimi giorni:
Petizione rivolta al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, L' Europa Unita, La Lega Araba e gli Stati Uniti d'America:
Abbiamo bisogno che tu agisca subito per essere sicuri che il cessate il fuoco nella striscia di Gaza avvenga, per la protezione dei civili di entrambe le parti e per controllare la crescente crisi umanitaria. Solo cn una decisiva e forte azione internazionale potrà rendere possibile la fine di questo bagno di sangue, assicurare la riapertura dei confini di Gaza e un vero progresso verso una solida Pace nel 2009.

Firma su: http://www.avaaz.org/it/gaza_time_for_peace/?cl=168313519&v=2667

lunedì 12 gennaio 2009

ASCOLTA ISRAELE! (di Stefano Nahmad)

10 gennaio.
Ascolta, Israele!
Stefano Nahmad, della Rete degli ebrei contro l’occupazione:
«Hai fatto una strage di bambini e hai dato la colpa ai loro genitori dicendo che li hanno usati come scudi.
Non so pensare a nulla di più infame (…) li hai chiusi ermeticamente in un territorio, e hai iniziato ad ammazzarli con le armi più sofisticate, carri armati indistruttibili, elicotteri avveniristici, rischiarando di notte il cielo come se fosse giorno, per colpirli meglio.
Ma 688 morti palestinesi e 4 israeliani non sono una vittoria, sono una sconfitta per te e per l'umanità intera(...)
Io oggi sono palestinese.
Io sto dalla parte del popolo palestinese e della sua eroica resistenza.
Io sto con l'eroica resistenza delle donne palestinesi che hanno continuato a fare bambine e bambini palestinesi nei campi profughi, nei villaggi tagliati a metà dai muri che tu hai costruito, nei villaggi a cui hai sradicato gli ulivi, rubato la terra.
Sto con le migliaia di palestinesi chiusi nelle tue prigioni per aver fatto resistenza al tuo piano di annessione (…)
Ascolta Israele, ascolta questi nomi: Deir Yassin, Tel al-Zaatar, Sabra e Chatila, Gaza.
Sono alcuni nomi, iscritti nella Storia, che verranno fuori ogni qualvolta si vedrà alla voce: Israele".

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Nota sulle foto di questo post inserite dal blog : dal 16 al 18 settembre del 1982, circa tremila abitanti palestinesi e libanesi dei campi di Sabra e Chatila, alla periferia di Beirut, donne, vecchi e bambini, venivano massacrati dai miliziani delle forze filo-israeliane, sotto la supervisione e con il sostegno logistico dell’esercito di Tel Aviv ,che aveva occupato da poche ore Beirut ovest. Pochi giorni prima le forze multinazionali ,che avrebbero dovuto difendere i campi profughi dopo la partenza da Beirut dei fedayin palestinesi e far rispettare l’impegno israeliano a non entrare nella parte occidentale della città assediata dal giugno precedente, si erano prematuramente ritirate...E,se questa non è PULIZIA ETNICA,come la vogliamo chiamare?

Orazio Vasta

domenica 11 gennaio 2009

PULIZIA ETNICA A GAZA ! (di Orazio Vasta)

In tante occasioni da questo blog abbiamo espresso la nostra vicinanza al popolo israeliano (e agli ebrei)-vedi il Salone del libro di Torino. Condividiamo il diritto all'esistenza dello Stato d'Israele,ma condividiamo anche l'esigenza del popolo palestinese ad aver un proprio Stato indipendente.
Non accettiamo- e condanniamo- in modo assoluto gli attacchi terroristici di Hamas contro la popolazione civile israeliana,ma non possiamo essere ipocriti e considerare l'attuale carneficina in corso a Gaza come un'operazione di polizia di Israele contro Hamas.
ASSOLUTAMENTE NO!
La carneficina in corso a Gaza somiglia tanto ad un'operazione di PULIZIA ETNICA!
Orazio Vasta "Siamo a una sproporzione di forze e di mezzi mostruosa, che produce, come stiamo constatando, una sperequazione oscena di vittime; ma si tratta anche di una sproporzione di idealità: gli uni lottano per imporre le loro condizioni-capestro, tipiche di una potenza (sub)imperiale, gli altri per liberarsi e avere uno Stato.
Alla guerra di aggressione, si contrappone la guerra di sopravvivenza.
Si possono avere dubbi?
Si può essere "equidistanti"?
E, soprattutto, si può tacere?".
Angelo d’Orsi (Storico, Università di Torino)
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mercoledì 7 gennaio 2009

STOP AL MASSACRO DI GAZA!

