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venerdì 17 aprile 2009

GIORNALISTA CACCIATA PER AVER PUBBLICATO "IL BACIO PERICOLOSO DI ALFANO",articolo del 2002 de "la repubblica"...

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Olga Lumia, nata ad Agrigento e residente a Roma, pubblica su Facebook il link a una pagina di Repubblica del 2002 dal titolo "Il bacio pericoloso di Alfano", un articolo che riferiva del bacio dell'attuale Ministro della Giustizia Angelino Alfano al boss mafioso Croce Napoli nel 1996. A seguito di questo, Olga viene cacciata dalla redazione di agrigentoweb.it.

Il fatto si commenta da solo.
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“Sono stata ampiamente rimproverata da quelli di Agrigentoweb per quello che avevo pubblicato – si sfoga Olga Lumia sulla bacheca del gruppo dei giornalisti agrigentini su Facebook - Nella mia bacheca di Facebook avevo condiviso un link su un vecchio pezzo de La Repubblica, che aveva come oggetto un politico.
Ho cercato di spiegare – racconta - che la bacheca di FB è come casa mia: ci posso fare quello che voglio. Ma loro niente, non sentivano ragioni.
Ci sono state infatti delle persone che letto il mio link, mi hanno accusato agli editori e direttori di Agrigentoweb gridando allo scandalo.
Dopo varie telefonate con la redazione del quotidiano on-line e dopo una mia lettera di scuse (volevo infatti scusarmi per averli messi, mio malgrado a disagio) pensavo che la cosa fosse finita lì.
Non era vero.
Con un pezzo in prima, firmato dal direttore, sono stata accusata – continua Olga Lumia - di attaccare il premier e i suoi uomini e sono stata volgarmente definita ‘cavallino rampante che fa cri cri’.
A questo punto, non mi restava altro che fuggire da un simile ambiente.
Un ambiente dove non c'è libertà di opinione, pensiero e parola.
Dove ti controllano anche per ciò che fai in privato.
Mi sono dimessa – conclude - per scappare a gambe levate da una situazione insostenibile”.
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ESPRIMO SDEGNO!

PIENA SOLIDARIETA' A OLGA LUMIA!

Orazio Vasta

domenica 25 gennaio 2009

OFFESA LA MEMORIA DI PEPPINO IMPASTATO!

Offesa la memoria di Impastato, il Prefetto di Trapani assegni i funzionari ad altri incarichi
"Se non fosse che questa è l'ennesima prova della poca considerazione da parte delle Istituzioni verso chi ha sacrificato la propria vita in nome della legalità, verrebbe da sorridere nel sentire che qualcuno in Sicilia non è ancora a conoscenza della storia e della figura di Peppino Impastato. Se a non conoscerla poi sono dei funzionari di una Prefettura siciliana, quella di Trapani, che più di chiunque altro dovrebbero tenere in somma considerazione l'esempio di chi ha servito lo Stato scagliandosi persino contro una parte dei propri affetti familiari pur di difendere i valori su cui questa nazione si fonda, la vicenda assume le caratteristiche di una burla grottesca". Ad affermarlo è Sonia Alfano, presidente dell' Associazione Nazionale Familiari Vittime di Mafia, in merito alla richiesta avanzata al Comune di Marsala dalla Prefettura di Trapani di ottenere il curriculum di Peppino Impastato per poter dare il via libera all'intitolazione di una piazza al giornalista ucciso da Cosa Nostra il 9 maggio del 1978. "Davanti all' ingoranza dei suoi funzionari - ha proseguito la presidente nella nota - il Prefetto di Trapani dovrebbe immediatamente assegnare questi signori ad altre funzioni poichè con il proprio operato hanno arrecato un danno alle Istituzioni dello Stato ed inferto un nuovo doloroso colpo alla famiglia Impastato ed alla figura di Peppino. Gli italiani si aspettano che le Istituzioni preposte alla difesa del territorio anche dalle organizzazioni criminali lo facciano sopratutto in nome e nella memoria delle tante persone uccise dalla mafia e per farlo, il primo e banale requisito, è di conoscerne la storia. Assegnare i funzionari che si sono fatti autori di una cosi odiosa beffa alla figura di Peppino, ad altre funzioni, è un atto dovuto per rimediare all'offesa perpetrata nei confronti della Sicilia e dell' Italia tutta".

venerdì 16 gennaio 2009

L’ultima intervista video di Giuseppe Fava...

Clicca,il video:
http://www.youtube.com/watch?v=jAogBSvaSyU
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L’ultima intervista video di Giuseppe Fava
E’ l’ultima intervista in televisione a Giuseppe Fava. Da "Film dossier" di Enzo Biagi, 28 dicembre 1983.L’ultima intervista televisiva di Giuseppe Fava, il 28 dicembre 1983. Lui sarebbe stato ammazzato il 5 dicembre 1984.
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Biagi: Giuseppe Fava, giornalista, scrittore catanese, autore di romanzi e di opere per il teatro. Fava, per i suoi racconti a cosa si è ispirato?


Fava: alle mie esperienze giornalistiche. Io ti chiedo scusa ma sono esterrefatto di fronte alle dichiarazioni del regista svizzero. Mi rendo conto che c’è un’enorme confusione sul problema della mafia. Questo signore ha avuto a che fare con quelli che dalle nostre parti sono chiamati "scassapagliare". Delinquenti da tre soldi come se ne trovano su tutta la terra. I mafiosi sono in ben altri luoghi e in ben altre assemblee. I mafiosi stanno in Parlamento, sono a volte ministri, sono banchieri, sono quelli che in questo momento sono ai vertici della nazione. Bisogna chiarire questo equivoco di fondo: non si può definire mafioso il piccolo delinquente che ti impone la taglia sulla tua piccola attività commerciale… quella è piccola criminalità che credo esista in tutte le città italiane e europee. Il problema della mafia è molto più tragico e importante, è un problema di vertici della nazione che rischia di portare alla rovina, al decadimento culturale definitivo l’Italia.