Tuesday 06/01/09
Demonstration against the Madness
Wednesday, January 7, 2009, 6.00pm
Corner of Ben Zion Blvd. and King George St., Tel Aviv

Stop the Massacre in Gaza!
Stop the bloodshed and destruction!
Stop the war crimes!
Bring back the soldiers from Gaza!
Ceasefire now – with no further delay!
Remove the siege, open the crossings, let Gaza breathe!
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mercoledì 17 dicembre 2008

L'enigma di una stella su Betlemme (di Vittorio Messori)

(Tratto da: Vittorio MESSORI, Ipotesi su Gesù, Sei, Torino 1979, p. 111-113.)
Viene ancora dall'archeologia un'altra serie di strane testimonianze. Noi oggi sappiamo con sicurezza che la più celebre astrologia del mondo antico,quella babilonese, non soltanto era anch'essa in attesa del Messia dalla Palestina. Ma ne aveva previsto la data con una precisione ancor maggiore di quella degli esseni.
Ecco qui di seguito la vicenda: libero ciascuno di trarne le conclusioni che gli pare.Tutto parte dalla stella (il testo non parla mai di cometa, come molti credono) che avrebbe brillato nel cielo di Betlemme alla nascita di Gesù e dal conseguente arrivo di certi magi dall'Oriente.
Così, almeno, quanto si racconta nel vangelo di Matteo.
Non si è naturalmente raggiunta la certezza che le cose si siano davvero svolte come raccontato da Matteo, né si giungerà mai a questa sicurezza: è però certo che l'ipotesi che si tratti di un racconto simbolico deve fare i conti con una serie di scoperte effettuate nell'arco degli ultimi tre secoli.Pare intanto provato ormai scientificamente che gli astrologi babilonesi (quasi certamente i magi di Matteo) attendevano la nascita del «dominatore del mondo» a partire dall'anno 7 a.C. Questa data, con l'anno 6 a.C., è tra quelle che gli studiosi danno come più sicure per la nascita di Gesù. Il monaco Dionigi il Piccolo, infatti, calcolando nel 533 l'inizio della nuova era, si sbagliò e posticipò di circa 6 anni la data della Natività.In questa luce, acquistano nuovo suono i due versetti del secondo capitolo di Matteo: «Nato Gesù in Betlemme di Giuda, al tempo del re Erode, ecco dei magi arrivare dall'oriente a Gerusalemme, dicendo: "Dov'è nato il re dei Giudei? Abbiamo veduto la sua stella in Oriente e siamo venuti ad adorarlo"».
Ecco le tappe che avrebbero portato a chiarire il perché dell'arrivo e della domanda dei magi.
Una vicenda che ha quasi il sapore di un «giallo».Nel dicembre del 1603 il celebre Keplero, uno dei padri dell'astronomia moderna, osserva da Praga la luminosissima congiunzione (l'avvicinamento, cioè) di Giove e Saturno nella costellazione dei Pesci. Keplero, con certi suoi calcoli, stabilisce che lo stesso fenomeno (che provoca una luce intensa e vistosa nel cielo stellato) deve essersi verificato anche nel 7 a.C. Lo stesso astronomo scopre poi un antico commentario alla Scrittura del rabbino Abarbanel che ricorda come, secondo una credenza degli ebrei, il Messia sarebbe apparso proprio quando, nella costellazione dei Pesci, Giove e Saturno avessero unito la loro luce.Pochi diedero qualche peso a queste scoperte di Keplero: prima di tutto perché la critica non aveva ancora stabilito con certezza che Gesù era nato prima della data tradizionale. Quel 7 a.C., dunque, non «impressionava». E poi anche perché l'astronomo univa troppo volentieri ai risultati scientifici le divagazioni mistiche.Oltre due secoli dopo, lo studioso danese Münter scopre e decifra un commentario ebraico medievale al libro di Daniele, proprio quello delle «settanta settimane». Münter prova con quell'antico testo che ancora nel Medio Evo per alcuni dotti giudei la congiunzione Giove-Saturno nella costellazione dei Pesci era uno dei «segni» che dovevano accompagnare la nascita del Messia. Si ha così una riprova della credenza giudaica segnalata da Keplero che, con le «date» di Giacobbe e di Daniele, può avere alimentato l'attesa ebraica del primo secolo.
Nel 1902 è pubblicata la cosiddetta Tavola planetaria, conservata ora a Berlino: è un papiro egiziano che riporta con esattezza i moti dei pianeti dal 17 a.C. al 10 d.C. I calcoli di Keplero (già confermati del resto dagli astronomi moderni) trovano una conferma ulteriore, basata addirittura sull'osservazione diretta degli studiosi egiziani che avevano compilato la «tavola». Nel 7 a.C. si era appunto verificata la congiunzione Giove-Saturno ed era stata visibilissima e luminosissima su tutto il Mediterraneo.Infine, nel 1925 è pubblicato il Calendario stellare di Sippar.
E' una tavoletta in terracotta con scrittura cuneiforme proveniente appunto dall'antica città di Sippar, sull'Eufrate, sede di un'importante scuola di astrologia babilonese.
Nel «calendario» sono riportati tutti i movimenti e le congiunzioni celesti proprio del 7 a.C. Perché quell'anno? Perché, secondo gli astronomi babilonesi, nel 7 a.C. la congiunzione di Giove con Saturno nel segno dei Pesci doveva verificarsi per ben tre volte: il 29 maggio, il 1° ottobre e il 5 dicembre.
Da notare che quella congiunzione si verifica soltanto ogni 794 anni e per una volta sola: nel 7 a.C., invece, si ebbe per tre volte. Anche questo calcolo degli antichissimi esperti di Sippar fu trovato esatto dagli astronomi contemporanei.Gli archeologi hanno infine decifrato la simbologia degli astrologi babilonesi.
Ecco i loro risultati: Giove, per quegli antichi indovini, era il pianeta dei dominatori del mondo. Saturno il pianeta protettore d'Israele.
La costellazione dei Pesci era considerata il segno della «Fine dei Tempi», dell'inizio cioè dell'era messianica.
Dunque, potrebbe essere qualcosa di più di un mito il racconto di Matteo dell'arrivo dall'Oriente a Gerusalemme di sapienti, di magi, che chiedono «Dov'è nato il re dei giudei?».E' ormai certo, infatti, che tra il Tigri e l'Eufrate non solo si aspettava (come in tutto l'Oriente) un Messia che doveva giungere da Israele.
Ma che si era pure stabilito con stupefacente sicurezza che doveva nascere in un tempo determinato.Quel tempo in cui, per i cristiani, il «dominatore del mondo» è veramente apparso.
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Alla lezione di Messori ci permettiamo di aggiungere questo passo del Vangelo...
"Gesu' nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode.
Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: Dov'e' il re dei Giudei che e' nato? Abbiamo visto sorgere la sua STELLA e siamo venuti per adorarlo: All'udire di queste parole, il re Erode resto' turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. Gli risposero: A Betlemme di Giudea, perche' cosi' e' scritto per mezzo del profeta...
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la STELLA e li invito' a Betlemme esortandoli: Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perche' anch'io venga ad adorarlo. Udite le parole del re, essi partirono.
Ed ecco la STELLA, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finche' giunse e si fermo' sopra il luogo dove si trovava il bambino.
Al vedere la STELLA, essi provarono una grandissima gioia.
Entrati nella casa, videro il Bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.... ": dal Vangelo secondo Matteo 2,6 ,La Venuta dei Magi