Biagi: Tu hai fatto conoscenza diretta del mondo della mafia, come giornalista?

Fava: Sì, ho conosciuto diversi personaggi dell’una e dell’altra parte. Attraverso le cronache, le indagini che andavamo conducendo e che abbiamo puntualmente riferito sui nostri giornali.

Biagi: Chi ricordi di più di questi tipi? Dei vecchi mafiosi, ad esempio? Sono cambiati?

Fava: Un uomo sì. C’è un abisso tra la mafia di vent’anni fa e quella di oggi. Allora il mafioso per eccellenza era Genco Russo. Io sono stato a casa di Genco Russo e, mi si perdoni il termine, sono stato l’unico ad avere l’onore di intervistarlo. Ad avere un memoriale firmato che iniziava con le parole "Io sono Genco Russo, il re della mafia". Genco Russo governava il territorio di Mussomeli dove, da vent’anni, non c’era stato non dico un omicidio ma nemmeno uno schiaffo. Non c’era un furto, tutto procedeva in ordine, nella legalità più assoluta. Era la vecchia mafia agricola, la quale governava un territorio di una forza straordinaria che il mondo di allora non poteva ignorare. Controllava tra i 15 e i 40mila voti di preferenza.Nessun uomo politico poteva ignorare questa potenza determinate. Era sufficiente che Russo spostasse quei voti non da un partito all’altro, ma anche all’interno dello stesso partito per determinare la fortuna o meno di un uomo politico.Ecco perché poteva andare alla Regione Sicilia e spalancare con un calcio la porta degli assessori: lui era il padrone.Poi la società si modificò e i mafiosi non furono più quelli come Genco Russo.I mafiosi non sono quelli che ammazzano, quelli sono gli esecutori. Anche al massimo livello. Si fanno i nomi dei fratelli Greco. Si dice che siano i mafiosi vincenti a Palermo, i governatori della mafia. Non è vero: sono anche loro degli esecutori. Sono nella organizzazione, stanno al posto loro. Un’organizzazione che riesce a manovrare centomila miliardi l’anno. Più, se non erro, del bilancio di un anno dello Stato italiano. E’ in condizione di armare degli eserciti, di possedere flotte, di avere una propria aviazione. Infatti sta accadendo che la mafia si sia impadronita, almeno nel Medio Oriente, del commercio delle armi. Gli americani contano in questo, ma neanche loro avrebbero cittadinanza in Italia, come mafiosi, se non ci fosse il potere politico e finanziario che consente loro di esistere. Diciamo che questi centomila miliardi, un terzo resta in Italia e bisogna riciclarlo, ripulirlo, reinvestirlo. E quindi ecco le banche, questo prolificare di banche nuove. Il Generale Dalla Chiesa l’aveva capito, questa era stata la sua grande intuizione, che lo portò alla morte. Bisogna frugare dentro le banche: lì ci sono decine di miliardi insanguinati che escono puliti dalle banche per arrivare alle opere pubbliche. Si dice che molte chiese siano state costruite con i soldi insanguinati della mafia.

Biagi: una volta si diceva che la forza dei mafiosi è la capacità di tacere. Adesso?

Fava: Io sono d’accordo con Nando Dalla Chiesa: la mafia ha acquisito una tale impunità da essere diventata perfino tracotante. Le parentele si fanno ufficialmente. Certo, si alzano le mani quando qualcuno sta per essere ammazzato, si cerca di tirare fuori l’alibi personale e morale. Io ho visto molti funerali di Stato. Ora dico una cosa di cui solo io sono convinto, quindi può non essere vera: ma molto spesso gli assassini erano sul palco delle autorità.

Biagi: cosa vuol dire essere "protetti", secondo il linguaggio dei mafiosi?

Fava: Poter vivere dentro questa società. Ho letta un’intervista esemplare, a quel signore di Torino che ha corrotto tutto l’ambiente politico torinese. Diceva una cosa fondamentale, una legge mafiosa che è diventata parte della cultura nazionale: non si fa niente senza l’assenso del politico e se il politico non è pagato. Noi viviamo in questo tipo di società, dove la protezione è indispensabile se non si vuol condurre la vita da lupo solitario. Questa vita può essere anche affascinante, orgogliosamente soli fino all’ultimo, ma 60 milioni di italiani non potranno farlo.

Biagi: Vorrei fare a tutti una domanda: secondo voi cosa si deve fare per eliminare questo fenomeno?

Fava: A mio parere tutto parte dall’assenza dello Stato e al fallimento della società politica italiana. Forse è necessario creare una seconda Repubblica, in Italia, che abbia delle leggi e una struttura democratica che elimini il pericolo che il politico possa diventare succube di se stesso, della sua avidità, della ferocia degli altri, della paura o che possa anche solo diventare un professionista della politica. Tutto parte da lì, dal fallimento degli uomini politici e della politica. Della nostra democrazia, così come con la nostra buona fede l’abbiamo appassionatamente costruita e che ci si sta sgretolando nelle mani.

Dalla Chiesa: Io ci ho pensato a lungo, credo che la regola principale sia far capire che il delitto non da potere, ma che anzi lo toglie.

venerdì 2 gennaio 2009

"Combattere l'ingiustizia anche a costo della propria vita."(Ghandi)

La Redazione di ANTIMAFIAduemila vi augura "La felicità non viene dal possedere un gran numero di cose, ma deriva dall'orgoglio del lavoro che si fa; la povertà si può vincere con un sistema costruttivo ed è di fondamentale importanza combattere l'ingiustizia anche a costo della propria vita".
Ghandi

giovedì 11 dicembre 2008

Umberto Garibaldi, l'antifederalista (di Beppe Grillo)

Da:
Blog di Beppe Grillo
A:
oraziovasta@libero.it

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Bossi è l'erede di Giuseppe Garibaldi.
Il suo vero sogno è uno stato nazionale, centralista, magari un po' fascista. Quando racconta la storia dei Comuni pensa in realtà a Giulio Cesare e alle glorie dell'Impero Romano.
Va a Pontida negli incontri pubblici, ma in privato visita i Fori Imperiali e si reca in gita a Predappio.
La Lega è un partito federale, ma solo in periodo elettorale.
Passata la festa, gabbato il valligiano bergamasco.
Bossi è più furbo di Andreotti, più calcolatore di Gelli, più panzanaro dello psiconano.
Un grande Padre della Patria.
Si merita una statua equestre in piazza Venezia.
Ha fatto più la Lega per l'affermazione di Roma Caput Mundi e dell'unità nazionale che ogni altro partito apparso in Italia, a parte il fascismo.
Il Duce diceva cosa voleva fare e spesso non ci riusciva, il Senatùr dice il contrario di quello che farà e ci riesce sempre.
Una mente superiore.
Da quando la Lega è al Governo, in meno di un anno, ha ottenuto risultati strepitosi per il federcentralismo:
- ha eliminato l'Ici, unica vera tassa federale, per i Comuni
- ha privatizzato l'acqua, che passa in gestione dai Comuni alle concessionarie e alle multinazionali
- ha tolto alle Regioni il potere di decidere in materia di politica ambientale
- ha permesso la creazione di una nuova base militare statunitense a Vicenza ("Padroni a casa nostra") con la proibizione di un referendum indetto dal Comune
- non ha eliminato i Prefetti, ma ha militarizzato le città con l'esercito
- ha tolto alle Università del Nord, ad esempio 40 milioni di euro al Politecnico di Milano, per dare 150 milioni al Comune di Catania e 500 milioni al Comune di Roma, per evitare il fallimento
- ha ignorato la presenza di 90 testate atomiche statunitensi a Ghedi Torre nel Bresciano e a Aviano in Friuli
- ha aumentato i costi della politica
- ha lasciato che 8/9 miliardi di euro di fondi europei OGNI ANNO (soldi interamente versati con le nostre tasse) vadano a Calabria, Campania e Sicilia senza nessun controllo. E chi vuole controllare che non finiscano ai partiti e alla criminalità organizzata, come Luigi De Magistris, viene trasferito.
Le camicie rosse di Garibaldi hanno fatto l'Italia, le camicie verdi di Bossi l'hanno strafatta.
Se dopo alcuni mesi di governo della Lega lo Stato centralista e romano si è rafforzato in questo modo, cosa ci riserva il futuro?
La tassa federale per il Nord e gli sgravi fiscali per la mafia?
E' il federalismo che traccia il solco, ma è la poltrona che lo difende!
Beppe Grillo
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giovedì 13 novembre 2008

OSPEDALE DI LENTINI :INTERVENTI CHIRURGICI SENZA TRASFUSIONE DI SANGUE...

Ricevo e pubblico...con una nota "dovuta":nella colonia "d'oltre mare",parlo della Sicilia,non è la prima volta che dei medici indigeni sono all'avanguardia mondiale.Purtroppo, la "mafia bianca"e il sistema colonialistico-affaristico che l'alimenta mettono in secondo piano i nostri figli e fratelli migliori. Orazio Vasta
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ALL'OSPEDALE DI LENTINI SI ESEGUONO INTERVENTI CHIRURGICI SENZA TRASFUSIONE DI SANGUE

SU (CLICCA!)
WWW.LANOTIZIA.TV
UN SERVIZIO SPECIALE
SULLA NUOVA TECNICA CHIRURGICA CHE VIENE PRATICATA ALL'OSPEDALE DI LENTINI.

INTERVISTE AL DOTT. VANNI TROMBATORE, PRIMARIO DEL REPARTO DI CHIRURGIA DELL'OSPEDALE E AL DOTT. FRANCESCO SFERRAZZO, ANESTESISTA.
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OSPEDALE DI LENTINI(nella foto sopra)
DIRETTORE SANITARIO: Dr. A. SPINA
Via Ospedale - Tel. 095 909111 - Fax 095 909507


lunedì 3 novembre 2008

"Sono fiero di essere siciliano!"...BESTEMMIA!

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Posto il duetto dei famosi comici Picone e Ficarra dal titolo "Fiero di essere siciliano" ,uno spaccato forte e provocatorio sulla bestemmia più consumata in Sicilia dai siciliani:"Sugnu fiero di essere siciliano!",appunto...BESTEMMIA!
La nostra Patria è offesa da questi attestati di fierezza, che si traducono in askarismo,dai Palazzi "in" al sottoscala proletario...E i fatti mi danno,purtroppo,ragione...Il presidente Lombardo,che tanti proclami fa,ha fatto e farà,per la Sicilia ,dimentica un "piccolo" particolare:ma, quannu pensa di applicare lo Statuto speciale di Autonomia? Intanto,ovviamente,anche lui "è fiero di essere siciliano!".....Orazio Vasta
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Ficarra: io sono fiero di essere siciliano!
Picone: io mi vergogno di essere siciliano!

Ficarra: io sono fiero di essere siciliano perché… Europa, Africa, Occidente, Oriente…è proprio la posizione che è comoda…
Picone: io mi vergogno di essere siciliano perché siamo nati comodi.

Ficarra: io sono fiero di essere siciliano perché…questo mare, queste spiagge, questo sole..
Picone: io mi vergogno di essere siciliano perché a parte questo mare, queste spiagge, questo sole…
Ficarra: io sono fiero di essere siciliano perché da noi è nata la civiltà.
Picone: io mi vergogno di essere siciliano perché da noi è nato Emilio Fede.