venerdì 12 dicembre 2008

Israele e Palestina. "E' tempo di una teologia liberata,coraggiosa,ponte fra le storie e i mondi..."(di Khaled F.Allam)

Ricevo e pubblico con piena condivisione...
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Platone afferma nella "Repubblica" che le cose andranno sempre male in politica finché i filosofi non diventeranno re nella città o i re non diven-teranno seri filosofi. Ma quando il filosofo gioca a fare il re contraddicendo ogni spirito filosofico, è la saggezza che viene meno perdendosi nei meandri dell'ideologia. E ciò che lo scrittore Jean Paulhan ribadiva nel suo saggio "Il terrore nelle lettere".
Ed è ciò che è successo nella grave questione del boicottaggio alla presenza di Israele a Torino per la fiera del Libro.
Molti scrittori arabi e un famoso teologo dell'islam europeo, Tariq Ramadan, si sono opposti a quella presenza.
Io ho considerato molto pericolosa quella presa di posizione.
Non solo perché non distingue ciò che è uno stato nella sua formulazione politica da ciò che è uno stato in quanto comunità di culture, luogo in cui si scrive, si dipinge, si compone musica, nella gioia come nella sofferenza.
Vi è un altro elemento che considero fondamentale proprio per la riuscita di un dialogo fra i popoli e le culture, la questione della peculiarità dello stato di Israele: sono trascorsi sessant'anni dalla sua nascita, e se per molti della parte araba questo suona come una ferita, io ritengo che per noi arabi, anche arabi della diaspora, sia oggi necessario guardare a quell'evento da un'altra angolazione: vale a dire come la questione europea che si è delineata nel XX secolo con il dramma della Shoah.
Ciò è l'esperienza, impossibile da trasmettere, del male assoluto, della distruzione scientifica, «industriale», di un popolo, di una cultura, di una civiltà, che pone per l'Europa la questione della memoria.
Israele è anche una bandiera, un esercito, un governo, una democrazia, ma per me rappresenta essenzialmente quell'esperienza dei limiti, che hainterrogato e continua a interrogare l'Europa intera.
Ogni qualvolta rifletto su tutto ciò trovandomi nell'emiciclo del Parlamento italiano, mi vengono i brividi apensare che in quello stesso luogo sono state votate le leggi razziali.
Bisogna che noi arabi cominciamo a capire che per la coscienza europea quella è stata l'esperienza del male assoluto; di qui il debito di riconoscimento che si è creato fra Europa e Israele.
Tutti sappiamo che la presenza dello stato di Israele non cancella il conflitto attualmente in corso; ma la Fiera è stata un laboratorio di libertà per gli uomini per le culture; se viene meno questo, è l'umanità stessa che perde. Con ciò non si deve assolutamente occultare la questione del dramma palestinese, l'urgenza di uno stato palestinese capace di vivere democraticamente accanto allo stato di Israele.
Ma noi arabi, se vogliamo fare progressi, dobbiamo capire come sia fondamentale la questione dell'oblio e della memoria, del sangue e delle lacrime di un popolo martoriato che voleva anch'esso vivere pacificamente accanto agli altri popoli e che all'indomani di quella tragedia presentò al mondo un volto resuscitato.
Per noi arabi è troppo grande il rischio di lasciarsi guidare da ideologie cieche, che rischiano di sconfinare in un nuovo antisemitismo; è tempo ormai nel mondo musulmano di pensare ad una teologia che sia capace di accogliere la questione della memoria della Shoah, è tempo di una teologia liberata, coraggiosa, ponte fra le storie e i mondi, per le generazioni future, per spezzare il monopolio di un fondamentalismo che è per me un'altra nakba (disastro), una nakba del pensiero.
Khaled Fouad Allam

mercoledì 10 dicembre 2008

10 dicembre 1996:finiva di battere il cuore di Turi Lima...