Ficarra: io sono fiero di essere siciliano perché almeno Castelli è nato altrove.
Picone: io mi vergogno di essere siciliano perché almeno altrove hanno qualcuno che li difende…
Ficarra: io sono fiero di essere siciliano perché… Arabi, Francesi, Spagnoli, Borboni… abbiamo resistito a più di mille invasioni.
Picone: io mi vergogno di essere siciliano perché va bene le invasioni! Ma dare 61 deputati su 61 a Forza Italia… non c'avrebbero sperato neanche i Borboni.

Ficarra: io sono fiero di essere siciliano perché ci adattiamo a qualsiasi cosa.
Picone: io mi vergogno di essere siciliano perché di accontentiamo di qualsiasi cosa.

Ficarra: io sono fiero di essere siciliano perché… "aspetta… calma… ma che fretta c'è…".
Picone: io mi vergogno di essere siciliano perché… "aspetta… calma… ma che fretta c'è…".

Ficarra: io sono fiero di essere siciliano perché guardo il nostro cielo e penso che ha ispirato mille poeti…
Picone: io mi vergogno di essere siciliano perché guardo il rubinetto secco e "mi sovvien l'eterno".

Ficarra: io sono fiero di essere siciliano perché di qualsiasi cosa ne cogliamo sempre l'aspetto comico.
Picone: io mi vergogno di essere siciliano perché non prendiamo mai niente sul serio.

Ficarra: io sono fiero di essere siciliano, quando vedo per la mia città carovane di turisti, quasi sempre tedeschi, in pantaloncini corti a Dicembre e dico: "ma questi ad agosto come verranno???".
Picone: io mi vergogno di essere siciliano perché ancora oggi sento dire: "lascia perdere, è sempre stato così, ma chi te lo fa fare…".

Ficarra: io sono fiero di essere siciliano perché siamo ottimisti.
Picone: io mi vergogno di essere siciliano perché rispetto all'Europa, anche a voler essere ottimisti, siamo vent'anni indietro.

Ficarra: io sono fiero perché se Dio vuole fra vent'anni li raggiungiamo.
Picone: io mi vergogno perché nessuno s'indigna più per una Palermo-Messina inziata 40 anni fa e mai finita.

Ficarra: io sono fiero perché pur di lavorare onestamente ci facciamo ancora 3mila km.
Picone: io mi vergogno perché ancora oggi sento dire "ai tempi della Dc mangiavano ma facevano mangiare…".

Ficarra: io sono fiero perché da noi la famiglia ha ancora un senso! …alle volte due.
Picone: io mi vergogno di essere siciliano, perché se mi capita di essere chiamato mafioso a Milano, internamente mi scatta una sensazione di potere.

Ficarra: io sono fiero di essere siciliano perché Falcone, Borsellino, padre Puglisi… sono siciliani.
Picone: io mi vergogno di essere siciliano perché Falcone, Borsellino, padre Puglisi… ERANO siciliani.

Ficarra: io sono fiero di essere siciliano perché Libero Grassi ne era fiero.
Picone: io mi vergogno di essere siciliano perché internamente penso che Libero Grassi se l'è cercata.

Ficarra: io sono fiero di essere siciliano perché mi sento di appartenere a qualcosa di grande.
Picone: io mi vergogno di essere siciliano perché ci mancherà sempre qualcosa per diventare grandi.

Ficarra: io sono fiero di essere siciliano perché è la cosa più bella che mi ha lasciato mio padre.
Picone: io mi vergogno di essere siciliano perché è l'unico modo per farmi sentire.

Ficarra: io sono fiero di averla lasciata questa Sicilia così un giorno potrò dire ai miei figli "lo vedi che cosa ti ho risparmiato?".
Picone: io invece non la voglio lasciare questa Sicilia. Non la voglio lasciare, così… perché voglio vincere!

Lettura del sistema mafioso (di Michele Zitara)

La mafia
Un giornale mi ha posto la seguente domanda:
Che lettura dai del sistema mafioso?

Questo sistema di accumulazione illegale di capitale, come s'intreccia, nell'era dell'euro con il sistema legalizzato di accumulazione capitalista?
E che problemi porrebbe ad un processo sudico di liberazione?
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PER LEGGERE TUTTO:

mercoledì 22 ottobre 2008

GAMORRA,SAVIANO E DINTORNI...

Riprendo integralmente dal blog www.nazionedelleduesicilie.blogspot.com del mio caro amico Nello Esposito questi interventi dell'area "neoborbonica"-"duosiciliana" -"merdionalista" sul caso "Gomorra" e del suo autore,Roberto Saviano,che,a causa di questo libro,è costretto a vivere sottoscorta della polizia per le minacce di morte ricevute dalla camorra.Chi conosce A RARIKA sa chiaramente che io e il gruppo del blog siamo e stiamo con Roberto,siamo e stiamo con tutti coloro che con i fatti denunciano la malapianta della mafia e della mafiosità. Gli interventi pubblicati da Nello sul suo blog non li condivido/condividiamo! Ma,nello stesso momento,sono contento che essi ci siano...In merito agli attacchi gratuiti e,direi,"cattivi" espressi contro la persona di Roberto mi viene spontanea una domanda: MA,VI SIETE BEVUTI IL CERVELLO?
Rispetto tutte le idee,ma,Santo Dio,come si fa ad infieire a livello personale su un giovane che rischia di saltare in aria per aver scritto un libro? A Catania,il giornalista e scrittore Pippo Fava denunciava la mafia e i suoi protettori ,e,contemporaneamente,veniva accusato, da più parti,compresi settori dell'area sicilianista,d'infangare la Sicilia e i siciliani...Pippo,poi è stato trucidato dai killer del boss Nitto Santapaola,capo di Cosa nostra a Catania!
Ripeto:MA,VI SIETE BEVUTI IL CERVELLO?
La vergogna per Napoli e per Catania,non sono Roberto-LUNGA VITA!- e Pippo...Il fango sui "duosiciliani" e sui siciliani non lo buttano gli scrittori e i giornalisti che rischiano la propria vita...La vergogna per il popolo campano è la villa-nella foto sopra-del boss camorrista Schiavone...
Oppure,la colpa di Roberto è quella di essere ancora vivo?...
Perchè,e non sarà un caso,i giornalisti che "infangano" Napoli e Catania,da morti diventano EROI...pensate che a Catania,da qualche anno,la via dov'è stato ammazzato quel "calunniatore" di giornalista,porta il nome VIA GIUSEPPE FAVA!....
Poi,è chiaro-a parte Nello che ammette di non aver letto "Gomorra" e di non aver visto il film-che questo tanto odiato libro non è mai stato letto da gran parte degli intervenuti nel blog nazione2sicilie...vero Mario Moccia?...Comunque,la lotta contro la mafia o camorra che sia passa anche attraverso l'esercizio della democrazia... e ciò è stato fatto da Nello ,e così sto facendo io... Scusate per la franchezza. Cordialmente,
Orazio Vasta .