CLICCA:
http://partitodelsud.blogspot.com/2008/12/turi-lima-muru-catania-lu-10-di.html "... Purtroppo, a 72 anni, il 10 dicembre 1996, dopo dieci giorni di atroci sofferenze, vissute con una dignità impressionante, Turi Lima finiva di vivere, lasciando a noi siciliani un grande patrimonio ideale per continuare l'opera di "limatura".
Ma, il patrimonio ideale lasciato da Turi Lima appartiene a tutti i Popoli in lotta per l'Indipendenza Nazionale, anche perchè, dai microfoni di Antenna Trinacria -chi scrive faceva parte dello staff della radio- aveva sostenuto la lotta dei Popoli oppressi, dai Palestinesi ai Kosovari".

Orazio Vasta
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QUANNU UN JORNU MI CERCHI
Supra lu me jardinu, figghiu,
ali d' ùmmira si stènnunu:
la sira va calannu.
Vutatu a lu livanti
vidu strati di ciuri e di ruvetti
e li me' carni viola;
arreri a mia
aceddi griggi, nfruscati
tra li cimi di l' àrvuli,
càntanu senza sosta
e lu suli acchiana e scinni !
Quannu un jornu mi cerchi
e non rispunnu
non scarpisari l'erba
ca supra di mia joca
ccu l' àlitu di lu ventu.
Di luntanu
mànnami un suspiru
fattu di silenziu:
lu celu di Sicilia
sarà li vrazza mei.

Turi Lima
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"Il vero rivoluzionario" disse un giorno Lelio Basso, "non si arrende mai". E questa profonda verità è nell'essenza poetica di Turi Lima. Quando leggiamo, infatti, le sue composizioni con le tante metafore di neve, cielo e notti che accompagnano il suo canto politico-rivoluzionario, affiorano alla mente i nomi di Brecht, del Lorca di Mariana Pineda, di Pablo Neruda, così come sorge spontanea l'esigenza di collocarlo accanto ai grandi poeti dell' Africa Nera, della Palestina, di Haiti, del Madagascar, oppressi dal colonialismo europeo: a Léopold Sédar Senghor, a René Depestre, ad Aimé Césaire, a Jacques Rabemananjara, a Keita Fodeba, a Birago Diop, tutti esponenti della lotta di liberazione che sta alla base della stessa esigenza poetica e culturale di Turi Lima.
Sui banchi di scuola, decenni or sono, dalle scarse ammissioni dei libri di testo dei colonizzatori italiani, capimmo che già nel Duecento la Scuola Poetica Siciliana fu essenziale alla formazione della poesia toscana e bolognese di prima dello Stil Novo e che il poetare siciliano venne tenuto d'occhio e onorato dallo stesso Dante per limpido et ornato stile.
E fu così che nella ricerca sempre più ossessiva della nostra identità perduta con la tragedia del 1860, sulla scia di quella tradizione poetica di Ciullo d'Alcamo, dei Delle Colonne, di Jacopo da Lentini, scoprimmo i poeti altrettanto grandi che rispondono ai nomi di Asmundo, Rizzari, Veneziano, Meli, Scimonelli, Tempio, fino a che non approdammo a Pirandello, Cesareo, Di Giovanni, Quasimodo e al Buttitta, al Calì, al Camilleri, al Gagliano, al Certa e allo Scammacca dei nostri giorni.
Ciò che però fa emergere Turi Lima è il costante amore per l'Isola, la devozione alla causa del Popolo Siciliano e della Libertà Nazionale, il ruggente impeto civile che non si arrende mai di fronte alle orge e alle vessazioni del colonizzatore e dei suoi collaborazionisti indigeni (che sono anzi il suo bersaglio), la certezza di quella libertà che riacquisteremo.
E la sua poesia, si badi bene, non è una poesia della ideologia, ma poesia di tutti e per tutti e appartiene alla Weltliteratur per la maturità dello strumento linguistico e perchè è appunto la poesia del bardo che con la stessa passione di un Desmoulin e di un Büchner, con lo stesso lussureggiare lirico di immagini di un Lorca e con la stessa ferocia epigrafica di un Brecht, con la sua comunione umana e terrestre, nutrita dalla sua passione civile, ci ricorda il canto spiegato di un Walt Whitman e del Pablo Neruda del Leñador.
La poesia di Turi Lima rappresenta l'epos di un popolo che vuole liberarsi dalla sua condizione di colonizzato.
Catania / Comiso 01 agosto 1982
Natale Turco

(segretario politico del Movimento Popolare di Liberazione della Sicilia)
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E RESTU VIVU
Nascivi
comu nasci la zammara:
di la carni di sta terra
e dintra li me' vini
scùrrunu li ciumi di Sicilia.
Sbucciai buttuni di làcrimi
e pàmpini di suspiri
sutta li fàuci di lu me suli,
tistimoniu di lamenti senza fini.
Intra lu me cori criscìu
lu rancuri di sèculi d' ànsii,
nzirragghiati intra la mmorsa
di li tirannìi
e torciu lu coddu
a lu ventu di tramuntana.
Nascivi e sugnu carni di sta terra
e si moru non mori la me terra.
Ccu li so' granni vrazza - matri
simenza vita - idda
m' abbrazza
e ju diventu terra
e dugnu acqua a li ciumi
e linfa a la sipala
e civu a l' aceddi
e nivi a la muntagna
e restu vivu
nzemi a la me terra.

Turi Lima
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CCA MI VOGGHIU ASSITTARI
Cca mi vogghiu assittari,
supra sti màrmuri caudi di suli
e camuliati di lu tempu,
ca vìttiru lampi di spati
spicchiuliari làcrimi d' òmini
addivintati servi.
Nta lu silenziu di sti petri janchi
cunturnati di virdi erbi
ca nàsciunu e mòrunu
a lu vuliri di lu ventu,
pàlpita lu me cori e trema
all' ascutari
lamenti di flauti canniati e zàgari
assuppati di sangu di catini.
Cca mi vogghiu assittari,
pi sintìrimi ntornu
spìriti 'mmurtali
a cuntàrimi trèmiti di riscattu,
disideriu di vita intra vesti di ciuri
cusuti
ccu raggi di luni chini.
Vogghiu gràpiri lu libbru
ncatinazzatu sutta la muffa
di la trascuranza
pi sèntiri rintocchi di campani,
e armenti a pasculari
intra la paci di li carrubbìti,
pi jìnchiri lu me pettu
di lu spiritu to, matri Sicilia.
No, matri, su' vivi li to' figghi:
mori la carni ccu li so' passioni,
ma lu spìritu resta
e duna vita a novi spìriti,
c' hanu brama d' amuri.
E ju,
lassata la materia,
vogghiu arristari cca,
n-menzu a sti petri,
pi gràpiri li càlici a li ciuri,
pi dari forza all' ali di l' aceddi.

Turi Lima
*****
LU TEMPU N' ÀUTRA VOTA DI MURÌRI
Ruppi lu ncantu e mi jittai macari.
Mi dèttiru un muschettu di tri liri
e a me matruzza la lassai chiamari,
senza fàrimi mancu binidiri.
Cantai ccu l' armi a manu,
- l' arma di ferru e l' arma
ca non mori -
pi lu megghiu distinu sicilianu
stampatu nta lu cori.
Cantai, spirai, luttai,
ccu li cumpagni mei,
ccu la passioni stissa di l' Ebrei.
E me matruzza non mi vitti chiù,
pirchì lu chiummu nfami
di lu tirannu nfami
lu cori mi scassò.
Supra sta terra scura
ca mi cummogghia l' ossa,
supra di la me fossa,
c'è na lampa astutata e la friddura;
supra di mia lu pòpulu si scanna,
si spacca n-centu,
trìbbula, s' addanna,
pirchì non pò truvari nuddu abbentu.
Ma nuddu ccu na pala pò luvari
sta terra fitta e scura?
Nuddu pò sbasulari sta sipultura?
Niscìtimi di ccà,
vogghiu abbrazzari
n' àutru muschettu vecchiu di tri liri,
ma sulu pi campari
lu tempu n' àutra vota di murìri.

Turi Lima
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MACARI
Macari ca mi dati oru zicchinu
e mi faciti prìncipi ndianu,
sceiccu, gran pascià o mannarinu,
suvranu d l' imperu pirsianu,
o capu di lu regnu saracinu,
o re assolutu di lu munnu sanu,
ju vi mannassi a lu vostru distinu

pirchì vogghiu ristari sicilianu.
Turi Lima
(6.9.1983)