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lunedì 20 ottobre 2008
GOMORRA
Ricevo da Virginia Lalli la seguente mail:
Cari neoborbonici,avrete saputo che il film "Gomorra" rappresenterà L'Italia agli Oscar.Allora se da una parte ha il merito di essere un film denuncia, dall'altra è evidente che diffonde a livello internazionale un'immagine del Paese e soprattutto di Napoli come una società oltre che corrotta, profondamente immorale e di fatto sottosviluppata ( e senza rimedio) e conferma lo stereotipo dell'italiano meramente e solo mafioso.Allora esprimo le mie perplessità in tal senso. Si dovrebbe quantomeno controbilanciare con qualcosa di positivo di eguale risonanza o con poderose misure di contrasto alla criminalità e incentivi all'economia.Diversamente quale risultato si ottiene, data la situazione.?Virginia Lalli
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Purtroppo devo condividere quanto da Te detto cara Virginia, oggi la società ci propone sempre gli eroi attentamente studiati a tavolino per propagandare quello che fa comodo al potere.Premesso che non ho mai letto il libro di Saviano, reputandolo un mattone scemo di morale (ma questo è un mio personale parere), mi chiedo se davvero i camorristi che lo hanno condannato a morte l'abbiano letto?Conosco tante persone che lottano contro la camorra, potrebbero riempire le pagine di 10 gomorra, eppure non sono degli eroi, ne possono contare sulla potenza economica che Saviano è riuscito a costruirsi.Saviano è diventato un personaggio della lotta alla camorra, protetto, propagandato ed elogiato anche dalle autorità Romane, che godono nel vedere esportato un LORO PRODOTTO (la camorra) all'estero.
Nello Esposito
Pubblicato da duesicilie
10/20/2008
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martedì 21 ottobre 2008
A proposito di Gomorra
Pubblico due dei commenti ricevuti sul post Gomorra:
RICEVO DA MARIO MOCCIA:
Ciao Nello, se dovessi commentare il libro di saviano e soprattutto i danni che lo stesso sta creando a Napoli ed ai Napoletani, non potrei utilizzare altre parole che le tue che sottoscrivo pienamente! Ho appena finito di scrivere un libro che titola L'Italia non esiste (soprattutto se ha bisogno di un Saviano per propagandarsi nel mondo). E nel quale, all'interno, - misticamente ho espresso un pensiero identico al tuo. E siccome il libro ancora non l'ho mandato in giro, non puoi averlo suggestionato dal mio scritto.Un abbraccio, forza e onore!Mario
P.S. al solito non sono riuscito a postare il mio commento. te lo invio in allegato sperando possa farlo tu, se vuoi!
*SaVIANO,un “eroe” attentamente studiato a tavolino per propagandare quello che fa comodo al potere del Paese che non c'é che continua a seminare odio e bugie sulle popolazioni duosiciliane. Che la camorra, la mafia, la n'drangheta e Sacra corona unita esistano, si sapeva già, non c'era bisogno di un Saviano per capire che esiste; ma il grande scrittore ha dimenticato, forse perché troppo serrato dal business-system, di dire il perché esiste il fenomeno mafioso ( come gli altri citati), e chi sono i loro padrini! Solo in questo caso, Saviano sarebbe stato un vero Eroe!
Conosco tante persone e tanti onesti magistrati che lottano contro la camorra, e potrebbero riempire tante pagine per un intero trattato su gomorra, eppure non sono degli eroi, nè possono contare sulla potenza economica che Saviano è riuscito a costruirsi tantomeno possono doversi preoccupare di essere uccisi - come si presume - la camorra vorrebbe fare con Saviano. Per fortuna anche questa è una buon orchestrata propaganda per dare più spessore al libro ed allo stesso film, che ne hanno proprio bisogno. Saviano, attenzione, che quando la vena aurifera del tuo “giacimento” si sarà esaurita, i tuoi padrini non decidano di farti fuori sul serio, tanto per rilanciare il messaggio e far capire al mondo in quale drammatico clima deve operare la politica italiana, per rieducare i meridionali, quelli che briganti erano ieri, e briganti sono oggi! Perché che i briganti sono stati e restano il leit-motiv della ragion di stato di un risorgimento assassino! Durante il quale però – stranamente – a morire sono stati circa un milione di duosiciliani! Avrà capito Saviano con chi si è messo? Parla male di coloro nel cui stesso piatto sta mangiando. Non è propriamente un comportamento da eroi!
Saviano è diventato un personaggio della lotta alla camorra, protetto, propagandato ed elogiato anche dalle autorità Romane, che godono nel vedere esportato un loro prodotto (la camorra, come le altre mafie,) in tutto il mondo!
di
Mario Moccia di Montemalo
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RICEVO DA GIULIO LAROSA
Devo in parte non concordare con quanto scritto a proposito di Gomorra. Non ho letto il libro di Saviano ma ho visto il film, in piu' ho letto e promosso la diffusione del libro di Nazario "per fortuna che ci ho la camorra" (vedere sito Duesicilieabruzzo), un amico e collega meno famoso di Saviano, che denuncia cose estremamente simili e negli stessi termini di Saviano.
Anche qui viene data una immagine triste e senza speranza della nostra societa' e nella mia recensione questa critica circa l'assenza di qualsiasi riferimento positivo c'e' e netta.
Tuttavia va riconosciuta la veridicita' di cio' che si denuncia e anche gli esiti molto positivi che questa denuncia sta ottenendo, in particolare gli arresti e la decimazione dei Casalesi.
Nel film invece le figure positive non mancano: in particolare c'e' un giovane che dopo aver visto gli orrori del commercio di rifiuti tossici si rifiuta di continuare e affronta il faccendiere con parole coraggiose e piene di onesto amore per la sua terra.
C'e' poi il sarto bravissimo e onesto che e' costretto a cambiare mestiere e si mette a fare il camionista, insomma ci sono anche belle figure e non soltanto brutti ceffi e gente corrotta.
Pubblicato da duesicilie a
10/21/2008