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da "QUADERNI INDIPENDENTISTI" giugno 1982 n.1
IL DIRITTO ALL' AUTODETERMINAZIONE PER LA COLLETTIVITA' SICILIANA NASCE DA MOTIVI STORICI E POLITICI, PRIMA CHE ETNICI ED ECONOMICI.
Le vicende storiche che hanno tenuto sempre vivo nei siciliani il sentimento di riscatto che in tutte le epoche, sia pure disorganicamente, si è manifestato con episodi a volte locali e a volte totali, sono la prova di una sentita spettanza di libertà. Tale spettanza scaturente dalla costante presenza di dominazioni che si sono avvicendate nell'isola per sfruttarla e degradarla, non ha conosciuto soste e, sebbene si sia presentata a volte più distinta per la crudeltà del dominatore a volte meno per l’allentamento della morsa sanguinaria da parte del popolo occupante, ci perviene in tutta la sua chiarezza attraverso un'analisi dei fatti storici che hanno accompagnato il divenire del Popolo Siciliano. Sottolineare perciò il diritto della Sicilia alla sua libertà, significa rispettare, prima che la volontà dei viventi, quella dei nostri antenati, remoti e recenti, e quindi della stessa storia che, seppure distorta e contorta dalle dominazioni, si è sempre articolata in una costante direzione, verso l'esigenza dell'autogoverno.
Gli innumerevoli tentativi di dare un assetto politico all'Isola, divenuta di volta in volta colonia, provincia o addirittura territorio metropolitano delle stesse dominazioni, si sono sempre risolti con lo sfruttamento disumano del nostro Popolo e delle nostre risorse.
L’ultimo rapporto, quello con l'Italia, sebbene nato nel clima di una auspicata formula risorgimentale, paritaria ed egalitaria, agli effetti pratici ha confermato l’impossibilità per la Sicilia di poter trovare una propria collocazione favorevole nelle relazioni con chicchessia.
La natura propria della Sicilia non consente alcuna formula politica che non sia proprio la sua capacità di autogestirsi. Gli 83 anni di annessione all'Italia come regione di uno Stato accentratore e i susseguenti 36 anni di "regione a statuto speciale",altra formula di ripiego inventata per tentare di dimostrare la quadratura del cerchio, hanno riconfermato che qualsiasi rapporto con altri popoli coi quali vi sia comunanza, anche se relativa, di interessi, è sempre una formula innaturale che non da alla Sicilia piena libertà di respiro e garanzia di vita secondo la sua naturale aspirazione politica.
II rapporto con lo stato Italiano è destinato ormai a mettere sempre più in evidenza una condizione di sudditanza che andrà sempre più diventando pesante e deleterio. La mancata attuazione dello Statuto Speciale di Autonomia,e la violazione di leggi costituzionali dello Stato,da parte dell'Italia dimostra ampiamente che non solo la volontà politica è mancata a ché la Sicilia venisse considerata in termini paritari, ma che la Sicilia, la quale porta con sé un retaggio di dominazioni, si presta ad essere trattata da serva da parte di chiunque, per quel destino che la Storia è stata costretta a forgiare per essa fino a quando non troverà la forza di ribellarsi da ogni rapporto di comunanza politica con gli altri.
Le violazioni compiute dallo Stato Italiano sono tali e tante che non possono essere interpretate quali azioni compiute in perfetta buonafede e su un piano di normali dimenticanze burocratico-legislative.
Qui ci troviamo di fronte a un congegnato disegno colonialistico che, iniziato all’alba del rapporto, nel 1860, si perpetua fino ai nostri giorni, assumendo proporzioni spaventevoli. L'entità di tale disegno e le sue micidiali conseguenze sono tali che il problema non si può prestare ad essere risolto ne con il ripristino del patto statutario, né con nuove eventuali formule di rapporto di comunanza, almeno fino a quando la Sicilia non cancellerà dalla Storia il suo triste ruolo di terra dominata da tutti.
E questo, lo può fare solo conquistandosi la libertà e organizzandosi in Stato Sovrano retto da governi popolari che mirino alla costruzione di una società nella quale nessuno e niente restino improduttivi e che tengano conto della crescita umana in termini di qualità. La strada per risolvere il problema siciliano non è quindi quella di un dialogo con lo Stato Italiano, resosi ormai mille volte responsabile di voler mortificare a tutti i costi la dignità del popolo Siciliano, ma quella di un dialogo con tutti gli Stati liberi del mondo che tengano in considerazione la Libertà dei Popoli, il loro diritto a vivere fuori da ogni sfruttamento coloniale.
TURI LIMA


OGGI:Beata Vergine Maria di Loreto (di Antonio Borrelli )

Iniziamo questa scheda riportando una riflessione di papa Giovanni Paolo II, riferendosi alla Santa Casa di Loreto: “Quello Lauretano è un Santuario mirabile. In esso è inscritta la trentennale esperienza di condivisione, che Gesù fece con Maria e Giuseppe.
Attraverso questo mistero umano e divino, nella casa di Nazaret è come inscritta la storia di tutti gli uomini, poiché ogni uomo è legato ad una ‘casa’, dove nasce, lavora, riposa, incontra gli altri e la storia di ogni uomo, è segnata in modo particolare da una casa: la casa della sua infanzia, dei suoi primi passi nella vita.
Ed è eloquente ed importante per tutti che quest’Uomo unico e singolare, che è il Figlio unigenito di Dio, abbia pure voluto legare la sua storia ad una casa, quella di Nazaret, che secondo il racconto evangelico, ospitò Gesù di Nazaret lungo l’intero arco della sua infanzia, adolescenza e giovinezza, cioè della sua misteriosa maturazione umana… La casa del Figlio dell’uomo è dunque la casa universale di tutti i figli adottivi di Dio. La storia di ogni uomo, in un certo senso, passa attraverso quella casa…”.
A partire da papa Clemente V che con una bolla del 18 luglio 1310 confermò indirettamente l’autenticità della Santa Casa, i papi nei secoli successivi confermarono nuovamente la loro devozione alla Vergine Lauretana, specie in drammatiche circostanze.
Ma le origini dell’antica e devota tradizione della traslazione della Casa dalla Palestina a Loreto, risalgono al 1296, quando in una visione, ne era stata indicata l’esistenza e l’autenticità ad un eremita, fra’ Paolo della Selva e da lui riferita alle Autorità.
Ciò ci è narrato da una cronaca del 1465, redatta da Pier Giorgio di Tolomei, detto il Teramano, che a sua volta l’aveva desunta da una vecchia ‘tabula’ consumata, risalente al 1300.
Si riportano alcuni passi più significativi, che poi sono stati tramandati nelle narrazioni, più o meno arricchite nei secoli successivi; “L’alma chiesa di santa Maria di Loreto fu camera della casa della gloriosissima Madre del nostro Signore Gesù Cristo… La quale casa fu in una città della Galilea, chiamata Nazaret.
CONTINUA a leggere:http://www.santiebeati.it/dettaglio/80900

lunedì 1 dicembre 2008

STORIA DI UNA DONNA PALESTINESE,MADRE DI 5 FIGLI...(di Caterina Donattini)