martedì 21 ottobre 2008

Roberto, che è giovane, vedrà certo la fine di di questo orrendo "sistema" e avrà l'orgoglio di avervi contribuito

Ricevo da "La catena di San Libero"
( riccardoorioles@gmail.com ),condivido e pubblico...
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Saviani
Anche oggi Marco ha preso il motorino, è uscito di casa e se n'è andato in cerca di notizie. Ha lavorato tutto il giorno e poi le ha mandate in internet a quelli che conosce. Fa anche un giornaletto (Catania Possibile) di cui finalmente anche i lettori hanno potuto vedere un numero (il primo solo i poliziotti incaricati di sequestrarlo in edicola) con relative inchieste. Non ci guadagna una lira e fa questo tipo di cose da una decina d'anni. Ha perso, per farle, la collaborazione all'Ansa, la possibilità di uno stipendio qualunque e persino di una paga precaria come scaricatore: anche qui, difatti, l'hanno licenziato in quanto "giornalista pacifista". Marco non ha paura (nè della fame sicura nè dei killer eventuali) ed è contento di quel che fa.

Anche oggi Max è contento perché è riuscito a mandare in giro un altro numero della Periferica, il giornaletto che ha fondato con alcuni altri amici del quartiere. Il quartiere è Librino, il più disperato della Sicilia. Se ne parla in cronaca nera e nei pensosi dibattiti sulla miseria. Loro sono riusciti a mettere su una redazione, a organizzare non solo il giornale ma anche un buon doposcuola e dei gruppi locali. Non ci guadagnano niente e i mafiosi del quartiere hanno già fatto assalire una volta una sede. Max non ha paura, almeno non ufficialmente, ed è contento di quel che fa.

Anche oggi Pino ha finito di mandare in onda il telegiornale. Lo prendono a qualche chilometro di distanza (la zona dello Jato, attorno a Partinico) e contiene tutti i nomi dei mafiosi, e amici dei mafiosi, del suo paese. Non ci guadagna niente (a parte la macchina bruciata o un carico di bastonate) ma lui continua lo stesso, ed è contento di quel che fa.

Anche oggi Luca ha chiuso la porta della redazione, al vicolo Sanità. Il suo giornale, Napoli Monitor, esce da un po' più di due anni e dice le cose che i giornalisti grossi non hanno voglia di dire. E' da quando è ragazzo (ha iniziato presto) che fa un lavoro così. Non ci guadagna nulla, manco il caso di dirlo, e non è un momento facile da attraversare. Ma lui continua lo stesso, ed è contento di quel che fa.

Ho messo i primi che mi sono venuti in mente, così per far scena.

Ma, e Antonella di Censurati.it? Sta passando guai seri, a Pescara, per quell'inchiesta sui padri-padroni.

E Fabio, a Catania? Fa il cameriere, per vivere, ed è giornalista (serio) da circa quindici anni.

E ti sei dimenticato di Antonio, a Bologna? Vent'anni sono passati, da quando gli puntarono la pistola in faccia per via di quell'inchiesta sui clan Vassallo e gli affitti delle scuole. Eppure non ha cambiato idea.

E Graziella? E Carlo Ruta, a Ragusa? E Nadia? E... Vabbè, lasciamo andare.

Mi sembra che un'idea ve la siate fatta.
C'è tutta una serie, in Italia, di piccoli giornali e siti, coi loro - seri e professionali - redattori.
Ogni tanto ne fanno fuori qualcuno, o lo minacciano platealmente; e allora se ne parla un po'. Tutti gli altri giorni fanno il loro lavoro così, serenamente e soli, senza che a nessuno importi affatto - fra giornalisti "alti" e politici - se sono vivi o no. Eppure, almeno nel settore dell'antimafia, il novanta per cento delle notizie reali viene da loro.

Saviano è uno di loro.

Quasi tutti i capitoli di Gomorra sono usciti prima su un sito (un buon sito, Nazione Indiana) e nessuno, salvo chi di mafia s'interessava davvero, se l'è cagati. Poi è successa una cosa ottima, cioè che l'industria culturale, il mercato, ci ha messo (o ha creduto di metterci) le mani sopra. Ne è derivato qualche privilegio, ma pagato carissimo, per lui. Ma ne è derivato soprattutto che - poiché l'industria culturale è stupida: vorrebbe creare personaggi mediatici, da digerire, e finisce per mettere in circolo contenuti "sovversivi" - un sacco di gente ha potuto farsi delle idee chiarissime sulla vera realtà della camorra, che è un'imprenditoria un po' più armata delle altre ma rispettatissima e tollerata e, in quanto anche armata, vincente.* * *

Ci sono tre cose precisissime che, in quanto antimafiosi militanti, dobbiamo a Saviano.

Una, quella che abbiamo accennato sopra: la camorra non è la degenerazione di qualcosa ma la cosa in sè, il "sistema". Due, che il lato vulnerabile del sistema è la ribellione anche individuale, etica. Tre, che lo strumento giornalistico per combattere questo sistema non è solo la notizia classica, ma anche la sua narrazione "alta", "culturale"; non solo "giornalismo" ma anche, e contemporaneamente, "letteratura". (Quante virgolette bisogna usare in questa fase fondante, primordiale: fra una decina d'anni non occorreranno più).

Dove "letteratura" non è l'abbellimento laterale e tutto sommato folklorico, alla Sciascia, ma il nucleo della stessa notizia che si fa militanza.

Nessuna di queste cose è stata inventata da Saviano.

Il concetto di "sistema", anziché di semplice (folkloristica) "camorra" è stato espresso contemporaneamente, e credo sempre su Nazione Indiana, da Sergio Nazzaro (non meno bravo di Saviano: e vive vendendo elettrodomestici); e forse prima ancora, sempre a Napoli, da Cirelli.

L'aspetto fortemente etico-personale della lotta non alla "mafia" ma al complessivo sistema mafioso è egemone già nelle lotte degli studenti (siciliani ma non solo) dei tardi anni Ottanta. La simbiosi fra giornalismo e "letteratura", che è forse l'aspetto più "scandaloso" (e che più scandalizza; e non solo a destra) di Saviano è già forte e completa in Giuseppe Fava, e nella sua scuola.

Le "scoperte" di Saviano sono dunque in realtà scoperte non di un singolo essere umano ma di una intera generazione, sedimentate a poco a poco, nell'estraneità e indifferenza dell'industria culturale, in tutta una filiera di giovani cervelli e cuori. Alla fine, maturando i tempi, è venuto uno che ha saputo (ed ha osato) sintetizzarle; e che ha avuto la "fortuna" di incontrare, esattamente nel momento-chiave, anche l'industria culturale. Che tuttavia non l'ha, nelle grandi linee, strumentalizzato ed è stata anzi (grazie allo spessore culturale di Saviano, ma soprattutto dell'humus da cui vien fuori) in un certo qual senso strumentalizzata essa stessa.* * *

Questa è la nostra solidarietà con Saviano. Non siamo degli Umberto Eco o dei Veltroni, benevoli ma sostanzialmente estranei, che raccolgano firme e promuovano (in buona fede) questa o quella iniziativa. Siamo degli intellettuali organici, dei militanti ("siamo" qui ha un senso profondissimo, di collettivo) che hanno un lavoro da compiere, ed è lo stesso lavoro cui sta accudendo lui. Anche noi abbiamo avuto paura, spesso ne abbiamo, e sappiamo che in essa nessuno essere umano può attendersi altro conforto che da se stesso. Roberto, che è giovane, vedrà certo la fine di di questo orrendo "sistema" e avrà l'orgoglio di avervi contribuito: non - poveramente - da solo ma volando alto e insieme, con le più forti anime di tutta una generazione.

giovedì 16 ottobre 2008

"LA MIA ULTIMA LETTERA"...continua a scorrere sangue siciliano...

Triste vicenda. Triste e assurda. Assurda,triste,siciliana.Siciliana,triste,assurda,tutta siciliana. Tutta siciliana! Le prime vittime della mafia sono sempre state siciliane. Da sempre! Giudici,giornalisti,imprenditori,sindacalisti,semplici cittadini,poliziotti,politici,sacerdoti...sangue siciliano...sempre sangue siciliano. Anche Adolfo Parmaliana ha versato il suo sangue...sangue siciliano...Orazio Vasta

Mafia, l'ultima lettera del professore suicida
di Riccardo Bocca (da "l'Espresso)