Il diritto di essere un bambino
Storia di una donna palestinese, madre di cinque figli, nel campo di Beit Jibrin
di Caterina Donattini (http://it.peacereporter.net)
Amal è madre di cinque figli.
Due femmine e tre maschi.
Amal è madre di un sesto figlio morto prima d’esser nato: successe durante la prima Intifada, nella sua casa irruppero i gas lacrimogeni israeliani e nulla poterono le pareti del suo ventre di fronte alla guerra. Fu così che al quinto mese di gravidanza i gas lacrimogeni la fecero abortire, là a Betlemme, vicino a dove si dice sia nato il bambino Gesù.
Amal è palestinese e vive a Beit Jibrin, uno dei tre campi rifugiati di Betlemme.
Ero con lei giovedì 30 ottobre, di sera, quando le forze armate israeliane hanno accerchiato il campo rifugiati.
Io e una delle sue figlie siamo andate tra i vicoli del campo, nell’umido della pioggia, tra il fumo e gli spari, per rintracciare il fratello minore e trascinarlo a casa. Era in un angolo, di fianco ad un mucchio di pietre, insieme a tanti altri ragazzini come lui, convinti di poter sfidare quei soldati che venivano armati a ricordare l’occupazione ad un popolo oppresso.
Quando siamo rientrati la madre lo ha coperto di improperi.
Nel campo rifugiati ci sono collaborazionisti: “Guarda i tuoi fratelli! Vuoi finire anche tu in prigione? Cretino!”.
Amal ha tre figli maschi: uno di 18 anni, adesso in prigione; uno di 27, uscito di prigione l’anno scorso; e poi Moeyyed, 15 anni, ancora sano e salvo, a casa. La preoccupazione di Amal non era infondata.
Il pomeriggio seguente l’Autorità Palestinese ha bussato alla sua porta: “Tuo figlio Moeyyed è ricercato, insieme a lui altri quattro quindicenni nel campo”. Sono stati tutti interrogati e poi rilasciati il giorno dopo. Il 3 novembre 2008 alle 3 del mattino si odono colpi violenti alla porta di casa. Amal accorre terrorizzata e apre la porta: un fucile la spinge da un lato mentre altri 7 fucili spianati entrano in casa; 8 soldati israeliani a volto coperto nel cuore della notte, nuovamente, nel suo salotto.
Tutta la famiglia viene riunita in una stanza, i soldati frugano ovunque, rovesciano gli scaffali, aprono gli armadi. Poi uno ldi loro chiede: “Chi è Moeyyed?” Dopo un lungo silenzio Amal lo indica: è lui, quel suo figlio quindicenne in calzini e maglietta, con gli occhi ancora segnati dal sonno. “Vi scongiuro, cosa ha fatto, è un bambino, non portatemelo via!”Oggi non si sa nulla di Moeyyed. Per 12 giorni verrà interrogato a bastonate. La legge israeliana prevede che Moeyyed possa essere interrogato e detenuto per 12 giorni senza conoscere l’accusa contro di lui, senza consultare un avvocato e senza che i suoi genitori sappiano dove si trovi e possano visitarlo.
La prassi israeliana prevede comunemente l’arresto di minorenni.
L'Ong a sostegno dei detenuti palestinesi, Addameer, riporta che il 30 ottobre soldati israeliani sono entrati in una scuola superiore del campo rifugiati di Aroub nella zona di Hebron picchiando, ammanettando, incappucciando ed infine arrestando 10 ragazzini, tutti sotto i 16 anni. A volte la loro colpa è quella di lanciare pietre contro i carri armati israeliani, ma spesso il loro arresto serve ad ottenere indicazioni su persone coinvolte nella resistenza, ultimamente anche con la collaborazione dell'Autorità Palestinese. I bambini infatti hanno minore resistenza durante gli interrogatori. Il semplice fatto di far parte di un partito costituisce nei territori occupati un motivo sufficiente per rimanere in prigione fino a due anni.La Convenzione Internazionale sui Diritti dei Bambini ribadisce il diritto all’assistenza legale e chiede di evitare la detenzione dei bambini. Nonostante questo i diritti dei bambini palestinesi sono costantemente violati. Secondo uno studio dell'Unrwa condotto nel 2004 in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, quasi la metà dei bambini residenti in questi territori (48%) ha subito violenza diretta o indiretta. Il 93% dei bambini dichiara di sentirsi vulnerabile ed esposto a subire violenze. Il 59% degli adolescenti tra i 13 e i 17 anni ha dichiarato di ritenere i propri genitori incapaci di proteggerli. Dall’inizio del 2000 fino al 2005 più di 756 bambini palestinesi sono stati uccisi, 2500 bambini sono stati imprigionati. Secondo Defence for Children International “circa il 95% dei bambini arrestati e/o detenuti sono stati soggetti ad abuso fisico e/o psicologico, spesso risultante in chiare forme di tortura”. Anche il Comitato Internazionale contro la Tortura si è detto preoccupato per le denuncie di “tortura e maltrattamenti subiti dai minori palestinesi detenuti”.
Nella legislazione israeliana la definizione di bambino cambia a seconda che si tratti di un soggetto palestinese o israeliano: nel primo caso si è bambini fino ai 16 anni, nel secondo fino ai 18.
Questa madre palestinese che piange con gli occhi di una donna cui troppi figli sono stati strappati, rivendica ogni giorno da quando le hanno portato via Moeyyed il diritto di chiamarlo “bambino”.