L'estrema denuncia di Adolfo Parmaliana, feroce accusatore della connivenza tra cosche mafiose e amministrazione, che si è tolto la vita dopo l'ennesima sconfitta. In esclusiva, la lettera scritta prima di morire
La mattina del due ottobre scorso, il professor Adolfo Parmaliana è salito sulla sua Bmw 320 e ha raggiunto un viadotto dell'autostrada Messina-Palermo. Poi è sceso dall'auto e si è gettato nel vuoto, schiantandosi dopo essere precipitato per 35 metri. Un suicidio che ha fatto molto clamore, non solo in Sicilia ma nell'Italia intera: sia per il profilo di chi lo ha messo in atto, sia per le ragioni che lo hanno causato. Parmaliana, infatti, era uno stimato docente di Chimica industriale. Ma anche un feroce accusatore di quell'intreccio affaristico-mafioso che spadroneggiava a Terme Vigliatore, paesino di sette mila abitanti senza caserma dei Carabinieri. Anche grazie alle sue denunce, il consiglio comunale è stato sciolto nel dicembre 2005. Ma il lieto fine, per Parmaliana, non è mai arrivato. Al contrario, il suo coraggio ha riscosso l'indifferenza, il disprezzo di chi vive di disonestà. E sul fronte della magistratura, le cose non sono andate meglio. Le indagini partite dalle sue indicazioni si sono arenate, una dopo l'altra. Finché si è giunti al paradosso: una denuncia per diffamazione recapitata allo stesso Parmaliana. A quel punto, il professore si è sentito braccato. E come gesto estremo, di fronte a un potere troppo forte, si è tolto la vita. Lasciando dietro di sé, però, due tracce importanti. La prima è un dossier, attualmente al vaglio della procura di Reggio Calabria (competente sui magistrati messinesi). La seconda è una lettera di quattro pagine, trovata sul tavolo del suo studio. Un documento di straordinaria forza e drammaticità rivolto alla pubblica opinione, ai suoi familiari, agli amici più cari. Parole scritte a penna sotto al titolo
La mia ultima lettera, che 'L'espresso' pubblica qui in esclusiva.
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"La mia ultima lettera"
La trascrizione dell'ultima lettera del professor Parmaliana prima del suicidio
La Magistratura barcellonese/messinese vorrebbe mettermi alla gogna vorrebbe umiliarmi, delegittimarmi, mi sta dando la caccia perché ho osato fare il mio dovere di cittadino denunciando il malaffare, la mafia, le connivenze, le coperture e le complicità di rappresentanti dello Stato corrotti e deviati. Non posso consentire a questi soggetti di offendere la mia dignità di uomo, di padre, di marito di servitore dello Stato e docente universitario. Non posso consentire a questi soggetti di farsi gioco di me e di sporcare la mia immagine, non posso consentire che il mio nome appaia sul giornale alla stessa stregua di quello di un delinquente. Hanno deciso di schiacciarmi, di annientarmi. Non glielo consentirò, rivendico con forza la mia storia, il mio coraggio e la mia indipendenza. Sono un uomo libero che in maniera determinata si sottare al massacro ed agli agguati che il sistema sopraindicato vorrebbe tendergli.Chiedete all'Avv.to Mariella Cicero le ragioni del mio gesto, il dramma che ho vissuto nelle ultime settimane, chiedetelo al senatore Beppe Lumia chiedetelo al Maggiore Cristaldi, chiedetelo all'Avv.to Fabio Repici, chiedetelo a mio fratello Biagio. Loro hanno tutti gli elementi e tutti i documenti necessari per farvi conoscere questa storia: la genesi, le cause, gli accadimenti e le ritorsioni che sto subendo.Mi hanno tolto la serenità, la pace, la tranquillità, la forza fisica e mentale. Mi hanno tolto la gioia di vivere. Non riesco a pensare ad altro. Chiedo perdono a tutti per un gesto che non avrei pensato mai di dover compiere. Ai miei amati figli Gilda e Basilio, Gilduzza e Basy, luce ed orgoglio della mia vita, raccomando di essere uniti, forti, di non lasciarsi travolgere dai fatti negativi di non sconfortarsi, di studiare, di qualificarsi, di non arrendersi mai, di non essere troppo idealisti, di perdonarmi e di capire il mio stato d'animo: Vi guiderò con il pensiero, con tanto amore, pregherò per voi, gioirò e soffrirò con voi.
Alla mia amatissima compagna di vita, alla mia Cettina, donna forte, coraggiosa, dolce, bella e comprensiva: ti chiedo di fare uno sforzo in più, di non piangere, di essere ancora più forte e di guidare i ns figli ancora con più amore, di essere più buona e più tenace di quanto non lo sia stato io. Ai miei fratelli, Biagio ed Emilio, chiedo di volersi sempre bene, di non dimenticarsi di me: vi ho voluto sempre bene, vi chiedo di assistere con cura e amore i ns genitori che ne hanno tanto bisogno. Alla mia bella mamma ed al mio straordinario papà: vi voglio tanto bene, vi mando un abbraccio forte, vi porto sempre nel mio cuore, siete una forza della natura, mi avete dato tanto di più di quanto meritavo. A tutti i miei parenti, ai miei cognati, ai miei zii, ai miei cugini, ai miei nipoti, a mia suocera: vi chiedo di stare vicini a Gilda, a Basilio ed a Cettina. Vi chiedo di sorreggerli. Ai miei amici sarò sempre grato per la loro vicinanza, per il loro affetto, per aver trascorso tante ore felici e spensierate. Alla mia università, ai miei studenti, ai miei collaboratori ed alle mie collaboratrici sarò sempre grato per la cura e la pazienza manifestatemi ogni giorno. Grazie. Quella era 1° mia vita. Ho trascorso 30 anni bellissimi dentro l'università innamorato ed entusiasta della mia attività di docente universitario e di ricercatore.I progetti di ricerca, la ricerca del nuovo, erano la mia vita. Quanti giovani studenti ho condotto alla laurea. Quanti bei ricordi. Ora un clan mi ha voluto togliere le cose più belle: la felicità, la gioia di vivere, la mia famiglia, la voglia di fare, la forza per guardare avanti. Mi sento un uomo finito, distrutto. Vi prego di ricordarmi con un sorriso, con una preghiera, con un gesto di affetto, con un fiore. Se a qualcuno ho fatto del male chiedo umilmente di volermi perdonare. Ho avuto tanto dalla vita. Poi, a 50 anni, ho perso la serenità per scelta di una magistratura che ha deciso di gambizzarmi moralmente. Questo sistema l'ho combattuto in tutte le sedi istituzionali.
Ora sono esausto, non ho più energie per farlo e me ne vado in silenzio.Alcuni dovranno avere qualche rimorso, evidentemente il rimorso di aver ingannato un uomo che ha creduto ciecamente, sbagliando, nelle istituzioni. Un abbraccio forte, forte da un uomo che fino ad alcuni mesi addietro sorrideva alla vita.
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Adolfo Parmaliana
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Adolfo Parmaliana (
Castroreale, 12 marzo 1958Patti Marina, 2 ottobre 2008) è stato un politico e docente italiano.
Docente universitario all'
Università di Messina, segretario dei DS nel paese di Terme Vigliatore, Parmaliana fu in prima linea nella lotta contro la mafia: grazie alle sue denunce fu sciolto il Consiglio Comunale di Terme Vigliatore per associazione mafiosa.