mercoledì 26 novembre 2008

Il rap palestinese contro l'assedio israeliano

"Canto forte, così la gente mi può sentire
abolirò, cambierò, farò leggi
voglio cambiare tutte le regole...
L’assedio va sempre peggio
e ci hanno costruito intorno
una barriera
Tutti insieme rompiamo questo assedio
Il nemico continua ad assediarci
e ha costruito un muro
Tutti insieme rompiamo l’assedio"....
Protagonisti di questo testo sono tre giovani palestinesi del gruppo musicale rap "Black Unit Band " di Gaza,che hanno prodotto un video,e(CLICCA)Non è stato facile fare questo video, per la band.
Per Hamas la band diffonde culrura americana,per la tipologia musicale.
Ma i tre giovani replicano:"L’idea d’incidere un rap ci è venuta dai neri americani, che cantano la loro sofferenza".
Orazio Vasta

sabato 22 novembre 2008

PALESTINA:la pena di morte applicata dall'ANP è incostituzionale!

ANP: CENTRO DIRITTI UMANI CHIEDE MORATORIA DELLE ESECUZIONI CAPITALI
15 novembre 2008: il Centro Palestinese per i Diritti Umani (PCHR), con sede a Gaza-City, ha chiesto al presidente Mahmoud Abbas (nella foto) di non ratificare la condanna a morte emessa il 12 novembre nei confronti di un uomo accusato di collaborazionismo a favore di Israele.
Ayman Ahmed 'Awwad Daghamgha, 24enne ex membro dell’Intelligence palestinese, è stato condannato alla fucilazione da un tribunale militare di Betlemme.
Più in generale, il PCHR chiede all’Autorità Nazionale Palestinese di introdurre una moratoria sull’applicazione della pena di morte, dal momento che essa viola gli standard e gli strumenti internazionali sui diritti umani.
Chiede inoltre al presidente Abbas di non approvare nessuna delle condanne capitali finora emesse e di scongiurare la loro implementazione. Ribadendo che l’abolizione della pena capitale non implica benevolenza nei confronti di pericolosi criminali, che devono invece essere soggetti a pene con funzione deterrente, il Centro invita l’Autorità Palestinese a rivedere tutta la legislazione relativa alla pena di morte, in special modo la Legge n° 74 (1936) in vigore nella Striscia di Gaza ed il Codice penale giordano n° 16 (1960), in vigore in Cisgiordania. Il Centro chiede l’adozione di un codice penale unico, in linea con lo spirito degli strumenti internazionali relativi ai diritti umani, in special modo con quelli relativi all’abolizione della pena capitale.
Il giovane Daghamgha è stato riconosciuto colpevole di tradimento in base all’articolo 131/A del Codice Penale Rivoluzionario Palestinese del 1979.
Il Codice Penale Rivoluzionario dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina – fa notare il PCHR – è incostituzionale nell’Autorità Nazionale Palestinese, non essendo stato né presentato né tantomeno approvato dall’organo legislativo.
Il PCHR ha più volte chiesto la sua abolizione, dal momento che viola gli standard internazionali del giusto processo e non prevede procedure eque ed indipendenti per la presentazione di ricorsi.

mercoledì 19 novembre 2008

ISRAELIANI E PALESTINESI...


I "CAVALIERI DI SCELBA" IN PALESTINA...

Nel disegno,la Celere spara ad Avola(Sr),40 anni fa,sui braccianti che chiedevono lavoro...Plastic Bullet e Sound Bomb: l'ordine pubblico secondo l'esercito israeliano
di Alessio Marri - Megachip

Lacrimogeni sparati ad altezza uomo. Oppure fatti rimbalzare al suolo per renderne imprevedibile ogni perversa traiettoria. O ancora esplosi a decine, contemporaneamente, in modo da creare una fitta pioggia di pesanti bossoli di ferro lunghi un palmo, pericolosissimi per il capo. La consueta manifestazione che si svolge ogni venerdì a Bill'in per protestare contro la costruzione del muro è appena cominciata. Si dice che la partecipazione vada a intermittenza: una settimana si registra una forte presenza, quella successiva meno. E quest'oggi ci sono all'incirca duecentocinquanta persone, l'onda bassa...
(
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